CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2018, n. 21105
Imposte indirette – IVA – Accertamento – Notificazione
Ritenuto che
1. con sentenza n. 274/10/10, depositata il 24 settembre 2010, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale di L’Aquila – Sez. di Pescara – accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria, nonché l’appello incidentale del contribuente, avverso la sentenza n. 165/01/07 della Commissione Tributaria Provinciale di Chieti e compensava le spese di lite;
2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento, relativo agli anni di imposta 2003 e 2004, per un ammontare di € 197.094,21 ai fini Irpef ed Irap, ed € 150.406,48 ai fini Iva, oltre interessi e sanzioni, notificato in data 23-12-2005, scaturito da un P.V.C. redatto da funzionari dell’Agenzia a seguito di verifica contabile ed indagini bancarie in data 22-9-2004, con cui era stato contestato al contribuente l’omessa emissione e registrazione di fatture per operazioni imponibili pari ad € 19.083,03, e la conseguente omessa dichiarazione e versamento della relativa IVA, l’omessa contabilizzazione di una plusvalenza derivante dalla vendita di un bene strumentale, l’indebita detrazione di Iva per operazioni soggettivamente inesistenti, maggiori ricavi non dichiarati che conseguivano a movimenti bancari non contabilizzati e ad un versamento effettuato dal titolare della ditta rimasto privo di riscontro;
3. il giudice di appello, in parziale riforma della sentenza della CTP di Chieti, che aveva parzialmente accolto il ricorso di primo grado, ritenendo fondato solo il recupero a tassazione del versamento in cassa, aveva accolto l’appello incidentale su quest’ultimo rilievo nonché l’appello principale dell’Agenzia delle Entrate sugli altri, ad eccezione di quello relativo all’omessa emissione e registrazione di fatture, sul presupposto che l’Ufficio non avesse allegato al P.V.C., né esibito in giudizio, i sette documenti di trasporto, firmati per consegna dalla ditta contribuente, relativi alle venti autovetture di cui era stato contestato l’acquisto in nero e la vendita senza emissione di fattura, né avesse fornito adeguata motivazione in ordine ai criteri utilizzati per addivenire alla determinazione dell’importo recuperato a tassazione;
4. avverso la sentenza di appello, l’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 8 novembre 2011, affidato ad un unico motivo; il contribuente ha resistito con controricorso e depositato memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c.;
Considerato che
1. con il motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata, denunciando una insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. , laddove ha ritenuto non documentato né adeguatamente motivato il recupero a tassazione dell’importo scaturito dall’omessa fatturazione dell’acquisto e vendita delle venti autovetture oggetto di sette documenti di trasporto;
2. nello specificare il motivo di censura, l’Ufficio ricorrente evidenzia di aver prodotto già in primo grado la copia del P.V.C. e dei relativi allegati e che, sia nella motivazione dell’avviso di accertamento che nell’atto di appello, di cui riproduce le parti relative, erano indicati i dati presuntivi utilizzati per la determinazione dell’importo;
3. a fronte di un ricorso notificato in data 8-11-2011, e depositato presso la cancelleria della Corte in data 28-11-2011, il controricorso è stato notificato alla ricorrente solo in data 13-1- 2012;
Osserva che
1. preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità del controricorso, consegnato per la notifica il 13-01-2012, per tardività della notificazione che, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., andava effettuata entro venti giorni dalla scadenza del termine di cui all’art. 369 c.p.c., e quindi entro il 19-12-2011;
2. risulta invece ammissibile la memoria, tempestivamente depositata rispetto al termine di cui all’art. 380-bis 1 c.p.c., in quanto questa Corte intende dare continuità al principio già affermato secondo cui ” In tema di rito camerale di legittimità di cui all’art. 1-bis della I. n. 197 del 2016, che ha convertito, con modificazioni, il d.l. n. 168 del 2016, applicabile, ai sensi del comma 2 della stessa norma, anche ai ricorsi depositati prima dell’entrata in vigore della legge di conversione per i quali non sia stata ancora fissata l’udienza o l’adunanza in camera di consiglio, alle parti costituitesi tardivamente nei corrispondenti giudizi deve essere riconosciuto il diritto di depositare memorie scritte, nel termine di cui all’art. 380-bis 1 c.p.c., al fine di evitare disparità di trattamento rispetto ai processi trattati in pubblica udienza ed in attuazione del principio costituzionale del giusto processo, di cui all’art. 111 Cost. oltre che dell’art. 6 CEDU” (vedi Cass. n. 4906 del 2017 nonché Cass. n. 12657 del 2017 e, in riferimento alla memoria ex art. 380-bis c.p.c., Cass. n. 13093 del 2017).
3. L’unico motivo di ricorso è infondato.
3.1. Il vizio di motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione ( vedi tra le tante Cass. Sez. Un. n. 24148 del 2013).
3.2. L’Amministrazione ricorrente lamenta l’omessa valutazione da parte del giudice di appello della documentazione allegata al PVC, e prodotta in entrambi i gradi di giudizio, che provvede ad elencare, tra cui non rientra tuttavia proprio l’all. 7, che sempre secondo quanto indicato nell’avviso di accertamento, che a sua volta richiama il P.V.C., conterrebbe i sette documenti di trasporto che costituirebbero la prova dell’avvenuta consegna alla ditta contribuente delle venti autovetture di cui è contestata l’omessa fatturazione.
3.3. Pacifica dunque la mancata allegazione al P.V.C., e la mancata produzione in giudizio, dei documenti di trasporto che costituivano l’unico elemento di prova della presenza delle autovetture presso l’attività commerciale della contribuente, e quindi del presupposto di fatto da cui era stata desunta l’omessa fatturazione, il giudice di appello ha correttamente posto tale omissione a fondamento della sua decisione, con una motivazione che risulta sul punto, ritenuto giustamente decisivo, sufficiente ed esauriente.
3.4. Ritenuto illegittimo il recupero a tassazione, restano assorbite le questioni relative alla omessa indicazione dei criteri per la sua quantificazione.
4. In conclusione, il ricorso va rigettato.
5. Quanto alle spese, il controricorso inammissibile non può essere posto a carico dell’Ufficio ricorrente (soccombente) nel computo dell’onorario di difesa da rimborsare al resistente, né, in considerazione del rito camerale, vi è stata partecipazione all’udienza con la discussione, a cui il difensore della resistente sarebbe stato legittimato dalla procura rilasciata a margine del controricorso ( vedi Cass. n. 22269 del 2010).
Risulta invece depositata memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c., già innanzi ritenuta ammissibile, unica altra attività difensiva permessa nel procedimento a struttura camerale dopo la riforma recata dal d.l. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla I. n. 197 del 2016, equiparata o sostitutiva della partecipazione alla pubblica udienza.
Posta tale equiparazione, l’Ufficio va condannato alle spese del giudizio di legittimità, ma limitatamente all’attività successiva al controricorso (cioè lo studio della controversia, oltre alla memoria in vista dell’adunanza in camera di consiglio), essendo stato lo stesso dichiarato inammissibile, che si liquidano come da dispositivo avuto conto del valore effettivo della lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’Amministrazione ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in € 1.100,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
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