CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 aprile 2018, n. 8910
Tarsu – Avviso di pagamento della tassa – Attività alberghiera non esercitata a causa di lavori di ristrutturazione dell’immobile
Fatti di causa
Con sentenza n. 245/44/10, depositata il 27/9/2010, la Commissione Tributaria Regionale della Campania rigettava l’appello proposto dal Comune di Casamicciola Terme, avverso la decisione di primo grado, che aveva accolto parzialmente il ricorso della Eredi M.G. s.a.s. avente ad oggetto l’avviso di pagamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu), per l’anno 2004.
Rileva la Commissione Tributaria Regionale, a conferma di quanto già affermato dalla sentenza di primo grado, che per il periodo di chiusura dei primi quattro mesi dell’anno la comunicazione inviata dalla contribuente all’ente impositore vale come denuncia di variazione, ai sensi dell’art. 70, D.Lgs. n. 507 del 1993, che l’esenzione dalla tassa per tale arco temporale, nel quale l’attività alberghiera non era stata esercitata a causa di lavori di ristrutturazione dell’immobile, discende dall’art. 60, comma 2, D.Lgs. citato, che espressamente dichiara non soggetti a tassazione i locali e le aree in oggettive condizioni di inutilizzabilità, che infine per la determinazione della superficie tassabile, ai sensi dell’art. 60, comma 3, D.Lgs. citato, non si tiene conto di quella parte di essa ove, per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione, si formano di regola rifiuti speciali, nella specie, i fanghi termali, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi, per cui la superficie delle cabine per la fangoterapia non va considerata ai fini impositivi. Il Comune ha impugnato la sentenza con tre motivi, cui resiste la società contribuente con controricorso.
Motivi della decisione
Deduce il ricorrente con il primo motivo d’impugnazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 62, D.Lgs. n. 507 del 1993, omesso esame del regolamento comunale, art. 10, violazione dell’art. 116 c.p.c. in ordine alla valutazione delle prove, difetto di motivazione, nullità della sentenza, giacché la CTR ha erroneamente ritenuto che la chiusura dell’albergo, dotato di licenza annuale, nel periodo di esecuzione di lavori di manutenzione, fosse circostanza assolutamente incompatibile con la produzione di rifiuti solidi urbani, e che le cabine di fangoterapia producono solo rifiuti speciali (fango di risulta codice 16.10.02), affermazione priva di riscontri, essendo dato di comune esperienza l’uso per le cure fisioterapiche praticate nei detti locali di sostanze medicinali e materiali di consumo, quali lenzuola di carta ed altro, costituenti rifiuto.
Deduce, con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 70, D.Lgs 507 del 1993, difetto di motivazione, giacché la CTR ha erroneamente ritenuto che la generica comunicazione di esecuzione dei lavori di manutenzione interna fosse idonea ad integrare denuncia di variazione ai fini Tarsu.
Deduce, con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in ordine all’onere della prova, difetto di motivazione, giacché la CTR ha erroneamente ritenuto che fosse dovuta, per l’anno 2004, l’esenzione parziale dal pagamento della tassa pur in difetto di prova, da parte della contribuente, della inidoneità delle superfici alla produzione di rifiuti.
Le suesposte censure, scrutinabili congiuntamente in quanto strettamente connesse, sono fondate e meritano accoglimento.
Il presupposto impositivo della Tarsu è “l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti” (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1), e “non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione” (art. 62, comma 2, D.Lgs. citato).
L’art. 62 pone, dunque, a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti, per cui l’impossibilità dei locali o delle aree a produrre rifiuti, per loro natura o per il particolare uso, prevista dal comma 2, non può essere ritenuta in modo presunto dal giudice tributario, essendo onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità, le quali devono essere, come già detto, “debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione” (Cass. n. 19469/2014; n. 11351/2012; n. 17703/2004).
Orbene, la contribuente ha allegato la mera chiusura dell’attività alberghiera per il periodo corrispondente alla durata dei lavori di ristrutturazione dell’unità immobiliare (sostituzione massetti e pavimenti, rivestimenti , sostituzione di infissi interni, sostituzione di servizi igienici, lavori di adeguamento impianti ed attrezzature, rifacimento intonaco e pitturazione muri ed infissi), come da comunicazione presentata in data 31/10/2003 al Comune di Casamicciola, situazione incompatibile – in tesi – con l’apertura al pubblico, essendo la struttura temporaneamente inagibile, non rilevando il mantenimento dei contratti per la fornitura della energia elettrica e dell’acqua, in quanto servizi necessari anche per l’esecuzione dei predetti lavori.
Non è dato, tuttavia, sapere se la ristrutturazione ha interessato l’intera unità immobiliare, impedendone quindi l’utilizzazione, o solo una parte, caso nel quale la tassa sarebbe comunque dovuta per intero, in quanto l’obiettiva inutilizzabilità che rileva ai fini qui considerati ricorre non già quando i locali sono stati lasciati, per una qualsiasi ragione, inutilizzati, ma quando sono in condizioni che ne impediscono l’utilizzabilità, solo in tal caso le superfici possono essere sottratte alla tassazione in argomento, alla stregua della più sopra citata disposizione legislativa.
La obiettiva inutilizzabilità, inoltre, deve essere univocamente accertabile, e la contribuente non ha prodotto documentazione comprovante l’avvenuta ristrutturazione ed attestante durata e modalità di esecuzione dei lavori in questione, sicché l’onere della prova al riguardo non può ritenersi soddisfatto, come appunto dedotto dall’ente impositore, atteso che la società Eredi M.G. ha solo provato la mancata utilizzazione di fatto dei locali per cessazione temporanea dell’attività alberghiera ivi esercitata , ma non pure la loro obiettiva non utilizzabilità (Cass. n. 15658/2004, n. 22770/2009).
Il ricorrente Comune censura la decisione dei giudici di appello anche per ciò che concerne la disposta esclusione dalla superficie tassabile dei locali adibiti alla somministrazione dei fanghi ai clienti delle terme, in quanto l’esenzione dal tributo, ai sensi dell’art. 62, comma 3, D.Lgs. n. 507 del 1993, dipende dalla inidoneità del bene a produrre rifiuti per sua natura o per la particolare destinazione d’uso, cosa che non emerge univocamente dalla circostanza che la contribuente ha provveduto, tramite aziende autorizzate, al trasporto e smaltimento dei rifiuti speciali costituiti dai predetti fanghi termali.
Ciò non esclude, infatti, la produzione anche di rifiuti solidi urbani, in ragione di una presenza umana che, rapportata all’attività che ivi si svolge, certamente non appare sporadica o occasionale, sicché vale il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione prevista dall’art. 62, comma 3, del D.Lgs. n. 507 del 1993, per quelle aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione, atteso che il principio, secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale.” (Cass. n. 17622/2016, più di recente, Cass. n. 21250/2017). In conclusione, si impone l’accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, e non essendo necessari accertamenti di fatto, la causa si può decidere nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, rigettando il ricorso introduttivo della contribuente.
Le spese processuali sono compensate per i giudizi di merito, attese le peculiarità della vicenda processuale, ed il progressivo consolidarsi della giurisprudenza sopra richiamata, mentre sono poste a carico della società, secondo soccombenza, le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Compensa le spese processuali dei gradi di merito e condanna l’intimata al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 1.500,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.
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