CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 giugno 2020, n. 10778
Indennità di mobilità – Attività di socio presso una cooperativa ex D.P.R. n. 602/1970 – Esclusione, per i soci, dall’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 6 maggio 2014, ha respinto il gravame svolto da O.D. nei confronti dell’INPS avverso la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda per il riconoscimento del trattamento di mobilità dapprima concesso dall’INPS e poi preteso in restituzione.
2. La Corte di merito premetteva che D., socio lavoratore della Cooperativa La F. s.r.l. dal 21 gennaio 2001 al 4 ottobre 2003, licenziato dalla s.r.l. La F. alla quale nel frattempo erano stati ceduti dalla cooperativa i rapporti di lavoro, veniva ammesso al trattamento di mobilità poi preteso in restituzione dall’INPS sul presupposto che l’attività di socio presso la cooperativa non potesse ritenersi utile per l’accesso alla prestazione prevista dalla legge n.223 del 1991.
3. Per i Giudici del gravame, dalla circostanza, pacifica, dell’assoggettabilità della cooperativa – della quale D. era socio lavoratore – alla disciplina di cui al d.P.R. n. 602 del 1970, derivava esclusione, per i soci, alla stregua dell’art. 25, comma 5, legge n.196 del 1997, dall’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria ai fini dell’erogazione del trattamento ordinario di tale assicurazione e del trattamento speciale di disoccupazione; riteneva non dovuto, pertanto, il trattamento di mobilità anche in considerazione del disposto dell’art. 16 della legge n.223 del 1991 che prevedeva, a tal fine, specifiche anzianità e apposita contribuzione nella misura dello 0,30 per cento delle retribuzioni assoggettate al contributo integrativo per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria, nel testo ratione temporis applicabile, di cui in ogni modo non risultava prova e che, infine, stante la natura previdenziale di tale contribuzione, in sua mancanza e in difetto di prova del versamento, era impossibile riconoscere la correlativa prestazione, conseguendone anche la non rilevanza della prospettata questione di illegittimità costituzionale.
4. Avverso tale sentenza ricorre O.D., con ricorso affidato a tre motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS.
5. Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
6. Con il primo motivo, deducendo violazione dell’art. 24, comma 4, legge n.126 del 1997, dell’art. 4, comma 3, legge n.142 del 2001, degli artt. 35,38,45 Cost., la parte ricorrente assume che la Corte di merito avrebbe violato le predette disposizioni che, in riforma del d.P.R. n.602 del 1970, hanno esteso ai soci lavoratori (delle cooperative di cui all’elenco allegato al medesimo decreto presidenziale) la tutela previdenziale e assistenziale della mobilità, estensione che si ricava dalla disposta equiparazione della contribuzione previdenziale ed assistenziale dei soci lavoratori di cooperativa a quella dei lavoratori dipendenti da impresa; una diversa interpretazione – sostiene il ricorrente – violerebbe i principi costituzionali di parità dei lavoratori di fronte alla legge.
7. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 24, commi 4 e 5 legge n.126 del 1997, in relazione agli artt. 12, 13, 14 delle disposizioni sulla legge in generale, per avere i giudici del gravame applicato analogicamente la norma che esclude i soci lavoratori delle società cooperative di cui al d.P.R. n.602 cit. solo dalla possibilità di ottenere l’indennità ordinaria di disoccupazione, in tal modo offrendo un’interpretazione in malam partem di una disposizione speciale.
8. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e omesso insufficiente esame di un fatto oggetto di discussione tra le parti: lamenta il ricorrente, sotto vari profili, che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto del versamento, da parte della società cooperativa, dei contributi per l’erogazione del trattamento di mobilità e, in considerazione della questione controversa – la computabilità o meno della prestazione del socio lavoratore come anzianità di servizio – la Corte territoriale sarebbe andata ultra petita nel negare il trattamento previdenziale in conseguenza del mancato versamento dei contributi.
9. I primi due motivi, esaminati congiuntamente per la loro logica connessione, sono da rigettare.
10. Si controverte della tutela contro la disoccupazione dei soci lavoratori delle cooperative indicate nell’elenco allegato ai d.P.R. n. 602 del 1970 e, in particolare, della specifica protezione contro la disoccupazione involontaria apprestata dal trattamento di mobilità, nel periodo antecedente alla novella legislativa del 2012.
11. Per verificare l’immanente presenza nell’ordinamento della protezione di cui si discute, ancor prima dell’intervento riformatore del 2012 (tesi difensiva svolta dalla parte ricorrente), è necessario richiamare complesse disposizioni che assurgono a cornice normativa, in generale, in tema di assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria per i soci lavoratori dipendenti di società cooperative e, in particolare, per le società cooperative che svolgono le attività di cui al d.P.R. n.602 del 1970.
12. Si tratta (è bene rimarcare subito per chiarire il contenuto dell’allegato al citato decreto presidenziale) di società ed enti cooperativi esercenti attività di facchinaggio, trasporto di persone e di merci, attività ad esse preliminari, complementari ed accessorie, altre attività varie, quali servizi di guardia (di terra, mare o campestre), polizia ed investigazioni private e simili.
13. L’assicurazione generale obbligatoria contro la disoccupazione, definita dall’art. 37 r.d.l. n. 1827 del 1935, era apprestata solo per i lavoratori subordinati del settore privato, con esclusione, in tale ambito, dei soggetti retribuiti esclusivamente con partecipazione agli utili o al prodotto dell’azienda (art. 40, n.7, r.d.l. n.1827 cit.).
14. L’art. 28 della legge n. 153 del 1969 ha delegato il Governo ad emanare norme, per particolari categorie di lavoratori soci di società e di enti in genere cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi, al fine di un riordinamento dell’assetto previdenziale ed assistenziale di detti lavoratori, volte: «a) alla eliminazione delle difformità e delle incertezze di applicazione delle disposizioni che configurano l’obbligo di dette categorie di lavoratori nelle varie forme di previdenza e di assistenza sociale; b) ad uniformare, sulla base delle disposizioni del testo unico delle norme sugli assegni familiari approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, la commisurazione dei contributi nelle varie forme di previdenza ed assistenza, salvo quanto previsto ai fini delle pensioni, tenendo conto anche dei settori di attività merceologiche promiscue;…»;
15. In ottemperanza alla richiamata norma primaria, il complesso normativo introdotto con il d.P.R. n. 602 del 1970, per il «Riassetto previdenziale ed assistenziale di particolari categorie di lavoratori soci di società e di enti cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società ed enti medesimi», ha definito le tutele previdenziali e assistenziali per i soci lavoratori delle cooperative analiticamente indicate dal medesimo decreto presidenziale, enumerando, del pari analiticamente, gli eventi protetti – invalidità, vecchiaia e superstiti, tubercolosi, famiglia malattie e tutela delle lavoratrici madri, gestita dall’istituto nazionale per l’assicurazione contro le malattie; infortuni sul lavoro e malattie professionali, assistenza agli orfani di lavoratori italiani; provvidenze della gestione case per lavoratori – senza ricomprendere, in tale pur ampio novero, la disoccupazione involontaria (art. 1, primo comma: «assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, assicurazione contro la tubercolosi, assegni familiari, gestiti dall’istituto nazionale della previdenza sociale; assicurazione contro le malattie e per la tutela delle lavoratrici madri, gestita dall’istituto nazionale per l’assicurazione contro le malattie; assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, gestita dall’istituto nazionale contro gli infortuni sul lavoro; assistenza dell’ente nazionale assistenza orfani lavoratori italiani; provvidenze della gestione case per lavoratori»).
16. Seguendo la sequenza cronologica delle fonti normative che vengono in rilievo, l’art. 7 della legge n. 223 del 1991 ha introdotto la prestazione previdenziale dell’indennità di mobilità rinviandone la regolazione, ai sensi dei commi 8 e 12 della medesima disposizione, alla «normativa che disciplina l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, in quanto applicabile» (art.7, co.12 legge n.223 cit.).
17. Il legislatore del 1997 ha riconosciuto la protezione dell’evento disoccupazione involontaria per i lavoratori soci di cooperative di lavoro con l’art.24, comma 2, legge n. 196 del 1997 (in deroga all’art. 40, primo comma, n.6 r.d.l. n.1827 del 1935 cit. conv. in legge n.1155 del 1936 e successive modificazioni), e l’ha esclusa, espressamente (comma 5 dell’art. 24 cit.), per i soci delle cooperative di cui al d.P.R. n.602.
18. Per completezza espositiva, va richiamato anche il testo del comma 4 del predetto articolo 24, invocato, dalla parte ricorrente a suffragio della censura alla sentenza impugnata, dei seguente tenore: «Le disposizioni in materia di indennità di mobilità nonché di trattamento speciale di disoccupazione edile si sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, si intendono estese ai soci lavoratori delle cooperative di lavoro svolgenti le attività comprese nei settori produttivi rientranti nel campo di applicazione della disciplina, relativa all’indennità di mobilità stessa soggette agli obblighi della correlativa contribuzione. L’espletamento della relativa procedura di mobilità, estesa dall’articolo 8, comma 2, del decreto- legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, deve essere preceduto dall’approvazione, da parte dell’assemblea, del programma di mobilità. Conservano la loro efficacia ai fini delle relative prestazioni i contributi versati antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge».
19. Se al centro della disposizione normativa appena evocata vi sono i soci lavoratori delle cooperative di lavoro «svolgenti le attività comprese nei settori produttivi rientranti nel campo di applicazione della disciplina», il parametro adottato dal legislatore, di privilegiare il settore produttivo dell’attività svolta dalla cooperativa, viene poi corretto, anzi delimitato, con il successivo comma 5 che predilige, nell’incipit, una tecnica linguistica di conferma di un precetto già presente nell’ordinamento: «È confermata l’esclusione dall’assicurazione di cui al comma 2 dei soci delle cooperative rientranti nella disciplina di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602, nonché dei soci di categorie di cooperative espressamente escluse dalla predetta assicurazione».
20. Il successivo comma 6 dell’art. 24 ha introdotto un termine di validità delle predette disposizioni «fino all’emanazione della disciplina sulla definizione degli ammortizzatori sociali per i soci lavoratori di società cooperative».
21. La legge di delegazione n. 142 del 2001 ha sottoposto a revisione la legislazione in materia cooperativistica e ha dettato (art.4, comma 3) criteri e principi direttivi per l’equiparazione della contribuzione previdenziale e assistenziale dei soci lavoratori di cooperativa a quella dei lavoratori dipendenti da impresa (lett. a) e la gradualità, da attuarsi anche tenendo conto delle differenze settoriali e territoriali, nell’equiparazione di cui alla lettera a) in un periodo non superiore a cinque anni (lett. b).
22. Ratio della delega enunciata nella legge n. 142 è stata, in altri termini, la riforma previdenziale delle cooperative che erogano i contributi su un imponibile convenzionale determinato con decreto ministeriale (in riferimento alle attività varie di cui al D.P.R. n. 602) in vista della equiparazione, con gradualità, della contribuzione a quella dei lavoratori dipendenti sottesa al riconoscimento del trattamento economico complessivo percepito dal socio lavoratore dipendente come imponibile previdenziale.
23. Nell’esercizio della potestà legislativa delegata, il decreto legislativo n.423 del 2001, nel definire l’ambito di applicazione, ha indicato i «lavoratori soci degli organismi associativi individuati dall’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602, e successive modificazioni, che svolgono le attività di cui all’elenco allegato al decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale in data 3 dicembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 20 dicembre 1999», quali destinatari delle forme di previdenza e di assistenza sociale descritte nella stessa norma («a) assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti; b) assicurazione per l’assegno per il nucleo familiare; c) assicurazione per le prestazioni economiche di malattia e maternità; d) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali»(art. 1, comma 1, d.lgs. n. 423 cit.).
24. Solo dopo un decennio dalle accennate disposizioni il legislatore è intervenuto, con la riforma degli ammortizzatori sociali, legge n.92 del 2012, con effetto dal primo gennaio 2013, per estendere l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria ai soci lavoratori delle società cooperative di cui al d.P.R. n.602 cit., ampliando le tutele assicurative ivi elencate, con l’aggiunta dell’«Assicurazione sociale per l’impiego» (art. 2, co. 38, legge n. 92 del 2012 cit.).
25. Con la stessa riforma del 2012 il legislatore ha esteso il campo di applicazione della disciplina del trattamento straordinario di integrazione salariale (art. 3, comma 1, legge n.92 cit.) aggiungendo il comma 3-bis all’art. 12 della legge n. 223, recante analitica indicazione delle imprese oggetto dell’intervento normativo estensivo, imprese esercenti attività i cui dipendenti non erano coperti, prima di allora, dalla predetta protezione previdenziale.
26. Si tratta, fra le altre, solo per citarne alcune, delle imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti, attività pur rientrante, fra le altre, nel novero delle attività svolte dalle cooperative allegate al decreto presidenziale n. 602 e dunque accomunate dalla medesima attività, distinta soltanto dalla forma cooperativa delle imprese per le quali soltanto, portando ad ulteriori conseguenze la tesi patrocinata dalla parte ricorrente, la protezione previdenziale avrebbe preceduto la legislazione Intervenuta nel 2012.
27. Infine, per chiudere la cornice normativa fin qui illustrata, la tutela previdenziale introdotta a decorrere dal 2013 ha reso necessaria l’emanazione di disposizioni transitorie volte a disciplinare l’entità della contribuzione e della prestazione, graduandone le modalità applicative (art.2, co. 27, ultimo periodo, legge n. 92 cit.; artt. 1 e 2 d.m. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n.71253 del 2013).
28. Dal complesso compendio normativo esposto risulta evidente l’assenza di protezione dalla disoccupazione involontaria per i soci lavoratori delle società ed enti cooperativi esercenti le attività indicate nell’allegato al d.P.R. n. 602, colmata solo con interventi legislativi e disposizioni di rango subprimario con effetto graduale dal 2013.
29. L’argomento difensivo incentrato sulla deroga a tale esclusione introdotta nell’ordinamento fin dal 2001, con la disciplina generale della legge n.142 del 2001, non risulta persuasivo, considerato che, come già esposto, la legge di delegazione si è limitata ad introdurre principi e criteri direttivi ai quali si è conformato il legislatore delegato che, fin dal primo articolo, ha ben chiarito l’ambito di applicazione dell’intervento normativo, lasciando inalterati eventi protetti e tutele assicurative interessate dall’applicazione delle nuove disposizioni: «Le norme del presente decreto disciplinano per i lavoratori soci degli organismi associativi individuati dall’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602, e successive modificazioni, che svolgono le attività di cui all’elenco allegato al decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale in data 3 dicembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 20 dicembre 1999, la contribuzione previdenziale ed assistenziale dovuta agli enti previdenziali interessati per le seguenti forme di previdenza e di assistenza sociale: a) assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti; b) assicurazione per l’assegno per il nucleo familiare; c) assicurazione per le prestazioni economiche di malattia e maternità; d) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali».
30. Proprio l’esplicito intervento riformatore del 2012 testimonia l’esistenza di un pregresso contesto normativo che il legislatore ha inteso mutare con norme destinate a produrre effetti, secondo i principi generali, solo per il tempo successivo alla sua entrata in vigore.
31. Neanche si condivide la lettura dei commi 4 e 5 dell’art. 24 della legge n.196 del 1997 volta a privilegiare i diversi ambiti e la specialità degli enunciati normativi in riferimento all’indennità di mobilità (comma 4) e al trattamento ordinario di disoccupazione (comma 5), trattandosi di prestazioni previdenziali che, seppur protese verso distinti eventi protetti, sono state ricondotte nel medesimo alveo attraverso il rinvio alla stessa regolazione, come recita l’art. 7, comma 12, della legge n. 223 cit.
32. L’indennità di disoccupazione e l’indennità di mobilità presentano, nella finalità e nella struttura, evidenti analogie, rientrando entrambe nel più ampio genus degli ammortizzatori sociali contro lo stato di bisogno dovuto alla disoccupazione (v., fra le altre, Cass. n.20520 del 2015 e i precedenti ivi citati, fra cui Corte cost. nn. 184 del 2000 e 234 del 2011) e si risolverebbe in un’antinomia del sistema considerare la categoria di soci di cooperative dei quali qui si parla, e nel periodo temporale in esame, esclusi dall’ambito di tutela del generale trattamento contro la disoccupazione (indennità di disoccupazione ordinaria) e tutelabili, invece, con il trattamento speciale contro la disoccupazione involontaria (indennità di mobilità).
33. Neanche avvalora la tesi del ricorrente il richiamato precedente di questa Corte, sentenza n.14073 del 2007, incentrato sull’applicazione dell’art. 24, comma 2, legge n.196 cit. che ha ritenuto, anche in mancanza di una previsione retroattiva della norma, sussistente la tutela contro la disoccupazione per i soci lavoratori retribuiti in misura fissa, posto che, nel ricorso all’esame il concreto atteggiarsi del rapporto e la relativa remunerazione risultano questioni di fatto del tutto estranee al thema decidendum.
34. Al riguardo va ribadito che il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, denunciabile mediante ricorso per cassazione, ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione (che può concernere soltanto una questione di fatto e mai di diritto) posta dal giudice a fondamento della decisione (vale a dire del processo di sussunzione), sicché quest’ultimo, nell’ambito del sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto, presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata; al contrario, il sindacato di legittimità sulla motivazione, oggetto della novella al codice di rito interpretata quale riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione (v., per tutte, Cass. Sez. U., n. 8053 del 2014), coinvolge un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti (ipotesi non ricorrente nel caso all’esame).
35. La sussunzione del fatto incontroverso nell’ipotesi normativa è soggetta al controllo di legittimità, l’accertamento del fatto controverso e la sua valutazione (rimessi all’apprezzamento del giudice di merito) ineriscono ad un vizio motivo limitato all’omesso esame di un fatto storico decisivo (nel testo applicabile ratione temporis), vizio nella vicenda all’esame non devoluto in questa sede di legittimità.
36. In definitiva, l’esclusione dei soci lavoratori delle società e degli enti cooperativi esercenti le attività indicate nell’elenco allegato al d.P.R. n.602 (facchinaggio, trasporto di persone e di merci, preliminari, complementari ed accessorie alle predette e attività varie, quali servizi di guardia e terra, a mare, o campestre, polizia ed investigazioni private e simili) dall’assicurazione generale contro la disoccupazione involontaria fino al 2012, comportava l’insussistenza della prestazione previdenziale e della correlativa obbligazione contributiva.
37. A tanto seguiva anche l’esclusione della categoria di soci lavoratori dei quali si discute dall’ambito di applicazione dell’art. 16, comma 2, lett. a) legge n.223 del 1991, nella versione applicabile ratione temporis, giacché, in aggiunta a quanto sin qui detto, detta disposizione, per la copertura dell’indennità di mobilità contestualmente introdotta, ha posto parte degli oneri economici a carico del datore di lavoro, rapportando l’obbligazione contributiva alla misura percentuale dello 0,30 per cento «delle retribuzioni assoggettate al contributo integrativo per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria».
38. Dunque, solo la preesistente presenza dell’obbligazione contributiva integrativa per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria costituisce condizione prodromica per accedere, nella vicenda all’esame, al trattamento di mobilità, trattandosi di parametro oggettivo di computo dell’obbligazione contributiva, a carico del datore di lavoro, scelto dal legislatore.
39. Neanche si ravvisano i denunciati profili di non conformità a principi costituzionali, considerato che rientra nella discrezionalità del legislatore limitare la tutela nei confronti della disoccupazione involontaria in base alla natura e alle peculiari caratteristiche dell’attività lavorativa espletata.
40. Il terzo mezzo d’impugnazione, in tutti i profili di censura, è da rigettare per l’assorbente rilievo che costituisce principio consolidato l’irrilevanza del versamento, e della relativa contribuzione, al fine di ottenere prestazioni previdenziali da parte di soggetti non assicurabili (cfr., fra le tante, Cass. n.17273 del 2013).
41. In conclusione, correttamente la Corte territoriale non ha considerato il periodo di lavoro svolto dall’attuale intimato alle dipendenze della cooperativa esercente una delle attività indicate nel d.P.R. n. 602 come utile per poter riconoscere sussistenti i requisiti per l’erogazione dell’indennità di mobilità richiesta.
42. L’evidente problematicità della questione, il complesso contesto normativo e l’assenza di specifici precedenti interventi nomofilattici di questa Corte consigliano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
43. Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater, d.P.R. n.115 del 2002, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,comma 1 – bis, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; spese compensate. Ai sensi dell’art.13,comma 1-quater, d.P.R.n.115 del 2002, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13,comma 1 -bis, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.
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