CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 maggio 2019, n. 12916
Tributi – Vendita terreni – Perizia estimativa – Accertamento – Plusvalenza – Omessa dichiarazione
Fatti di causa
B.E. in quanto titolare di quota pari ai 15/18, e la coniuge F.A. quale titolare della quota rimanente, vendevano un terreno sito in Romano d’Ezzelino (VI), in data 13.10.2003. L’Agenzia delle Entrate, espletata attività di verifica della corretta imposizione fiscale, notificava alle parti un invito a comparire, nel novembre del 2007, domandando la produzione di perizia estimativa del valore del terreno, predisposta ai sensi dell’art. 7 della legge n. 448 del 2001, nonché copia dei modelli F24 relativi ai versamenti effettuati. Il valore dei terreni indicato nella perizia estimativa risultava largamente inferiore al valore di vendita dichiarato negli atti di compravendita. In conseguenza l’Agenzia notificava gli atti di accertamento nn. R850103000822008 e R85010300084/08, mediante i quali, in considerazione della plusvalenza non dichiarata, sul presupposto che oggetto di vendita fosse stato un terreno avente vocazione edificatoria, come previsto dal Prg comunale, recuperava a tassazione i tributi Irpef ed Iva, oltre ad irrogare le relative sanzioni.
Gli odierni ricorrenti provvedevano al pagamento delle sanzioni nella misura agevolata di un quarto, ed impugnavano l’avviso di accertamento in relazione ai tributi richiesti, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza, perché il terreno non poteva considerarsi edificabile in quanto il Prg comunale, che invero tanto prevedeva, era stato però ritirato dall’Ente locale. I contribuenti domandavano anche la restituzione de le somme versate a titolo di sanzioni. La Ctp riteneva che il terreno ceduto non avesse vocazione edificatoria, e quindi annullava l’avviso di accertamento in relazione ai tributi richiesti. Disponeva, inoltre, la restituzione delle somme versate dai contribuenti per le sanzioni, ritenendole indebite in conseguenza dell’annullamento dell’avviso di accertamento.
L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Venezia-Mestre, che confermava la sentenza di primo grado.
Avverso la decisione della Ctr ha proposto impugnazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico, articolato, motivo di ricorso. Resistono con controricorso i contribuenti.
Ragioni della decisione
1.1. – L’Agenzia delle Entrate contesta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 16, comma 3, e 17, comma 2, del D.Lgs. n. 472 del 1997, in cui è incorsa la Commissione Tributaria Regionale impugnata per aver ritenuto che, dall’annullamento dell’avviso di accertamento relativo ai tributi richiesti, dovesse conseguire la restituzione delle sanzioni pagate, sebbene versate in misura ridotta avvalendosi di disciplina agevolativa.
2.1. – Preliminarmente occorre osservare che l’Agenzia delle Entrate non ha proposto in questa sede contestazioni in merito alla debenza del tributo.
In conseguenza, le statuizioni della Commissione Tributaria Regionale in materia di esclusione dei contribuenti dal pagamento dei tributi sono passate in giudicato.
Tanto premesso, l’Agenzia delle Entrate censura la valutazione della Ctr nella parte in cui ha ritenuto che l’annullamento dell’accertamento in relazione al tributo dovuto sortisca l’effetto di ingenerare nei contribuenti il diritto al rimborso delle sanzioni, sebbene versate in forma agevolata nella misura di un quarto. Sostiene la ricorrente Agenzia che la definizione delle sanzioni ai sensi degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997 propone al contribuente una scelta, consentendogli di proporre impugnativa giurisdizionale in relazione al merito del tributo e delle sanzioni, ed in alternativa gli permette di definire la vicenda delle sanzioni accedendo ad un versamento agevolato, che però estingue il rapporto sul punto, ed esclude pertanto che la questione possa essere oggetto di esame giurisdizionale, qualunque esito sortisca il giudizio introdotto per contestare la debenza del tributo ed anche quando, come avvenuto nel caso di specie, la conclusione del processo risulti favorevole al contribuente.
Replicano i contribuenti, nel loro controricorso, che l’argomento sostenuto dall’Amministrazione finanziaria sarebbe fondato sul mero appiglio letterale contenuto nella previsione dell’art. 17, comma 2, del D.Lgs. n. 472 del 1997, ove si afferma che il pagamento agevolato delle sanzioni, essendo qualificato come “definizione”, importerebbe la successiva incontestabilità dell’intervenuto versamento, mentre nessuna previsione normativa espressa afferma che non sia consentito domandare la ripetizione di una sanzione che, sebbene pagata in misura ridotta, non era comunque dovuta in alcuna misura.
In materia questa Corte ha ormai formato un orientamento consolidato e condivisibile, che le osservazioni dei controricorrenti non inducono a rivedere. Si è infatti rilevato che “in materia di violazioni tributarie, l’atto di contestazione ed irrogazione delle sanzioni, disciplinato dall’art. 17 del D.Igs. 18 dicembre 1997, n. 472, è autonomo rispetto al procedimento di accertamento del tributo cui le medesime si riferiscono”, nella specie conclusosi con esito favorevole al contribuente, “con la conseguenza che, qualora il trasgressore scelga di addivenire alla definizione agevolata, prevista dal secondo comma dell’art. 17 cit., la ripetizione delle somme pagate non è consentita, dovendosi ritenere definitivamente chiuso, a quel momento, il rapporto tra contribuente e fisco in ordine alle altre conseguenze sanzionatorie delle violazioni stesse già rilevate“, Cass. sez. VI-V, n. 18740 del 2015 (cfr. anche Cass. n. 26740 del 2013).
Il principio dell’autonomia dell’atto di irrogazioni di sanzioni che venga estinto mediante definizione agevolata, e pertanto della sua assoluta indipendenza in relazione al giudizio avente ad oggetto il tributo, è stato anche recentemente confermato dalla Suprema Corte, osservando che “in materia di sanzioni amministrative per violazione delle norme tributarie, il versamento della somma notevolmente inferiore a quella concretamente irrogabile, effettuato ex art. 17, comma 2, del d.lgs, n. 472 del 1997, definisce irrevocabilmente ogni questione inerente l’aspetto sanzionatorio del rapporto tributario in contestazione, precludendo all’amministrazione finanziaria di irrogare maggiori sanzioni ed al contribuente di ripetere quanto già pagato“, Cass. sez. V, n. 25577 del 2017, sembrando opportuno rilevare che in quest’ultima decisione, in applicazione del principio, la Corte di legittimità ha cassato la sentenza impugnata che aveva affermato il diritto della contribuente alla restituzione delle somme già versate a titolo di definizione agevolata delle sanzioni.
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto.
In conseguenza, la Corte deve cassare l’impugnata sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Venezia-Mestre, senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., e ne consegue che quanto versato dai contribuenti, a titolo di sanzioni, non dovrà essere restituito.
Il consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale di legittimità accolto in epoca successiva alla proposizione del ricorso, e la complessità della questione esaminata, inducono a ritenere equo disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti in relazione all’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dai controricorrenti B.E. e F.A. in relazione alla domanda di restituzione delle somme versate a titolo di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, e dispone la compensazione fra le parti delle spese di lite dell’intero giudizio, in relazione a questa domanda.
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