Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, sezione 5, sentenza n. 14 depositata l’ 8 gennaio 2020
Tutti i contratti di locazione aventi ad oggetto immobili strumentali devono essere registrati entro un termine fisso e sono assoggettati al pagamento dell’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1%
MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel giudizio di primo grado I. L. S.r.l. aveva presentato istanza di rimborso presso l’Ufficio Tributi di Milano 3 con riferimento all’imposta di registro pagata per gli anni 2013, 2014 e 2015 per i contratti di locazione ivi registrati avente ad oggetto immobili strumentali. Avverso il silenzio rifiuto aveva presentato istanza di reclamo in data X marzo 2016 e l’Ufficio aveva rigettato reclamo. Il contribuente aveva contestato la legittimità dell’imposta vigendo il principio di alternatività fra Iva ed imposta di registro per cui l’assoggettamento del contratto ad Iva escludeva l’applicazione dell’imposta di registro. Si era costituito in giudizio l’ufficio ed aveva eccepito che la pretesa era legittima poiché in seguito alle modifiche introdotte dal decreto legge n. 223/2006 tutti i contratti di locazione (anche finanziaria) aventi ad oggetto immobili strumentali devono essere registrati entro un termine fisso e assoggettati al pagamento dell’imposta di registro nella misura proporzionale del 1 % indipendentemente dal regime di esenzione od imponibilità definiva di tali contratti. In tal senso bisogna intendere per immobili strumentali per natura quelli che secondo legge non potevano essere destinati ad altre finalità senza radicali trasformazioni e, quindi, ad esempio, gli uffici, gli studi, i negozi, le botteghe ed i magazzini. La Commissione Tributaria Provinciale di Milano con sentenza n. 4094/18/2017 rigettava il ricorso spiegando che con l’entrata in vigore del decreto legge 223/2006 sono assoggettati all’imposta di registro anche gli immobili strumentali.
Avverso la predetta sentenza ha proposto appello I. L. s.r.l. per tutti i motivi esposti nel ricorso e ne chiesto la riforma. Si è costituita nel giudizio d’appello l’Agenzia delle Entrate ed ha chiesto il rigetto dell’impugnazione. Sostanzialmente il contribuente ha riproposto i medesimi motivi contenuti nel ricorso in primo grado, ma in sede di gravame ha introdotto per la prima volta il riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che a suo parere legittimerebbe una duplicazione fra le due imposte. In proposito, si rileva tuttavia che la stessa Corte di Giustizia UE, pronunciandosi sulla questione sollevata dalla Commissione Tributaria Regionale di Bolzano, con ordinanza del 12 ottobre 2017 emessa nella causa C 549/2016 ha stabilito che è legittima l’imposta di registro nazionale applicata nella misura dell’1 % dei contratti di locazione di immobili strumentali e alle relative pertinenze soggetti ad Iva. Nella motivazione si legge che l’art. 401 della direttiva Iva 112/2006/CEE non osta al mantenimento o all’introduzione di un’imposta che non presenti una delle caratteristiche essenziali dell’Iva. Per caratteristiche essenziali dell’Iva si intendono l’operazione avente ad oggetto beni o servizi, la proporzionalità del prezzo, la riscossione in ciascuna fase del procedimento di produzione / di distribuzione, gli importi pagati in occasione delle precedenti fasi del processo di produzione / distribuzione detratti dall’Iva dovuta dal soggetto passivo.
Anche questa Commissione con la sentenza numero 5576/34/2016 ha evidenziato che il tratto che rende comune le due imposte è il fatto di venire calcolate sul volume d’affari, ma l’imposta di registro che la legge Bersani ha introdotto per le operazioni immobiliari pur se in parte purché su beni strumentali si calcola sull’ammontare della prestazione non soggetta ad Iva e quindi per definizione su una base diversa da quella su cui si calcola l’Iva ossia su tutto il canone; inoltre, vi sono altre differenze fra le due imposte in quanto nell’imposta di registro è l’intera prestazione ossia il canone di locazione che viene presa in considerazione, mentre per l’Iva si guarda alla differenza di valore che si è prodotta nella cessione del bene o del servizio; infine, nella prima imposta la percentuale si applica sul canone e l’imposta grava sul soggetto obbligato, nella seconda l’imposta non grava in sostanza sul locatore ma sul consumatore finale. Pertanto, i presupposti dei due istituti fiscali sono del tutto differenti e non vi è alcuna duplicazione. Per il resto, trova applicazione la normativa introdotta con l’entrata in vigore del di D.L. 223/2006 e sul punto si condivide quanto hanno scritto i Giudici di primo grado.
Pertanto, il ricorso è infondato e viene respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza, sono poste a carico dell’appellante, vengono quantificate in complessivi euro 1.500,00 {fase di studio: euro 300,00 ; fase introduttiva: euro 500,00; fase decisoria: euro 700,00) oltre oneri accessori secondo legge.
P.Q.M.
la Commissione rigetta l’appello e, l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna l’appellante alle spese di lite del grado per euro 1.500,00 oltre spese generali, Iva e Cpa secondo legge.
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