CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 agosto 2018, n. 21299
Imposte indirette – IVA – IVA di gruppo – Trasferimento eccedenza credito – Polizza fideiussoria
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle entrate ricorre, con un motivo, contro la C.F. e B.B. Soc. consortile a r.l., fallita, per la cassazione della sentenza con cui la Commissione tributaria regionale del Lazio, in riforma della pronuncia di primo grado, ha annullato l’atto di contestazione di sanzioni a carico della contribuente, optante quale controllata per la procedura di liquidazione dell’Iva di gruppo, per la tardiva prestazione della polizza fideiussoria all’atto del trasferimento dell’eccedenza di credito Iva per il 2003, eccedenza poi indebitamente utilizzata per la compensazione di debiti Iva di gruppo.
Secondo la CTR, non essendo in discussione il credito Iva trasferito alla procedura di gruppo, la mera tardiva presentazione della garanzia fideiussoria non aveva prodotto alcun danno all’erario, sicché la violazione aveva carattere formale non sanzionabile.
La contribuente è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
1. L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 6, comma 5 bis, d.lgs. n. 472 del 1997, 10 I. n. 212 del 2000, 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972, nonché dell’art. 6 d.m. Finanze 13 dicembre 1979: ha errato la CTR a ritenere la violazione meramente formale determinando l’omessa tempestiva prestazione della garanzia il sorgere dell’obbligo di versamento dell’imposta non garantita.
2. Il motivo è fondato.
2.1. Il d.m. 13 dicembre 1979, in attuazione dell’art. 73, ultimo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, ha introdotto disposizioni in ordine agli adempimenti e alle procedure necessarie in tema di liquidazioni periodiche, di dichiarazione annuale e di versamenti del tributo da parte dei soggetti appartenenti a uno stesso gruppo.
L’art. 6, comma 3, del citato d.m., in particolare, ha previsto che «per le eccedenze di credito risultanti dalla dichiarazione annuale dell’ente o società controllante ovvero delle società controllate, compensate in tutto o in parte con somme che avrebbero dovuto essere versate dalle altre società controllate o dall’ente o società controllante, si applicano le disposizioni dell’art. 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Le garanzie devono essere prestate dalle società il cui credito sia stato estinto, per l’ammontare relativo, in sede di presentazione della dichiarazione annuale. In caso di mancata prestazione delle garanzie l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate deve essere versato all’ufficio entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale».
La norma, dunque, come ripetutamente ritenuto dalla Corte, da un lato opera un rinvio recettizio all’art. 38 bis cit., e, dall’altro, impone che le garanzie suddette debbono essere prestate in sede di presentazione della dichiarazione annuale della società il cui credito è stato soddisfatto nel modo suindicato, occorrendo altrimenti versare all’Ufficio finanziario, entro il termine di presentazione della dichiarazione, l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate (Cass. n. 25328 del 16/12/2015; Cass. n. 4843 del 11/03/2015; Cass. n. 6835 del 20/03/2009; Cass. n. 28692 del 23/12/2005).
2.2. Ne deriva che l’omessa (o la tardiva) presentazione della garanzia integra un comportamento – di omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione alla prescritta scadenza – oggettivamente sanzionabile a norma dell’articolo 13 d.lgs. n. 471 del 1997.
Le garanzie richieste dall’art. 6, comma 3, d.m. cit., del resto, sono volte ad assicurare il recupero di quanto dovuto all’erario qualora sia accertata, successivamente all’estinzione del credito mediante compensazione, la mancanza dei presupposti giustificativi della definizione agevolata dell’Iva infragruppo (v. Cass. n. 4843 del 11/03/2015 già citata).
3. Orbene la CTR, nel ritenere la violazione come meramente formale, non fonte di danno per l’erario, né incidente sulla determinazione della base imponibile o sul versamento del tributo, né fonte di pregiudizio all’esercizio dell’azione di controllo, ha errato atteso il carattere sostanziale della violazione che determina l’obbligo di versare l’imposta non garantita e, quindi, un omesso versamento del tributo alla scadenza.
4. In accoglimento del ricorso la sentenza va dunque cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, il giudizio va deciso nel merito, rigettando l’originario ricorso del contribuente.
Le spese delle fasi di merito vanno compensate atteso il solo recente consolidamento della giurisprudenza, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente. Condanna la contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.
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