COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Roma sentenza n. 5371 sez. 4 del 21 settembre 2016
REDDITO – RIDETERMINAZIONE – COSTI OMESSI – ESISTENZA DOCUMENTATA – ILLEGITTIMITA’
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La F. sas di F.M. & C. ha proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento n. …, notificato in data 18.10.2011, relativo al pagamento di imposte diverse, di sanzioni e di interessi per l’anno d’imposta 2006, riferiti alla omessa presentazione della dichiarazione dei redditi Modello Unico 2007.
La ricorrente società si è costituita riferendo di avere proposto istanza di accertamento in adesione il 6.12.2011, che però non ha sortito buon esito. La società ha dedotto di avere prodotto le comunicazioni annuali IVA, a fronte delle quali l’Ufficio aveva determinato ai sensi dell’art. 39 del DPR n. 600 del 1973, il volume d’affari ai fini IVA ed il valore della produzione ai fini IRAP in euro 852.002 ed un reddito di impresa a favore dei soci, assoggettabile ad IRPEF, pari ad euro 271.668, con conseguente determinazione di maggiori imposte, sanzioni ed interessi.
Nella medesima data del 15.3.2012 anche A.M.F., socia al 10%, ha proposto ricorso avente analogo contenuto avverso l’avviso di accertamento n. …. La questione sottostante è esattamente la medesima e riguarda la determinazione del reddito di partecipazione alla società F. sas per complessivi euro 27.167.
Avverso il medesimo avviso di accertamento, notificatole il 3.1.2012, ha proposto istanza di adesione e successivamente, in data 1.6.2012, ricorso anche M.G.T., socia al 90% nella medesima società.
Tutte le ricorrenti (la società e le socie) hanno evidenziato che la società ricorrente aveva tenuto correttamente la contabilità fiscale per l’anno d’imposta 2006 e aveva tempestivamente predisposto il modello UNICO 2007 riferito ai redditi per l’anno 2006, incaricando successivamente un intermediario per la trasmissione telematica; evidentemente, detto intermediario ha omesso di effettuare la prescritta trasmissione del modello.
Inoltre, si precisa nel ricorso, l’accertamento non ha tenuto conto dei costi non rilevanti ai fini IVA (l’acquisto di un terreno per euro 78.000), della differenza negativa fra rimanenze finali e iniziali (pari a 144.000 euro) e di altri costi per ammortamenti ed oneri finanziari; dal riepilogo contabile 2006 si evince che il reddito netto ammonta a euro 34.006, pari alla somma del reddito per euro 30.625 e dell’ICI indeducibile pari a 3.381 euro); veniva inoltre precisato, ai fini IVA, che la società nell’anno in esame ha compiuto operazioni applicando l’IVA al 4% o al 10% ed aveva correttamente tenuto le scritture contabili e le liquidazioni trimestrali; poiché la contabilità è stata regolarmente tenuta, le detrazioni avrebbero dovuto essere ugualmente riconosciute, anche ai fini IRAP; l’Ufficio ha invece applicato l’IVA al 20% a tutti gli incassi, senza riconoscere alcuna detrazione; la società aveva inoltre pagato le imposte scaturenti dal modello UNICO 2007; ne derivava la nullità degli avvisi di accertamento impugnati; in via subordinata, le ricorrenti chiedevano la riduzione dei valori accertati.
L’Ufficio impositore si è costituito in giudizio nell’ambito dei tre giudizi, confermando sostanzialmente il contenuto dell’accertamento e rilevando in via generale che l’Ufficio aveva utilizzato i dati delle comunicazioni presentate dalla società, aveva determinato il reddito ed il volume d’affari pro quota ed aveva imputato il maggior reddito alle due socie; con riferimento ai singoli motivi di ricorso, l’Ufficio rilevava inoltre:
1. che l’inadempienza da parte dell’incaricato, che aveva determinato la non contestata mancata presentazione della dichiarazione, era comunque imputabile alla società contribuente, che peraltro non aveva prodotto il giudizio la ricevuta di consegna o la copia dei modelli F24 utilizzati per il pagamento;
2. i costi di cui le ricorrenti chiedono la deduzione non erano documentati se non attraverso un riepilogo contabile (non erano stati prodotti né le fatture né l’atto di compravendita del terreno); per lo stesso motivo, la dedotta compravendita di immobili non era stata compiutamente documentata; rilevava inoltre che la parte poteva detrarre solo i versamenti eseguiti e le imposte detraibili, ma in assenza di documentazione non era possibile pervenire alla disamina di quanto eccepito;
in ordine alla deduzione di euro 790.012 ai fini IRAP, non era stata prodotta la relativa fattura. Chiedeva dunque il rigetto dei ricorsi, con vittoria di spese.
Con memorie illustrative depositate il 7.10.2014 nell’ambito del procedimento intrapreso dalla società, corredate dalla produzione di ampia documentazione, questa precisava che l’Ufficio non aveva tenuto conto del costo di euro 78.000 per l’acquisto di un immobile avvenuto il 4.4.2006, non aveva considerato le differenze fra le rimanenze iniziali 2006, desumibili dalle rimanenze finali 2005, pari a euro 360.000, e quelle finali 2006, pari a euro 216.000, desumibili dalle schede di contabilità interna e da altra documentazione prodotta, che consentivano di determinare la differenza in euro 144.000; né era stato considerato il costo di euro 18.563 per oneri finanziari, desumibili dalle contabili bancarie. Per quanto concerneva l’IVA, il fatto che l’Ufficio non avesse tenuto conto che non a tutte le operazioni era stata applicata l’aliquota del 20%, aveva impedito di accertare che in realtà la società era in credito IVA di euro 22.235: In ordine all’IRAP, l’Ufficio aveva disconosciuto i costi riconosciuti per la determinazione delle imposte dirette.
La CTP di Roma ha parzialmente accolto il ricorso.
Nel merito ha rilevato che dall’esame della documentazione prodotta dalla società ricorrente è possibile ritenere comprovata la sussistenza dei costi non riconosciuti, quali quelli sostenuti per l’acquisto dell’immobile, la differenza fra le rimanenze e gli oneri finanziari; il reddito deve essere pertanto rideterminato considerando i costi omessi.
Per quanto riguarda l’IVA, la documentazione prodotta permette di rilevare che ad un’operazione con imponibile di euro 120.000 deve essere applicata l’aliquota del 10%, mentre ad altre quattro operazioni, per un imponibile complessivo di euro 656.000, deve essere applicata l’aliquota del 4%. Per quanto riguarda l’IRAP, ai costi riconosciuti in sede di imposte dirette deve essere aggiunta la deduzione forfetaria di euro 8.000.
Gli avvisi di accertamento impugnati devono pertanto essere annullati e l’Ufficio dovrà procedere alla rideterminazione del reddito, del volume d’affari e del valore della produzione ed all’applicazione delle conseguenti imposte, se dovute.
Per quanto concerne le sanzioni, stante che non è contestata la circostanza relativa all’omissione della dichiarazione da parte della società, queste dovranno essere applicate nei minimi con riferimento all’ammontare delle imposte, come saranno rideterminate.
Appella l’Agenzia delle Entrate chiedendo la riforma della sentenza di primo grado, con vittoria delle spese di giudizio.
Si è costituita la società contribuente chiedendo alla Commissione Tributaria di dichiarare la nullità dell’avviso di accertamento e in via subordinata confermare la sentenza di primo grado.
Motivi della decisione
L’appello è infondato.
La Commissione condivide le statuizioni del giudice di primo grado, ritenendo che dall’esame della documentazione prodotta dalla società ricorrente è possibile ritenere comprovata la sussistenza dei costi non riconosciuti, quali quelli sostenuti per l’acquisto dell’immobile, la differenza fra le rimanenze iniziali e finali e gli oneri finanziari; per cui il reddito deve essere rideterminato considerando i costi omessi.
Anche ai fini IVA devono essere applicate le aliquote così come evidenziate dal giudice di primo grado, alla cui analitica ricostruzione si rinvia alla parte in fatto della presente decisione.
L’omessa presentazione della dichiarazione rende legittima l’applicazione delle relative sanzioni, restando ininfluente che detta presentazione non è stata effettuata dal soggetto a ciò delegato dalla società, in quanto l’operato di quest’ultimo ricade nella sfera giuridica della società delegante.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, Sezione IV, rigetta l’appello dell’Agenzia delle Entrate e condanna la stessa alle spese di giudizio che liquida in € 4.000.
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