AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 04 ottobre 2018, n. 1
Individuazione del dies a quo da cui far decorrere il termine di decadenza per la presentazione delle istanze di rimborso – Articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602
Con richiesta di consulenza giuridica, concernente l’interpretazione dell’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA (di seguito, anche “l’Associazione istante”) chiede chiarimenti in merito alla decorrenza del termine di decadenza di quarantotto mesi per la presentazione delle istanze di rimborso dei versamenti diretti di cui all’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
In particolare, l’Associazione istante chiede di chiarire se, in situazioni di incertezza circa la spettanza di un’agevolazione, l’applicabilità di un’aliquota o la qualificazione di un soggetto, il suddetto termine decorra, comunque, dalla data del versamento dell’acconto, ovvero da quello dell’eventuale saldo o, in alternativa, dal termine per la presentazione della dichiarazione con la quale viene a determinarsi in modo certo l’ammontare dell’imposta dovuta per un determinato periodo d’imposta.
Soluzione interpretativa prospettata dall’istante
Divisione Contribuenti
ALFA è dell’avviso che, nei casi prospettati, il termine di decadenza per la presentazione delle istanze di rimborso non possa decorrere dalla data in cui il versamento dell’acconto è materialmente effettuato.
E ciò perché il presupposto di detto pagamento – rappresentato dall’obbligo di “anticipare” l’imposta nella misura stabilita dalla legge – è, per definizione, “provvisorio” e, quindi, “precario”.
Più precisamente, l’Associazione istante rileva come:
– la funzione dell’acconto è quella di limitare i vantaggi finanziari che il contribuente può conseguire quando il termine ordinario per il versamento dell’imposta sia successivo rispetto al momento in cui il relativo presupposto si è verificato e la base imponibile può essere quantificata con certezza;
– tale quantificazione della base imponibile può effettuarsi esclusivamente nel momento del versamento del saldo o, in alternativa, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa ad un determinato periodo d’imposta;
– solo da tale momento può iniziare a decorrere il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso dell’acconto versato.
ALFA fa, inoltre, presente come gli Uffici dell’Agenzia delle entrate, nell’interpretare i chiarimenti resi sul punto dalla giurisprudenza di legittimità e dalla stessa prassi amministrativa con la risoluzione n. 459/E del 2 dicembre 2008:
– circoscrivano la decorrenza del termine di decadenza di cui all’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 dal versamento del saldo ai soli casi in cui il pagamento dell’acconto si è rivelato eccedente rispetto all’imposta successivamente dovuta per un determinato periodo d’imposta;
– anticipino, in tutti gli altri casi (inclusi quelli in cui la minore imposta dovuta derivi dalla spettanza di un’agevolazione, dall’applicabilità di un’aliquota o dalla qualificazione di un soggetto), la suddetta decorrenza alla data di versamento dell’acconto.
Secondo l’Associazione istante:
– tale interpretazione renderebbe quanto mai incerto il computo del termine entro il quale far valere il diritto alla restituzione;
– l’anticipazione del dies a quo al momento del versamento dell’acconto dovrebbe essere limitata ai soli casi in cui il versamento stesso sia oggettivamente errato (perché, ad esempio, effettuato per un importo superiore a quello dovuto in base ai parametri stabiliti dalla legge).
Del resto, ALFA evidenza come, recentemente, la stessa Amministrazione finanziaria avrebbe condiviso tali conclusioni (decorrenza del termine di decadenza dalla data di versamento del saldo) con le circolari n. 16/E del 14 aprile 2009 e n. 8/E del 3 aprile 2013 in tema di recupero della maggiore imposta sui redditi versata per effetto della mancata deduzione (forfetaria o analitica) dell’IRAP.
Parere dell’agenzia delle entrate
Ai sensi dell’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 “il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare […] istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento”.
Per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (si vedano, ex multis, Corte di Cassazione, ordinanza n. 11602 del 6 giugno 2016 e Corte di Cassazione, sentenza n. 13676 del 16 giugno 2014), il dies a quo da cui far decorrere il suddetto termine è da individuare nel giorno dei singoli versamenti in acconto qualora questi, già al momento dell’effettuazione, risultino non dovuti ovvero non dovuti in quella misura. E ciò perché, in tali ipotesi, l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso già sussistono in quanto il contribuente è in grado di conoscere se deve o meno assolvere il debito d’imposta e in quale misura. Al contrario, il termine decadenziale non può ritenersi decorrente dal momento dei singoli versamenti in acconto qualora il diritto al rimborso derivi da un’eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, oppure rispetto ad una successiva determinazione in via definitiva dell’an e del quantum dell’obbligazione fiscale. Si tratta, in tali ipotesi, di pagamenti che presentano un qualche carattere di provvisorietà e ai quali successivamente non corrisponda la determinazione di quel medesimo pagamento (o in quella medesima misura) in via definitiva. In queste situazioni, quindi, il versamento è da considerarsi dovuto (e in quella misura) al momento della sua effettuazione, e solo in seguito è possibile verificare l’inesistenza (totale o parziale) dell’obbligo tributario che vi era sotteso; perciò, non apparirebbe neppure concettualmente ammissibile far decorrere il termine di decadenza della data del versamento medesimo, cioè da un momento in cui nessuna istanza di rimborso sarebbe stata ancora proponibile.
Da quanto sopra riportato emerge come l’unico criterio che, secondo i giudici di legittimità, consente di individuare il dies a quo da cui far decorrere il termine di decadenza per la presentazione delle istanze di rimborso ex articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 sia rappresentato dall’esistenza o meno dell’obbligo di versamento nel momento in cui lo stesso è effettuato (cfr., in senso conforme, anche risoluzione n. 459/E del 2008).
A nulla rileva, pertanto, il diverso parametro individuato dall’Associazione istante ovvero la natura (precaria e provvisoria) dei versamenti in acconto rispetto a quella (definitiva) del versamento a saldo/della liquidazione dell’imposta conseguente alla presentazione della dichiarazione (cfr., in tal senso anche Corte di Cassazione, sentenza n. 20782 del 14 ottobre 2016), di cui l’Amministrazione finanziaria, peraltro, non ha fatto applicazione nelle circolari n. 16/E del 2009 e n. 8/E del 2013. Detti documenti di prassi, nel fornire chiarimenti in merito alle modalità di presentazione delle istanze di rimborso della maggiore imposta sui redditi versata per effetto della mancata deduzione (forfetaria o analitica) dell’IRAP, hanno precisato che, per i versamenti in acconto, il termine di decadenza per la restituzione degli stessi decorre dalla data di pagamento del saldo relativo al medesimo periodo. E ciò non sulla base del carattere provvisorio di tali versamenti ma perché, in linea con il criterio individuato dalla richiamata giurisprudenza di legittimità, nei casi esaminati nelle suddette circolari, la causa del rapporto, originariamente esistente, è poi venuta meno per effetto di eventi successivi (ovvero l’introduzione di disposizioni normative – l’articolo 6, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e l’articolo 2 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) che hanno disposto deroghe al generale principio di indeducibilità dell’IRAP dalle imposte statali. Pertanto, in tali ipotesi, al momento di effettuazione del versamento degli acconti, gli stessi risultavano dovuti e nessuna istanza di rimborso poteva essere proposta. Nello stesso senso – e per le medesime ragioni – si è espressa anche la circolare n. 20/E del 18 maggio 2016 che, nel commentare l’introduzione dell’esenzione dall’IRPEF delle somme corrisposte a titolo di borsa di studio per la frequenza dei corsi di perfezionamento all’estero, erogate dalla provincia autonoma di Bolzano nei confronti dei percipienti (articolo 1, comma 51, della legge 28 dicembre 2015, n. 208), ha chiarito come il rimborso delle ritenute subite possa essere richiesto “entro il termine di decadenza di 48 mesi decorrente dal versamento del saldo dell’imposta per l’anno di riferimento”. Né, peraltro, il principio espresso dalla Suprema Corte può essere confutato con il richiamo, operato dall’Associazione istante, ad un obbligo incondizionato di versamento degli acconti ed alla possibilità di verificare, unicamente all’atto della presentazione della dichiarazione, l’effettiva esistenza dell’obbligazione tributaria alla quale gli stessi sono correlati. Secondo ALFA, infatti, il suddetto l’obbligo potrebbe essere superato solo qualora il contribuente, nell’accettare il rischio di incorrere in sanzioni, adotti un metodo di calcolo c.d. “previsionale” (e, quindi, diverso da quello c.d. “storico) ovvero assuma di non essere tenuto al pagamento degli acconti in base ad una propria valutazione dei presupposti soggettivi od oggettivi del tributo cui gli stessi si riferiscono. Al riguardo, i giudici di legittimità hanno evidenziato come “l’art. 2, comma 4, [della legge 23 marzo 1977, n. 97, vigente ratione temporis, n.d.r.], nell’escludere la sanzionabilità dell’omissione del versamento nel caso in cui l’imposta non sia dovuta per l’anno in corso, esplicitamente consente al contribuente di apprezzare anche prima del pagamento del saldo la necessità e la legittimità della loro corresponsione” (così Corte di Cassazione ordinanza n. 12616 del 17 giugno 2016). Peraltro, anche l’orientamento giurisprudenziale che ha ammesso la decorrenza del termine di decadenza di cui all’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 non dalla data dei versamenti in acconto ma da quella di presentazione della dichiarazione richiede comunque che “l’importo del quale si chiede la restituzione, nel momento in cui è stato corrisposto, fosse da considerarsi dovuto, ancorché in base ad un titolo precario e provvisorio da verificare integralmente all’atto della concretizzazione dell’effettiva misura o dell’inesistenza dell’obbligo tributario.” (così Corte di Cassazione, sentenza n. 5653 del 12 marzo 2014. Nello stesso senso anche Corte di Cassazione, sentenza n. 5978 del 17 marzo 2006 laddove si è precisato che “qualora venga contestato in radice l’obbligo del pagamento del tributo in forza di un regime di esenzione soggettiva, la non debenza si configura anche in relazione al pagamento delle rate di acconto, non trattandosi di determinazione rilevabile soltanto in sede di pagamento del saldo, per cui il suddetto termine decadenziale deve farsi decorrere dai versamenti delle dette rate di acconto.”).
Pertanto, sulla base delle considerazioni che precedono, con specifico riferimento alla decorrenza del termine nelle fattispecie prospettate dall’Associazione istante (ovvero qualora sia incerta la spettanza di un’agevolazione, l’applicabilità di un’aliquota o la qualificazione di un soggetto) si è dell’avviso che la stessa deve essere individuata secondo la ricordata regola dall’esistenza o meno dell’obbligo di versamento nel momento in cui lo stesso è effettuato. A titolo esemplificativo si fa, peraltro, presente che i giudici di legittimità hanno escluso che il termine decadenziale decorra dal versamento del saldo in caso di richiesta di rimborso:
– dell’IRAP versata per carenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione (perché, come chiarito dalla Corte di Cassazione, sentenza n. 4166 del 21 febbraio 2014, “quando, come nella specie, venga contestato in radice l’obbligo del pagamento del tributo, la eventuale non debenza si configura anche in relazione al pagamento delle rate di acconto, non trattandosi di determinazione rilevabile soltanto in sede di pagamento del saldo, per cui il suddetto termine decadenziale deve farsi decorrere, […], dalla data dei versamenti delle dette rate di acconto; […]”. In tal senso anche Corte di Cassazione, sentenza n. 11920 del 28 maggio 2014; Corte di Cassazione, ordinanza n. 17912 del 13 agosto 2014; Corte di Cassazione, sentenza n. 24391 del 30 novembre 2016; Corte di Cassazione, ordinanza n. 26434 del 20 dicembre 2016; Corte di Cassazione, ordinanza n. 4656 del 22 febbraio 2017; Corte di Cassazione, ordinanza n. 6786 del 15 marzo 2017; Corte di Cassazione, sentenza n. 7248 del 22 marzo 2017; Corte di Cassazione, ordinanza n. 9325 dell’11 aprile 2017);
– dell’IRPEF versata in eccesso in relazione ad un immobile di interesse storicoartistico (perché, come precisato dalla Corte di Cassazione, sentenza n. 10077 del 9 maggio 2014, la causale della richiesta di rimborso – ovvero la mancata applicazione dell’agevolazione fiscale che determina la tassazione del bene in base al reddito effettivo e non secondo la rendita catastale dello stesso – “sicuramente sussisteva fin dall’epoca del versamento degli acconti.”. In tal senso anche Corte di Cassazione, sentenza n. 1161 del 22 gennaio 2016);
– dell’IRPEG e dell’ILOR versate indebitamente per non essere state conteggiate, in sede di dichiarazione dei redditi, le variazioni in diminuzione riferibili all’utilizzo dei fondi rischi contenzioso e oneri da partecipazioni (perché, come evidenziato dalla Corte di Cassazione, sentenza n. 6497 del 31 marzo 2015, “nascendo, nel caso di specie, il diritto al rimborso preteso dalla contribuente dalla questione relativa al trattamento fiscale da applicare ai due fondi […] di cui sopra (se ritenerli assimilabili a “fondi tassati”, i cui utilizzi non concorrono alla formazione del reddito imponibile, ovvero a “fondi non tassati”, i cui utilizzi concorrono alla formazione del reddito imponibile)”, la circostanza risultava “rilevabile indipendentemente dal calcolo dell’imposta dovuta a saldo, […].”);
– della maggiore IRPEG erroneamente versata relativamente a fabbricati e terreni di cui è stato successivamente disconosciuto il diritto di proprietà (perché, come chiarito dalla Corte di Cassazione, sentenza n. 15427 del 22 luglio 2015, “non vi è dubbio che il contribuente aveva la possibilità legale di agire al fine di giungere ad un accertamento giudiziale sulla proprietà degli immobili in questione, sicché la sua inerzia sino al deposito della sentenza del Tribunale non è in alcun modo tutelabile, e nulla può quindi rilevare in ordine al termine iniziale della prevista decadenza.”);
– dell’IRPEF versata a titolo di maggiore ritenuta operata sulla somma erogata quale incentivazione straordinaria all’esodo, (perché, come precisato dalla Corte di Cassazione, citata ordinanza n. 11602 del 2016, “nella specie, la contestazione su cui si fondava la domanda di rimborso del contribuente – ossia che la ritenuta era stata operata applicando l’aliquota piena e non l’aliquota dimidiata – attingeva la struttura stessa del calcolo della ritenuta e, pertanto, poteva essere fatta valere fin dal momento di effettuazione della ritenuta, mediante la ripetizione del 50% dell’importo calcolato dal datore di lavoro in base all’aliquota intera, senza necessità di attendere né eventuali conguagli di fine anno del datore di lavoro né eventuali riliquidazioni da parte dell’Ufficio; […]”. In tal senso anche Corte di Cassazione, ordinanza n. 25177 del 7 dicembre 2016; Corte di Cassazione, ordinanza n. 28847 dell’1 dicembre 2017; Corte di Cassazione, ordinanza n. 2533 dell’1 febbraio 2018 in relazione all’eccedenza di ritenute IRPEF operate dal sostituto d’imposta sulle somme corrisposte a titolo di indennità di cessazione del rapporto di lavoro ed assoggettate a tassazione separata).
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