CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 luglio 2018, n. 19594
Tributi – IRPEF – Reddito derivante da immobile di interesse storico-artistico – Errata applicazione dell’imposta Versamenti in eccedenza – Rimborso – Termine di decadenza – Decorrenza
Ritenuto in fatto
T.C., premesso che, quale proprietaria di immobile avente interesse storico-artistico, aveva presentato tre istanze di rimborso Irpef per gli anni di imposta 1996, 1997 e 1998 giustificate dal fatto che le somme versate erano state erroneamente calcolate in relazione ai canoni di affitto anziché alla rendita catastale, ai sensi dell’art. 11, comma 2, della legge 30/12/1991, n. 413, proponeva ricorso avverso il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione dinanzi alla Commissione Tributaria provinciale, la quale lo accoglieva, respingendo la eccezione di intempestività delle istanze presentate negli anni 1996 e 1997, sollevata dalla Agenzia delle Entrate.
La decisione di primo grado, a seguito di appello proposto dall’Ufficio, il quale ribadiva che la richiesta di rimborso relativa agli anni 1996 e 1997 era tardiva, veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale.
Avverso la suddetta sentenza proponevano ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze e, con sentenza n. 29226/08, questa Corte, dopo avere enunciato il principio di diritto, secondo cui il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso delle imposte sui redditi in caso di versamenti diretti decorre, nella ipotesi di effettuazione di versamenti in acconto, dal versamento del saldo solo nel caso in cui il relativo diritto derivi da una eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, mentre decorre dal giorno dei singoli versamenti in acconto nel caso in cui questi, già all’atto della loro effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non dovuti, cassava la sentenza con rinvio della causa ad altra Sezione della C.T.R. del Lazio, alla quale demandava di verificare, in conformità all’enunciato principio, in quale misura, all’atto della loro effettuazione, i versamenti in acconto risultassero parzialmente o totalmente non dovuti.
A seguito di riassunzione del giudizio da parte della contribuente, la Commissione Tributaria regionale, in sede di rinvio, accoglieva l’appello dell’Ufficio.
Osservava che, poiché nel caso in esame si trattava di versamenti in eccedenza, il termine di decadenza iniziava a decorrere dal giorno del versamento degli acconti, con la conseguenza che il rimborso non era dovuto, per intervenuta decadenza dal relativo diritto, sia riguardo all’anno di imposta 1996 sia riguardo all’anno d’imposta 1997, atteso che le relative istanze erano state tardivamente presentate.
T.C. propone ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi, ulteriormente illustrati con memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ..
La Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione e memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ..
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo la ricorrente – deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 384, comma 1, e 394 cod. proc civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. – lamenta che la sentenza impugnata si pone in contrasto con il principio di diritto enunciato dalla sentenza di annullamento con rinvio di questa Corte, in quanto il giudice di appello, pur avendo accertato che il diritto al rimborso deriva da una “eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti”, ha affermato che il dies a quo del termine decadenziale del suddetto diritto deve farsi decorrere del versamento degli acconti.
2. Con il secondo motivo – rubricato: insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio – la ricorrente censura la sentenza per non avere la Commissione regionale esplicitato le ragioni che l’hanno indotta a considerare i versamenti in acconto effettuati dalla contribuente per le annualità 1996 e 1997 non dovuti nell’an e nel quantum già all’atto della loro effettuazione, nonostante le specifiche deduzioni ed allegazioni difensive addotte nel corso del giudizio di merito.
3. Con il terzo motivo – rubricato : violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 384, comma 2, e 394 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., con riguardo alla questione della tempestività delle istanze di rimborso relative ai versamenti a saldo – la ricorrente deduce che il thema decidendum devoluto con la sentenza di annullamento alla cognizione del giudice di rinvio era circoscritto, previa applicazione del principio di diritto, all’accertamento della tempestività delle istanze di rimborso rispetto ai singoli versamenti in acconto, non essendo in contestazione la tempestività della richiesta di rimborso del saldo versato per gli anni 1996 e 1997.
I giudici di appello, invece, secondo la prospettazione della ricorrente, travalicando i limiti dell’accertamento loro demandato, hanno rimesso in discussione la questione della tempestività delle istanze di rimborso anche in relazione ai versamenti a saldo effettuati per le annualità in contestazione.
4. Il primo motivo è fondato, con assorbimento degli altri due motivi.
4.1. In ipotesi di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di Cassazione vincola al principio affermato ed ai relativi presupposti di fatto, per cui il giudice di rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logicogiuridiche della decisione adottata, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione (Cass. n. 20981 del 16/10/2015; n. 17353 del 23/7/2010).
La C.T.R., dopo avere accertato che, nel caso di specie, si verte in ipotesi di “versamenti in eccedenza”, ha affermato che il termine di decadenza di diciotto mesi previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 600/73, all’epoca vigente, inizia a decorrere dal giorno di versamento degli acconti, con la conseguenza che, riguardo agli anni di imposta 1996 e 1997, le relative istanze di rimborso devono considerarsi tardive.
Così motivando, i giudici di rinvio hanno violato il principio di diritto a cui erano tenuti ad uniformarsi, secondo cui “il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso delle imposte sui redditi in caso di versamenti diretti, previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 (il quale concerne tutte le ipotesi di contestazione riguardanti i detti versamenti), decorre, nella ipotesi di effettuazione di versamenti in acconto, dal versamento del saldo solo nel caso in cui il relativo diritto derivi da un’eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, oppure rispetto ad una successiva determinazione in via definitiva dell’ “an” e del “quantum” dell’obbligazione fiscale, mentre non può che decorrere dal giorno dei singoli versamenti in acconto nel caso in cui questi, già all’atto della loro effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non dovuti, poiché in questa ipotesi l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sussistono sin da tale momento” (Cass. n. 13479 del 26/5/2008; n. 9885 del 20/6/2003).
Infatti, in applicazione di tale principio di diritto, in caso di istanza di rimborso derivante da una eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo risultante al momento del saldo, il termine di decadenza di diciotto mesi deve farsi decorrere dal versamento del saldo, salvo il caso in cui i singoli versamenti in acconto, già all’atto della loro effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non dovuti, poiché in questa ultima ipotesi, sorgendo l’interesse a richiedere il rimborso dal giorno del singolo versamento, è da tale momento che inizia a decorrere il termine di decadenza di diciotto mesi per ottenere il rimborso.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza va quindi cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, che, facendo applicazione del principio di diritto sopra richiamato, dovrà procedere al riesame, nonché provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio della causa alla Commissione Tributaria regionale del Lazio, in diversa compensazione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.
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