CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 gennaio 2019, n. 197
Rapporto di lavoro – Contratti di somministrazione a tempo determinato – Genericità della causale – Nullità
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 2466 depositata il 7.4.2015, la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento dell’appello di T.I. s.p.a. e in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto le domande proposte dalle signore M.S. e P.S., ai sensi dell’art. 27, D.Lgs. n. 276 del 2003, volte alla declaratoria di nullità dei rispettivi contratti di somministrazione a tempo determinato e alla costituzione di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze dell’utilizzatore.
2. Il Tribunale aveva accolto le domande delle lavoratrici sul rilievo della genericità e inintelligibilità della causale dei contratti di somministrazione indicata come “gestione delle attività di cali center in relazione alle esigenze di carattere organizzativo connesse al riassetto societario del gruppo T.”.
3. Secondo l’interpretazione data dalla Corte territoriale, per effetto del D.Lgs. n. 251 del 2004, art. 5, che ha soppresso nell’art. 21, comma 4, D.Lgs. n. 276 del 2003 il riferimento alla “indicazione degli elementi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1”, deve ritenersi venuto meno l’onere di indicazione formale della causale, quindi delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo che giustificano il ricorso alla somministrazione a tempo determinato; per i contratti conclusi dal 26.10.2004, la nullità dei contratto di somministrazione a termine deve considerarsi limitata all’ipotesi di mancanza della forma scritta, salvo l’onere, in capo al soggetto utilizzatore, di dimostrare l’effettività delle esigenze indicate nel contratto medesimo e il nesso causale tra le stesse e il ricorso al lavoro somministrato.
4. Nel caso di specie, secondo la Corte di merito, la società appellante aveva compiutamente provato l’esigenza organizzativa che aveva reso necessario il ricorso al lavoro somministrato a termine, in particolare la necessità, all’epoca di conclusione dei contratti con le due lavoratrici (agosto 2005 e novembre 2006) di far fronte al servizio call center T. in attesa del passaggio a tale servizio di telefonia mobile di personale già addetto al cali center di telefonia fissa.
5. Avverso tale sentenza la signore M. e P. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria, la T.I. s.p.a..
Ragioni della decisione
1. Col primo motivo di ricorso le lavoratrici hanno dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21, 22 e 27, D.Lgs. n. 276 del 2003, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per non avere la Corte territoriale accertato la genericità delle causali indicate nei contratti di somministrazione di cui si discute.
2. Col secondo motivo le ricorrenti hanno censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 5, D.Lgs. n. 251 del 2004, per avere la Corte di merito desunto da tale disposizione la soppressione dell’onere formale di indicazione, nel contratto di somministrazione a tempo determinato, delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, ritenendo legittimo che la specificazione delle causali giustificative del ricorso al lavoro somministrato potesse avvenire per la prima volta in sede giudiziale.
3. Col terzo motivo di ricorso le lavoratrici hanno dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 416, 433 c.p.c., per avere la sentenza impugnata attribuito valore probatorio a documenti prodotti dalla società e dalla stessa formati e per aver erroneamente applicato il principio di non contestazione.
4. Deve anzitutto respingersi l’eccezione, sollevata dalla società controricorrente, di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, atteso che le censure risultano corredate dei necessari requisiti di specificità.
5. Si esamina anzitutto, per ragioni di priorità logica, il secondo motivo di ricorso che appare fondato e deve trovare accoglimento, risultando erronea in diritto la tesi, accolta dalla Corte di merito, secondo cui, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 5, D.Lgs. n. 251 del 2004, non sussiste più un onere formale, prescritto a pena di nullità, di indicazione per iscritto delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo del ricorso alla somministrazione a tempo determinato.
6. In base al disposto dell’art. 20, comma 4, D.Lgs. n. 276 del 2003, ratione temporis applicabile, che detta le condizioni di liceità, “la somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferite all’ordinaria attività dell’utilizzatore”, secondo una formula che ricalca quella di cui all’art. 1, D.Lgs. n. 368 del 2001, anche se in riferimento al contratto commerciale tra agenzia di somministrazione e utilizzatore.
7. La disciplina di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001 è richiamata dall’art. 22, comma 2, del D.Lgs. n. 276 del 2003 in relazione al rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro “per quanto compatibile”.
8. L’art. 21 prevede che il contratto di somministrazione sia stipulato in forma scritta ed elenca gli elementi che devono risultare per iscritto; tra questi, la lett. c) indica “i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 20”. I casi sono quelli che, secondo il comma 3 dell’art. 20, consentono la somministrazione a tempo indeterminato; le ragioni di cui al comma 4 integrano i presupposti della somministrazione a tempo determinato.
9. L’art. 21, u.c., dopo le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 251 del 2004, prevede espressamente la sanzione della nullità in caso di difetto di forma scritta del contratto di somministrazione, essendo stato eliminato il riferimento agli elementi di cui alle lettere a), b), c), d), ed e), del comma 1, la cui mancanza nell’atto scritto era, nella versione originaria, espressamente contemplata quale causa della nullità comminata dall’ultimo comma.
10. Il riferimento ai suddetti elementi è rimasto nel successivo art. 27, comma 1, secondo cui quando la somministrazione di lavoro sia avvenuta al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui ai precedenti art. 20, e art. 21, comma 1, lett. a), b), c), d) ed e), il lavoratore può chiedere in via giudiziaria la costituzione d’un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore con effetto dall’inizio della somministrazione.
11. Le disposizioni appena richiamate, lette in modo sistematico, impongono che nel contratto di somministrazione siano indicate le ragioni dell’utilizzazione di lavoratori a tempo determinato e che le stesse siano esplicitate nella loro fattualità, in modo da rendere chiaramente percepibile l’esigenza addotta dall’utilizzatore e il rapporto causale tra la stessa e l’assunzione del singolo lavoratore somministrato.
12. Peraltro, dal punto di vista logico, in tanto è possibile una verifica sulla effettiva sussistenza della causale in quanto questa risulti esplicitata e descritta in maniera specifica e con riferimento ad elementi fattuali suscettibili di riscontro. Come già affermato da questa Corte (Cass. n. 17540 del 2014), ammettere che il contratto di somministrazione possa tacere, puramente e semplicemente, le ragioni della somministrazione a tempo determinato riservandosi di enunciarle solo a posteriori in ragione della convenienza del momento, vanificherebbe in toto l’impianto della legge e siffatta omissione sarebbe indice inequivocabile di frode alla legge o di deviazione causale del contratto, entrambe sanzionate con la nullità. Sarebbe infatti svuotata di contenuto ogni verifica sulla effettività della causale ove questa potesse essere non indicata o solo genericamente indicata nel contratto.
13. Nella sentenza appena citata, relativa a fattispecie sovrapponibile a quella in esame, si è precisato come la sanzione della nullità anche per indicazione omessa o generica della causale della somministrazione sia nella logica del sistema, oltre che nel rilievo per cui l’art. 21, comma 1, lett. c), richiede, appunto, l’indicazione della causale tra gli elementi che devono risultare dal contratto in forma scritta. D’altro canto, se non si versasse in ipotesi di nullità, non avrebbe senso consentire al lavoratore l’azione per ottenere la costituzione del rapporto, ab origine, alle dipendenze dell’utilizzatore.
14. Si è aggiunto un ulteriore argomento, preliminare ed assorbente, per ritenere prescritti a pena di nullità anche gli elementi di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 21, comma 1, lett. a), b), c), d) ed e): ammessa la categoria degli elementi naturali del negozio (anche se autorevole dottrina ritiene debba parlarsi solo di effetti naturali), è innegabile che essi siano tali solo se derogabili dalle parti. Ora, nessuno dei citati elementi è derogabile dalla volontà delle parti, nel senso che esse non potrebbero mai, ad esempio, escludere che il lavoratore debba eseguire la propria prestazione presso una data impresa utilizzatrice o lasciarne libera la scelta da parte dell’impresa fornitrice, perché ciò produrrebbe una palese alterazione causale del negozio.
15. La questione oggetto di causa è stata affrontata in sede di legittimità anche in riferimento alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 24 del 2012, di recepimento della Direttiva n. 2008/104/CE (non applicabili nel caso in esame), sottolineando la progressiva divaricazione degli istituti del contratto di lavoro a tempo determinato e della somministrazione di lavoro a tempo determinato (sul punto cfr. anche sentenza della Corte di Giustizia dell’11.4.2013, C-290/12).
16. In particolare, nella sentenza di questa Suprema Corte n. 21001 del 2014 si è rilevato come la Direttiva n. 2008/104/CE non abbia di mira la prevenzione dell’abuso del ricorso alla somministrazione in quanto l’impiego tramite agenzia interinale è apprezzato come forma di impiego flessibile, che può concorrere “efficacemente alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di forme di lavoro flessibili” (art. 4 Direttiva). La Direttiva, difatti, impegna gli Stati membri ad un “riesame delle restrizioni e divieti” che limitano il ricorso alla somministrazione (art. 4) presenti negli ordinamenti nazionali e che possono essere giustificati “soltanto da ragioni d’interesse generale che investono in particolare la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale, le prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro o la necessità di garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi”.
17. In linea con i tratti identificativi del contratto di somministrazione così ricostruiti, questa Corte ha attribuito alle ragioni di cui all’art. 20, comma 4, D.Lgs. n. 276 del 2003 “il significato loro proprio, di presupposti giustificativi oggettivi ed effettivamente sussistenti, distinguendo significato e ratio delle norme relative al contratto a termine ed a quello della somministrazione, non richiedendo che l’enunciazione delle ragioni risponda a quel livello di dettaglio proprio del primo tipo di contratto”.
18. Ha quindi ritenuto di valorizzare “una indicazione delle ragioni sottese al ricorso alla somministrazione, che sia assistita da un grado di specificazione tale da consentire di verificare se esse rientrino nella tipologia cui è legata la legittimità del contratto e da rendere pertanto possibile il riscontro della loro effettività. In tal senso è stato precisato che l’indicazione non può essere tautologica, né può essere generica, dovendo esplicitare, onde consentirne lo scrutinio in sede giudiziaria, il collegamento tra la previsione astratta e la situazione concreta (cfr. Cass. n. 8021 del 2013; Cass. n. 15610 del 2011)”. Con la conseguenza dell’operare della sanzione di nullità del contratto anche in ipotesi di indicazione omessa o generica della causale della somministrazione (cfr. Cass. n. 22381 del 2018 e precedenti ivi richiamati).
19. Nella sentenza n. 22381 del 2018, riferita a contratto di somministrazione a tempo determinato con causale identica a quella utilizzata nel contratto con la sig.ra M. (“gestione delle attività di call center in relazione alle esigenze di carattere organizzativo connesse al riassetto societario del gruppo T.”), questa Corte ha ritenuto non censurabile la statuizione del giudice di merito secondo cui detta causale “non soddisfacesse quel minimo necessario di specificità che, sia pure non più legata a situazioni tipizzate dal legislatore o dal contratto collettivo, deve sempre essere chiaramente espressa con riferimento al contesto della peculiare situazione dell’impresa utilizzatrice e delle sue esigenze produttive … non risultando, in particolare, esplicitato per quali ragioni per la gestione del cali center occorresse il ricorso al lavoro somministrato né in cosa consistesse il riassetto societario indicato ovvero il periodo temporale di riferimento”.
20. Conclusivamente, oltre alla forma scritta, devono ritenersi prescritti ad substantiam, per loro natura e per coerenza sistematica con altre disposizioni di legge, anche gli elementi di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 21, comma 1, lett. a), b), c), d) ed e).
21. La Corte d’appello non si è uniformata a tali principi e, nell’accogliere l’appello di T. sul presupposto della non necessaria indicazione formale della causale nel contratto di somministrazione, ha del tutto omesso qualsiasi indagine sul contenuto della causale stessa, in relazione alle censure di genericità e non intelligibilità ritualmente sollevate dalla lavoratrice.
22. In base ai rilievi svolti, deve trovare accoglimento il secondo motivo di ricorso, risultando assorbiti gli altri motivi, e disporsi la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, per un nuovo esame della fattispecie alla luce dei principi sopra esposti e per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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