COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE LOMBARDIA – Sentenza 14 maggio 2020, n. 772
Tributi – Imposta di registro – Trasferimento del ramo d’azienda – Valore – Determinazione – Avviamento
Fatto e Diritto
L’Agenzia Entrate – Direzione Provinciale Il di Milano – ha proposto appello avverso la sentenza della CTP che, in accoglimento dei ricorsi riuniti dei contribuenti l. spa con sede in A. (cedente) e C. spa con sede in T. (acquirente) aveva annullato l’avviso di rettifica e liquidazione in rubrica indicato, recante la pretesa di Euro 555.600 – a titolo di maggior imposta di registro accertata, Euro 12.466,75 per interessi sulla stessa ed Euro 555.600 – per sanzioni ex art. 71 DPR1986/131.
La ripresa fiscale corrispondeva all’accertamento dell’importo di Euro 20.703.226 – (di cui Euro 18.520.016 – a titolo di avviamento) quale valore venale del ramo d’azienda dichiarato pari ad Euro 2.183.210 – nell’atto di trasferimento tra le ricorrenti datato 30 giugno 2016, registrato presso l’Ufficio Territoriale di M. 2 il 5 luglio 2016.
L’impugnazione lamenta la erroneità delle valutazioni dei primi giudici, che avevano evidenziato l’assenza di elementi a suffragio della importante ripresa valoriale (pari a 18 milioni e mezza di Éuro ) per la voce avviamento, e ripropone la tesi della superiore attendibilità del metodo redditual/patrimoniale adoperato nell’accertamento per la stima della componente avviamento rispetto alla metodologia finanziaria e prospettica esposta dalle parti ricorrenti quale spiegazione del valore di cessione dichiarato.
Questa Commissione ritiene, considerati i documenti e gli argomenti allegati in causa, che la sentenza di primo grado sia ragionevole esito dei fatti provati e che la accampata pretesa fiscale presenti connotazioni oggettivamente irrealistiche e carenti di fondamento.
Il ramo d’azienda oggetto del trasferimento in questione consisteva nel servizio di directory assistance contraddistinto dalla numerazione telefonica “12.54”, per la fornitura via telefono a fronte di chiamate a pagamento di informazioni riguardo agli indirizzi e numeri telefonici di rete fissa di persone ed organizzazioni abbonate alla rete stessa -servizio reso esclusivamente in lingua italiana. La CTP rilevava pertanto – e questo Collegio condivide l’osservazione – che il servizio directory assistance esprimeva un business certamente declinante, considerata la gagliarda concorrenza dell’offerta gratuita delle stesse notizie in internet resa sempre più fruibile dalla diffusione dei dispositivi tablet e smart-phone e delle competenze all’accesso nel mercato online.
Tale specifica condizione di contrazione del mercato alla data della cessione d’azienda – specificatamente asseverata dai dati declinanti ( fatturato complessivo delle aziende del settore in diminuzione del 20% annuo, dagli 85 milioni del 2012 ai 45 milioni del 2014 ) valutati dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che aveva supervisionato e controllato l’operazione commerciale – non trovava alcun adeguato riscontro nella metodologia dell’accertamento, totalmente incentrata sul dato storico della redditualità pregressa per inferirne matematicamente un valore di avviamento ormai anacronistico.
Depongono ancora nel senso di conferma della congruità del valore di cessione dichiarato, sia la formazione del prezzo in una asta controllata da AGCM, gestita da un advisor indipendente mediante interpello pubblicato su Il Sole 24 ore, esteso a 33 imprese potenzialmente interessate e definito dalla ricezione di 4 offerte – 3 irrevocabili ed attestate su valori similari – tra cui si è individuata la migliore ( Euro 2 milioni ), secondo un trasparente sistema competitivo che ha garantito la formazione del prezzo alle effettive condizioni di mercato, che la corrispondenza del valore dichiarato con la procedura contabile di Purchase Price Allocation formata nel 2013 e sfociata all’epoca nella definizione in Euro 3.500.000- (al lordo passività per imposte differite ) del valore del marchio” 12.54″, rappresentativo in sostanza di tutto il valore del ramo ceduto.
Le ragioni esposte impongono la conferma della sentenza impugnata. Ne consegue l’addebito delle spese di lite all’ Agenzia soccombente, come da liquidazione in dispositivo.
P.Q.M.
Conferma la sentenza di I grado. Condanna l’Ufficio alla spese di lite, liquidate in Euro 10.000,00 per ciascuna parte privata, oltre oneri di legge.
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