Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 38467 depositata il 10 agosto 2018
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 28/9/2017 la Corte di appello di Bari confermava la decisione del Tribunale di Foggia in data 2/7/2014 che ha condannato GG e CS alla pena di euro 500,00 di multa ciascuno per il reato di cui agli artt. 110, 81, comma 2, 641, comma 1, cod. pen., aggravati per entrambi gli imputati dalla recidiva specifica (nonché reiterata per il solo CS).
2. Avverso la suindicata sentenza ricorre per cassazione il difensore, nell’interesse degli imputati, con due distinti atti di ricorso. La sovrapponibilità dei motivi ivi articolati ne consente un’illustrazione unitaria.
3.1. Con il primo motivo, deducono la mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione, nonché l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, per avere la Corte territoriale omesso qualsivoglia argomentazione in ordine alla responsabilità “del GG” (rappresentante ed amministratore della società proprietaria del veicolo condotto dal coimputato), nonché per l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato. La condotta di dissimulazione dello stato di insolvenza non sarebbe infatti configurabile nell’avere il CS dichiarato di versare nella momentanea impossibilità di adempiere al pagamento del pedaggio autostradale, per il mancato possesso di denaro contante. Con specifico riferimento al GG, si evidenzia che autore materiale della condotta sia stato il CS, non essendo peraltro stato provato che il primo avesse contezza dell’inadempimento.
Non sarebbero state inoltre dedicate in sentenza argomentazioni circa la consapevolezza dello stato di insolvenza, nonché con riferimento al preordinato intento di non adempiere all’obbligazione, in mancanza del quale è configurabile un mero inadempimento contrattuale.
3.2. Con il secondo motivo, lamentano il vizio di motivazione e la violazione di legge, in ordine alla condanna al risarcimento dei danni alla parte civile ed alla rifusione delle spese processuali, per non avere la Corte territoriale, stante l’insussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie, dichiarato l’assoluzione degli imputati, disponendo conseguentemente la revoca delle statuizioni civili irrogate.
3.3. Con il terzo motivo, censurano il vizio di motivazione e la violazione di legge, per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza o equivalenza sulle contestate aggravanti, cui il giudice di merito sarebbe dovuto addivenire valorizzando i principi di ragionevolezza e di proporzionalità della pena, di cui agli artt. 3 e 27 Cost. La pena inflitta avrebbe poi dovuto essere più esigua, per risultare proporzionata al fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. I ricorsi sono inammissibili.
4.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
4.1.1. Per quanto riguarda la sussistenza degli estremi del reato di cui all’art. 641 cod. pen., in particolare sotto il profilo della dissimulazione dello stato d’insolvenza, i giudici di appello si sono allineati con i principi da lungo tempo precisati da questa Corte di legittimità, secondo cui anche il silenzio serbato al momento dell’ingresso in autostrada è idoneo alla dissimulazione dello stato di insolvenza, riscontrabile pertanto nel comportamento di chi prenda in consegna il talloncino aderendo, in tal modo, all’offerta contrattuale proveniente dal gestore del servizio autostradale (da ultimo, Sez. 2, n. 11686 dell’8/03/2016, Rv. 266406). La circostanza che i passaggi autostradali furono ripetuti e si svolsero per un periodo di tempo significativo dà logicamente conto della esistenza del pregresso stato di insolvenza.
4.1.2. Quanto alla dedotta insussistenza dell‘elemento soggettivo del reato, deve richiamarsi, al proposito, l’orientamento espresso da questa Suprema Corte, secondo cui la prova della preordinazione dell’inadempimento può essere desunta anche da argomenti induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell’azione, nell’ambito del quale anche il silenzio può acquistare rilievo come forma di preordinata dissimulazione dello stato di insolvenza, quando fin dal momento della stipula del contratto sia già maturo, nel soggetto, l’intento di non far fronte agli obblighi conseguenti (Sez. 2, n. 45654 del 16/10/2014, n.m.). Nel caso di specie, in coerenza con tali linee interpretative, il reiterato passaggio nella corsia riservata si configura come univocamente indicativo della volontà di contrarre una obbligazione con il proposito di non adempierla.
Inoltre, con specifico riferimento alla posizione del GG, rappresentante legale della società cui l’autocarro era intestato e, dunque, “beneficiaria” delle prestazioni non corrisposte, la particolare qualità rivestita, la natura non affatto occasionale dei passaggi e l’essersi reso inadempiente ai solleciti di pagamento rivolti alla società, configurano un quadro indiziario logicamente idoneo ad asseverare il suo personale e consapevole coinvolgimento, quantomeno a livello di concorrente morale.2. Inammissibile è il motivo di ricorso relativo alla revoca delle statuizioni civili, fondato sul presupposto – smentito in questa sede – dell’insussistenza del reato.
3. Anche il terzo motivo di ricorso è inammissibile per essere del tutto generico. La censura proposta risulta infatti del tutto acritica rispetto alle argomentazioni proposte dalla Corte di appello. Al proposito, va quindi richiamato il principio secondo cui i motivi di ricorso in cassazione sono inammissibili per difetto di specificità quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata, non risultando quindi correlati ad esse (sul punto, Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568).
4. I ricorsi, pertanto, devono essere dichiarati inammissibili. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno della somma di C 2.000,00 a favore della cassa delle ammende, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
4.1. I ricorrenti vanno altresì condannati alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Autostrade per l’Italia s.p.a., liquidate come in dispositivo in complessive C 2.000,00 oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Autostrade per l’Italia s.p.a., che liquida in complessive C 2.000,00 oltre spese generali nella misura del 15%, CPA ed IVA.
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