COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE CALABRIA – Sentenza 03 novembre 2017, n. 3004
Tributi – Accertamento – Emissione fatture per operazioni inesistenti – Attività di cartiere
Svolgimento del processo
Z.D. proponeva ricorso avverso l’atto con cui l’Ufficio IVA di Cosenza aveva rettificato la dichiarazione da lui presentata per l’anno 1992, irrogando le conseguenziali sanzioni; in particolare l’Ufficio aveva contestato l’omessa tenuta dei registri IVA e la mancata registrazione di n. 28 fatture.
Il contribuente eccepiva di avere svolto attività agricola nel settore della produzione degli ortaggi e deduceva che era in corso un procedimento penale volto ad individuare i veri responsabili dell’utilizzo delle ditte “Z.O. sas” e “B.O. srl” (accertate, peraltro, inesistenti), al cui nome erano state emesse la fattura in contestazione; evidenziava, quindi, che il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza si basava su una mera presunzione ed era pertanto insufficiente a fondare la pretesa tributaria.
L’Ufficio ribadiva la legittimità del proprio operato e chiedeva il rigetto del ricorso.
La Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza, con sentenza in data 24.06/11.07.2013, accoglieva il ricorso.
Avverso detta sentenza proponeva appello, con atto del 19.09.2014, l’Agenzia delle Entrate di Cosenza, la quale lamentava la insufficienza e contraddittorietà della motivazione e la violazione, da parte della Commissione Provinciale, dell’art. 54 del DPR n. 633/1972.
Z.D. non si costituiva in giudizio, benché ritualmente citato con atto notificato in data 23.09.2014.
All’odierna udienza la causa era decisa.
Motivi della decisione
Osserva, anzitutto, la Commissione che (contrariamente a quanto opinato dal primo giudice) la mancata allegazione dell’atto presupposto (ossia del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza) non costituisce, di per sé, causa di nullità (per difetto di motivazione) dello avviso di accertamento e/o rettifica.
La Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio in base al quale la motivazione degli atti di accertamento “per relationem”, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di – autonoma valutazione da parte dell’ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura, che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio” (vedi Cassazione civile, sez. trib. 25/06/2009 n. 14989; Cassazione civile, sez. trib., 23.01.2006 n. 1236).
In ogni caso l’appellante ha prodotto, al momento della sua costituzione nel presente grado del giudizio (e, quindi, nel termine di legge), copia del processo verbale in questione; trattasi, invero, di produzione certamente ammissibile, atteso che, in tema di contenzioso tributario, la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti in appello, prevista dall’art. 58, comma 2, del d.lg. n. 546 del 1992, può essere esercitata anche al di fuori degli stretti limiti fissati dall’art. 345 c.p.c., ma pur sempre, atteso il richiamo operato dall’art. 61 del d.lg. n. 546 alle norme del giudizio tributario di primo grado, entro il termine perentorio sancito dall’art. 32, comma 1, dello stesso decreto (così Cassazione civile, sez. trib., 16/11/2012, n. 20109; conforme Cassazione civile, sez. trib., 30/01/2007, n. 1915, Cassazione civile, sez. trib., 07/08/2009, n. 18143 e Cassazione civile, sez. trib., 25 maggio 2009 n. 12022).
Quanto al merito, l’appello è fondato e merita accoglimento.
Come esattamente evidenziato dall’Ufficio a fol. 5 dell’atto di appello, la riconducibilità delle società “B.O. srl” e “Z.O. sas” allo Z. è stata ammessa dallo stesso contribuente nelle dichiarazioni rese ai militari della Guardia di Finanza; egli ha, infatti, affermato di essere l’amministratore della “Z.O. sas” (fol. 7 p.v.c. – all. 6) e il legale rappresentante della “B.O. srl” (foll. 14 e 15 p.v.c., all. 5); risulta inoltre dal p.v.c. emesso nei confronti della “Z.O. sas” che lo Z. ha riconosciuto fondati i rilievi mossi dichiarando ai verificatori “confermo i dati rilevati dalla poca documentazione acquisita da voi stessi il primo giorno dell’intervento presso la mia abitazione….”.
Emerge, altresì, dal verbale dei controlli eseguiti dall’A. che il contribuente ha affermato di svolgere attività di commercio olio con la denominazione Z.O. sas (v. all. 3 al pvc relativo alla Z.O. sas – fol. 3 verbale, all. 6).
Va, ancora, rilevato che i militari della guardia di Finanza, all’atto dell’accesso presso l’abitazione del contribuente hanno rinvenuto:
1) documentazione fiscale relativa alla “Z.O. sas” e, in particolare, fatture concernenti detta società nelle quali risulta indicata la stessa partita Iva del contribuente come ditta individuale;
2) una agenda sulla quale erano segnate le vendite effettuate dalla Z.O. sas non fatturate e una fattura emessa dallo Z. nei confronti della Cooperativa Agricola Valle di Pompei, segnalata dalla Guardia di Finanza di Matera come fattura sottostante ad una operazione commerciale inesistente.
Quanto, poi alla B.O. srl, l’indirizzo indicato quale sede legale della società sui documenti fiscali rinvenuti dalla Guardia di Finanza risulta essere l’abitazione privata di Z.D.; lo Z. ha, inoltre, affermato che le firme sulle fatture emesse dalla suddetta società (e rinvenute dai militari operanti) erano state da lui apposte per le quantità di olio cedute dalla sua produzione (v. pvc nei confronti della B.O. srl – fol. 15, all. 5).
Risulta, ancora, dalla documenta acquisita in sede di verifica che le società B.O. srl e Z.O. sas, facenti capo al contribuente, “hanno svolto funzioni di cartiere emettendo fatture per operazioni inesistenti a favore di imprese beneficiarie di contributi CEE all’imbottigliamento dell’olio di oliva”, che le suddette società “non hanno istituito le scritture contabili inerenti l’attività esercitata né hanno mai presentato dichiarazioni dei redditi”, che la “società B.O. srl non ha mai avuto strutture idonee alla produzione, lavorazione e stoccaggio di olio di oliva” e che “la Z.O. sas non ha documentato acquisti di materie prime e non risulta in possesso di automezzi e cisterne per contenere la massa di olio di oliva indicata nelle fatture emesse nei confronti dei clienti” (v. fol. 6 atto di appello).
Le dichiarazioni confessorie dello Z. e le altre circostanze appena richiamate rendono superfluo ogni ulteriore rilievo.
Pertanto, in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso proposto da Z.D. deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano cumulativamente per entrambi i gradi del giudizio in complessivi euro 5.000,00 oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
Definitivamente decidendo sull’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate di Cosenza con atto del 19.09.2014, nei confronti di Z.D., avverso la sentenza deliberata tra le stesse parti in data 24.06/11.07.2013 dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza, disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione, così provvede:
-1) in riforma dell’impugnata sentenza rigetta il ricorso del contribuente;
-2) condanna lo Z. al pagamento, in favore di controparte, delle spese di entrambi i gradi del giudizio che liquida cumulativamente in complessivi euro 5.000,00 oltre accessori come per legge.
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