CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 ottobre 2020, n. 22846
Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico – Redditometro – Beni-indice di capacità contributiva – Incongruenza del reddito dichiarato – Presunzione di redditi non dichiarati – Onere di prova contraria
Ritenuto che
Con sentenza n. 627/22/14, depositata il 10/04/2014, non notificata, la CTR del Veneto accolse l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Mestre, che aveva accolto il ricorso del contribuente, Onorato Orlando F., avverso gli avvisi di accertamento per gli anni 2006, 2007, 2008, con i quali l’Ufficio aveva determinato, con metodo sintetico, ai fini IRPEF e relative addizionali, un maggior reddito imponibile rispetto a quello dichiarato.
Avverso la sentenza della CTR, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a dodici motivi,così rubricati:
<<1. Art. 360 comma 1, n. 3, cod. proc. civ.: violazione degli articoli 113 cod. proc. civ., 36 d.lgs. n. 546 del 1992 laddove la commissione regionale ricorre a valutazioni equitative.
2. Art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.: violazione degli artt. 5, 6,7, 10 e 12 della legge n. 212 del 2000 e dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, laddove la commissione tributaria regionale del Veneto ritiene che non sia necessario garantire al contribuente, prima dell’immissione dell’avviso di accertamento, il diritto al contraddittorio.
Violazione del principio, immanente dell’obbligatorietà del contraddittorio preventivo anticipato.
3. Art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.: nullità della sentenza de! procedimento. Violazione degli artt. 116 del cod.proc.civ. e 2697 cod. civ. e 36 d.lgs. n. 546 del 1992, laddove la commissione tributaria regionale non ha valorizzato l’archiviazione del procedimento penale.
4. Art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.: violazione dell’art. 38 del d.p.r. n. 600 del 1973 laddove la commissione tributaria regionale non prende atto che le presunzioni utilizzate con l’accertamento sintetico hanno natura di presunzioni semplici non legali.
5. Art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.:nullità della sentenza violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, per contraddittorietà della motivazione.
6. Art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.:violazione dell’articolo 38 del d.p.r. n. 600 del 1973 e degli artt. 24 e 53 della Cost., laddove la commissione tributaria regionale non prende atto delle spese effettive per la gestione dell’imbarcazione sono inferiori rispetto a quelle presunte con la mera applicazione della tabella contenuta nel Dm 10 settembre 1992.
7. Art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.:violazione dell’articolo 38 del d.p.r. n. 600 del 1973 e dell’art. 97 della Cost. laddove la commissione tributaria regionale non prende atto che le spese di leasing per l’acquisto dell’imbarcazione sono da considerare incrementi patrimoniali.
8. Art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.: violazione dell’articolo 38 del d.p.r. n. 600 del 1973 e dell’art. 97 della Cost. laddove la commissione tributaria regionale ridetermina il maggior reddito accertabile in capo al signor F. senza tener conto del reddito prodotto dalla coniuge del signor F..
9. Art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.: nullità della sentenza e del procedimento. Violazione degli artt. 112 e 116 cod. proc. civ. laddove la commissione tributaria regionale del Veneto non ha applicato il principio di non contestazione non pronunciandosi sul punto.
10. Art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.: violazione dell’articolo 38, comma 6, del d.p.r. n. 600 del 1973 laddove la commissione tributaria regionale non prende atto dei disinvestimenti effettuati dal signor F.
11. Art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.: nullità della sentenza e del procedimento. Violazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 cod. proc. civ. laddove la commissione tributaria regionale non ha risposto a tutte le domande formulate dal signor F. in merito alla legittimità dello strumento del redditometro.
12. Art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.: nullità della sentenza e del procedimento. Violazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 cod. proc. civ. laddove la commissione tributaria regionale non ha risposto a tutte le domande formulate dal signor F..».
Resiste con controricorso l’Amministrazione finanziaria.
Il contribuente, in prossimità dell’udienza camerale, ha presentato memoria ex art. 380-bis 1, cod. proc. civ..
Considerato che
1. La Commissione Tributaria Regionale, sul presupposto che «la determinazione del reddito effettuata sulla base dell’applicazione del redditometro e, quindi, con l’applicazione di una presunzione semplice, dispensa l’amministrazione dall’onere di ulteriore prova rispetto ai fatti posti a base della pretesa tributaria, e pone a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto, sulla base del redditometro, non esiste, ovvero esiste in misura inferiore» (v. sentenza pagina 4 secondo cpv.), ha ritenuto che le spese relative all’imbarcazione non fossero conformi al reddito dichiarato; che il reddito del coniuge, in regime di separazione dei beni, era così modesto da non riuscire ad integrare il reddito del ricorrente neanche per le sole spese di abbigliamento; che il disinvestimento dei titoli ed i relativi introiti non erano documentati circa l’uso dell’importo di cui al disinvestimento, né circa le movimentazioni.
Alla luce di tali elementi circostanziali i secondi giudici hanno, quindi, ritenuto legittima la determinazione induttiva del reddito operata dall’Ufficio ed insufficiente la controprova offerta dal contribuente per superare gli indici di disponibilità economica posti a base dell’accertamento.
2. Prima di esaminare nello specifico i dodici motivi di gravame, appare opportuno richiamare gli esiti della giurisprudenza di questa Corte in materia di accertamento sintetico e, segnatamente, delle regole di riparto dell’onere probatorio.
3. In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, questa Corte ha chiarito che l’Amministrazione finanziaria, sia per i tributi armonizzati che per quelli non armonizzati, è, si, gravata dall’obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto, ma sempre che tale obbligo risulti specificamente sancito (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 701 del 15/01/2019, Rv. 652456-01, seguita da Sez. 5, Sentenza n. 22644 del 11/09/2019, Rv. 655048-01; v. altresì, Sez. U. n. 24823 del 2015, Rv. 637604 – 01; cfr. sez 6-5- n. 6219 del 2018, Rv. 647328-01; n. 27421 del 2018 Rv. 65143701). Per l’accertamento sintetico di cui all’articolo 38, comma 7, del d.p.r. n. 600 del 1973, tale prescrizione è stata introdotta dall’art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. in l. n. 122 del 2010, applicabile, però, solo dal periodo d’imposta 2009 (cfr. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11283 del 31/05/2016, Rv. 639865-01; n.21041 del 2014 Rv. 632519-01).
4. Il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità ha, altresì, affermato che la disciplina del “redditometro” introduce una presunzione legale relativa imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni «l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni.» (cfr. Cass. nn. Sez. 6-5, Ordinanza n. 17487 del 01/09/2016, Rv. 640989-01; n. 21335 del 2015, Rv. 637006-01, n. 930 del 2016, Rv. 638706-01). In tal senso è stato soggiunto che, benché l‘esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, resta individuata nei decreti, sicché l’Amministrazione è esonerata da qualunque ulteriore prova rispetto ad essi, ciò non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta e, più in generale, che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 21142 del 19/10/2016, Rv. 641453-01; n. 16912 del 2016, Rv. 64096801).
5. Questa Corte di Cassazione ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria offerta da contribuente per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente «sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere» (cfr. Cass. n. Sez. 6-5, Ordinanza n. 12889 del 2018; Cass. n. 12207 del 2017; Cass. n. 1332 del 2016; Cass. n. 22944 del 2015; Cass. n. 14885 del 2015).
6. Quanto ai redditi dei terzi che contribuiscono a formare il reddito del contribuente, proprio perché nell’accertamento dei redditi con metodo sintetico, la disponibilità di beni-indice integra una presunzione legale di capacità contributiva, gravando il contribuente di provare la fonte non reddituale delle somme giustificative, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che la sintesi reddituale e la prova contraria devono essere esercitate in concreto, anche riguardo a qualificati vincoli familiari (sui quali, cfr. Cass. 17202/2006, Rv. 592319; Sez. 6 -5, Ordinanza n. 6195 del 14/03/2018, Rv. 647326-01). e a rapporti societari (sui quali, cfr. Cass. 12448 del 2011, Rv. 618423-01).
7. Orbene, alla luce di tali principi, risultano infondati tutti i motivi di ricorso, per le ragioni qui di seguito esposte.
8. Il primo motivo è totalmente infondato, non avendo affatto i secondi giudici fatto ricorso alla valutazione equitativa, ma avendo, esaminato, sulla scorta di specifici elementi circostanziali, le prove offerte dal contribuente e la loro inidoneità a scalfire le presunzioni legali [semplici] di cui ai tre avvisi di accertamento.
9. Il secondo motivo di gravame, con il quale il contribuente deduce l’illegittimità della sentenza per aver negato l’obbligatorietà del preventivo contraddittorio, risulta infondato considerando quanto evidenziato ai precedente paragrafo n. 3, e che cioè, poiché, per l’accertamento sintetico di cui all’articolo 38, comma 7, del d.p.r. n. 600 del 1973, la prescrizione del contraddittorio preventivo è stata introdotta dall’art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. in l. n. 122 del 2010, applicabile solo dal periodo d’imposta 2009, nella specie, trattandosi di accertamenti relativi a precedenti annualità (annualità 2006-2007-2008), l’accertamento è legittimo anche senza l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale. (Sez. 6 -5, Ordinanza n. 11283 del 31/05/2016, Rv. 639865-01; n. 21041 del 2014, Rv. 632519-01).
10. I motivi terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo, undicesimo e dodicesimo, si esaminano congiuntamente in quanto rappresentano frammentazione di una stessa censura. Essi sono infondati per le ragioni di cui appresso.
11. Posto che, in base ai principi su esposti, il giudice di secondo grado era tenuto (liberamente) a valutare tanto l’applicabilità degli indici di capacità contributiva al caso concreto quanto la controprova offerta dal contribuente, la sentenza impugnata ha argomentato sul come la prova contraria fosse inidonea a scalfire la legittimità dell’accertamento e ciò ha fatto attraverso elementi concreti di confronto tra i predetti parametri e le prove a contrario.
12. Risultano, dunque, infondate le doglianze del ricorrente relative alla violazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, del principio di non contestazione, e, quindi, delle regole di valutazione della prova inferenziale (motivi nn. 3, 4, 5, 7, 10), atteso che, la CTR non ha mancato affatto di considerare se i fatti allegati dal contribuente fossero supportati da validi riscontri probatori e documentali, conformandosi all’orientamento univoco di questa Corte, secondo cui a paralizzare l’applicabilità degli standards non è sufficiente la sola allegazione, ossia la sola affermazione dell’esistenza di circostanze idonee in astratto a contrastare la presunzione di maggior reddito, ma occorre addurre circostanze idonee a giustificare il reddito inferiore a quello che sarebbe normale secondo gli indici di reddività.
13. Quanto alle specifiche doglianze di cui al terzo motivo (error in procedendo per mancata considerazione dell’archiviazione in sede penale del procedimento in capo al F.), pur confermando la legittima utilizzabilità degli atti del procedimento penale nel giudizio tributario e, quindi, degli atti relativi, all’indagine preliminare, la sentenza non ha affatto commesso l’errore denunciato, considerato che finanche nel caso di sentenza penale irrevocabile di condanna, non v’è alcun automatismo di giudicato, dovendo il giudice tributario procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio (cfr., Sez. 6-5, Ordinanza n. 28174 del 24/11/2017, Rv. 646971-01).
14. Egualmente per la conformità dell’accertamento sintetico ai principi costituzionali (motivo n. 6 e, in parte il motivo n. 8), la CTR ha avuto cura di precisare che «il tema della legittimità del redditometro è già stato affrontato e risolto dalla giurisprudenza, anche della Corte costituzionale», argomentazione corretta e che si condivide anche in questa sede. Si ribadisce che il consolidato indirizzo della Corte – secondo cui l’art. 38 cit., nella formulazione vigente all’epoca degli accertamenti (anno 2009), prevedeva la possibilità dell’emanazione di decreti ministeriali volti a disciplinare la valutazione, in concreto, dei beni del contribuente, nel momento in cui l’Ufficio esaminava la sua dichiarazione per verificarne l’attendibilità, con riferimento alla capacità contributiva- ritiene che detti decreti assolvono ad una funzione meramente accertativa e probatoria, senza avere natura sostanziale, poiché non contengono norme per la determinazione del reddito (Cass. 19/04/2013, n. 9539), il che esclude, in sé, l’ipotizzata lesione degli artt. 24, 53 Cost., stante l’orientamento nomofilattico di questa Corte, su già richiamato secondo cui: «l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, oltre che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, anche che, più in generale, il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore» (cfr. sez. 5, n. 20588 del 2005, riportata da sez. 5, Sentenza 24/04/2018, n. 10037).
15. Sull’inidoneità dei redditi del coniuge ad influire sulla capacità reddituale del F. (ottavo motivo), i principi di diritto su riportati, secondo cui la formale intestazione a terzi dei beni-indice non rende di per sé inoperante la presunzione legale di capacità contributiva, ove il contribuente non dimostri che la concreta posizione dei terzi intestatari (come il coniuge) abbia interferito concretamente ad integrare il reddito oggetto di accertamento, sono stati rispettati dalla CTR che, in seguito ad un accertamento di merito, insindacabile in questa sede, ha escluso che il reddito del coniuge del F. potesse concretamente influire, in aumento, sul reddito dichiarato, in quanto così modesto da “non riuscire a coprire neppure le sole spese ordinarie di abbigliamento”.
16. Quanto alla dedotta violazione del principio di non contestazione (motivo n. 9), al contrario di quanto censurato dal contribuente, dalla lettura della sentenza emerge come il rimando in essa operato all’inattendibilità e al difetto di prova delle giustificazioni addotte dal contribuente (v. pagina n. 4 della sentenza impugnata) sia, in realtà, frutto di una valutazione che ha tenuto conto dell’esito delle contestazioni dell’Amministrazione nel confronto con le difese del contribuente e quindi, anche e per implicito, del principio di non contestazione.
17. Le stesse considerazioni valgono per spiegare l’infondatezza dell’undicesimo e del dodicesimo motivo, peraltro, assorbiti dall’esame dei precedenti.
18. Il ricorso va dunque integralmente rigettato.
19. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
20. Ai sensi dell’art. 13, comma quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in complessivi euro 7.800,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
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