CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 giugno 2021, n. 18434
Tributi – Riscossione – Comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria – Debiti tributari da cartelle di pagamento divenute definitive – Prescrizione – Termini
Fatti di causa
1. R.C. impugnava la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria ex art. 77 d.P.R. n. 602/73 eccependo la prescrizione delle pretese tributarie relative a imposte dirette, diritti della camera di Commercio, oneri consortili e tasse auto, recate dalle sottese cartelle.
La CTP di Salerno respingeva il ricorso.
Proposto appello dalla contribuente, la CTR della Campania lo accoglieva sul rilievo che, alla luce della pronuncia delle S.U. n. 23397/2016, la definitività dell’atto impositivo rende irretrattabile il credito ma non determina l’effetto della conversione del termine di prescrizione breve in quello decennale ordinario, ai sensi dell’art. 2953 c.c..Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre opposizione non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo. In aggiunta, osservava che in assenza di una specifica norma che disciplina la prescrizione dei crediti – ad eccezione del contributo sanitario che si prescrive in tre anni ex art. 5 comma 51 I. n. 953/82 – troverebbe applicazione il termine decennale; tuttavia, trattandosi di somme che devono essere pagate con cadenza annuale o infrannuale troverebbe applicazione il termine di prescrizione quinquennale, affermando, di conseguenza, la prescrizione di una parte dei crediti recati dalle cartelle.
La società concessionaria ricorre sulla base di due motivi per la cassazione della sentenza n. 8110/2017, depositata il 3.10.2017, limitando le censure ai capi della sentenza relativi alla prescrizione delle pretese tributarie, senza attingere la pronuncia di carenza di giurisdizione relativa alle pretese recate dalle cartelle indicate nella decisione della CTR della Campania.
Si costituisce con controricorso e ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate aderendo alla censura proposta dalla concessionaria.
Ragioni della decisione
2. Con il primo motivo, la concessionaria lamenta la violazione dell’art. 2946 c.c., ex art. 360, n. 3, c.p.c; per avere i giudici regionali applicato il termine prescrizionale quinquennale alle imposte dirette (iva, irepf, irap), anziché quello decennale di cui all’art. 2946 c.c.; deducendo che i crediti( relativi ad imposte dirette, contributi sanitari e tasse auto) portati dalle cartelle notificate rispettivamente il 12.10.2005 ed il 14.04.2009 non potevano ritenersi prescritti.
3. Con la seconda censura, si lamenta la violazione degli artt. 2946 e 2953 c.c. ex art. 360, n. 3, c.p.c. per avere il giudicante richiamato la sentenza delle S.U. e non quella successiva della Corte di cassazione del 2017 n. 3095 secondo la quale, una volta divenuta intangibile, la pretesa contributiva, il credito non è più soggetto a prescrizione, potendo prescrivere solo l’azione esecutiva per cui trova applicazione il disposto dell’art. 2953 c.c..
4. Con ricorso incidentale, l’Agenzia delle entrate aderisce alla censura di violazione degli artt. 2946 e 2953 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., ritenendo applicabile il termine prescrizionale decennale.
5. I motivi del ricorso principale – che involgendo questioni strettamente connessi, possono essere scrutinati congiuntamente – sono fondati.
5.1 Come ribadito dalle S.U. n. 23397/2016, richiamate dalla ricorrente, la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 cod. civ.
Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato; ” principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.
Nel caso in esame, il termine prescrizionale previsto per la riscossione dell’IRPEF, dell’IVA e dell’IRAP è quello ordinario decennale, assumendo rilievo l’assenza di un’espressa previsione legislativa in materia, con conseguente applicabilità dell’art. 2946 c.c.; non potendo trovare applicazione il termine quinquennale previsto dall’art. 2948, comma 1, n. 4, c.c. “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti, bensì risente di nuove ed autonome valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi (Cass. n.12740/2020; n. 33266 del 2019; n. 32308 del 2019).
5.2 Le pretese tributarie relative alle cartelle notificate in materia di contributo sanitario nazionale sono anch’esse soggette al termine prescrizionale decennale, tenuto conto che la controversia concerne un tributo avente natura di imposta, e non di contributo previdenziale (le prestazioni del servizio sanitario nazionale non sono condizionate al pagamento del tributo, ma assunte quale indice di capacità contributiva)(V. Cass. n.26426/2010, in motiv.)
A tal ultimo proposito, questa Corte ha rimarcato con ordinanza n. 7224/2020, che dette pretese tributarie si estinguono per mancato esercizio del diritto nel termine di dieci anni non essendo previsto dalla normativa di settore un termine più breve.
5.3 Con l’ordinanza 20425/2017 la Cassazione, inoltre, ha ribadito ancora una volta il principio sancito dalle sezioni unite della Cassazione sopra citate per cui la prescrizione del bollo auto si realizza alla fine del terzo anno successivo a quello in cui era dovuto il pagamento, per effetto di quanto stabilito dall’art. 5 comma 51 del d.l. n. 953/1982, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 53/1983 e modificato dall’art. 3 del d.l. n. 2/1986 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 60/1986, con la conseguenza che la mancata impugnazione della cartella nei termini non determina l’applicabilità del termine ordinario di prescrizione in ordine alla successiva notifica dell’intimazione di pagamento.
Ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.
La sentenza impugnata, pur richiamando espressamente il principio di cui alla succitata Cass. SU n. 23397/16, non ne ha fatto corretta applicazione, facendo discendere, dalla mancata sussistenza di titolo giudiziale definitivo, la generalizzata applicazione della prescrizione quinquennale, che non consegue automaticamente all’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 2953 cod. civ., atteso che il giudice di merito, a fronte della mancata impugnazione delle cartelle, avrebbe dovuto distinguere secondo la disciplina sostanziale di prescrizione di ciascun tributo, trovando applicazione, in difetto di diverse disposizioni di legge, per i tributi erariali, il termine ordinario decennale di prescrizione secondo il disposto dell’art. 2946 cod. civ..
6. Quanto al ricorso incidentale adesivo, si osserva quanto segue.
Preliminarmente, occorre scrutinare la tempestività o meno del ricorso adesivo.
6.1 In primo luogo, giova premettere che è principio consolidato della giurisprudenza di legittimità il fatto che “nel processo tributario il contribuente che abbia individuato nel concessionario, piuttosto che nel titolare del credito tributario, il legittimato passivo, nei cui confronti dirigere l’impugnazione, non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore, onere che, tuttavia, grava sul convenuto, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio, in quanto non sussiste tra ente creditore e concessionario una fattispecie di litisconsorzio necessario, anche in ragione dell’estraneità del contribuente al rapporto (di responsabilità) tra l’esattore e l’ente impositore.”(Cass. n. 2141/2020; Cass. n. 2480/2020; Cass.n. 21220/2012). Con la conseguenza che se l’azione del contribuente per la contestazione della pretesa tributaria a mezzo dell’impugnazione dell’atto impositivo è svolta direttamente nei confronti dell’ente creditore, il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa (v. Cass. n. 21222 del 2006; S.U. n.16412/2007; Cass. n. n. 24789/2018); se la medesima azione è svolta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell’esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l’ente titolare del diritto di credito.
6.2 Del resto, le pronunce (anche di segno negativo) rese nei giudizi instaurati contro l’Agente della Riscossione spiegano effetti anche nei confronti dell’ente impositore, indipendentemente dalla sua partecipazione al processo, la quale deve essere sollecitata dall’Agente, a norma dell’art. 39 D.Igs. n. 112 del 1999 («nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi»), ma non costituisce requisito per l’opponibilità delle statuizioni. Diversamente opinando, per considerare inutiliter data la sentenza resa senza la partecipazione al giudizio dell’ente impositore, occorrerebbe ipotizzare un litisconsorzio necessario tra quest’ultimo e l’Agente della Riscossione, ma ciò si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza costante di legittimità (Cass., Sezioni Unite, Sentenza n. 16412 del 25/07/2007: «L’azione può essere svolta dal contribuente indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore»).
Inoltre, secondo la giurisprudenza di legittimità della Corte di Cassazione, l’Agente della Riscossione ha soltanto l’obbligo di effettuare all’ente impositore la denuntiatio litis ex art. 39 D.Igs. n. 112/1999 («con qualunque modalità», secondo Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 9250 del 03/04/2019), in mancanza della quale risponde in proprio della lite.
6.3 Peraltro, sarebbe illogico concludere che l’ente impositore possa fare proprio l’esito favorevole della lite e considerare inter alios – e inopponibile – quello sfavorevole, sia perché in quest’ultimo caso il contribuente non trarrebbe alcun concreto beneficio dalla decisione resa (dato che l’ente potrebbe sempre reiterare gli atti anche in caso di riconosciuta insussistenza della pretesa tributaria), sia – e soprattutto – perché si determinerebbe una situazione in cui l’ente impositore non avrebbe mai un effettivo interesse a partecipare alla lite a seguito di denuntiatio (posto che l’esito favorevole all’Agente della Riscossione gli gioverebbe mentre quello sfavorevole gli sarebbe inopponibile) ( v. Cass. n. 31476/ 2019; Cass. n. 13829 del 2008).
6.4 Tanto premesso, questa Corte ha avuto modo più volte di ripetere che qualora un atto, anche se denominato controricorso, non contesti il ricorso principale ma aderisca ad esso, deve qualificarsi come ricorso incidentale di tipo adesivo, con conseguente inapplicabilità dell’articolo 334 c.p.c. in tema di impugnazione incidentale tardiva; ciò non esclude che, nell’ipotesi di non contestazione del ricorso principale, quello incidentale possa contenere la richiesta di cassazione della sentenza impugnata per ragioni diverse da quelle fatte valere dal ricorrente in via principale, bastando in tal caso che il medesimo abbia rispettato per la sua proposizione il termine di cui all’articolo 327, comma 1, c.p.c. (Cass. 21 marzo 2007, n. 6807; Cass. 17 dicembre 2009, n. 26505). In altri termini le regole della impugnazione tardiva, in osservanza dell’art. 334 c.p.c. e in base al combinato disposto degli articoli 370 e 371 c.p.c., operano esclusivamente per l’impugnazione incidentale in senso stretto, e cioè proveniente dalla parte contro la quale è stata proposta l’impugnazione principale, solo alla quale è consentito presentare ricorso nelle forme e nei termini di quello incidentale, per l’interesse a contraddire e a presentare, contestualmente con il controricorso, l’eventuale ricorso incidentale anche tardivo.
6.5 Soccorre a tal proposito l’arresto delle S.U. n. 23903/2020 secondo il quale “allorquando in un unico giudizio in cause scindibili ed indipendenti sia proposto ricorso per cassazione da uno dei condebitori solidali, gli altri, per i quali sia ormai decorso il termine, non possono giovarsi dell’impugnazione incidentale tardiva, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., operando le forme ed i termini stabiliti da tale norma esclusivamente per l’impugnazione incidentale in senso stretto, ovvero per quella proveniente dalla parte “contro” la quale è stata proposta l’impugnazione principale, o per quella chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 c.p.c. ( in senso conforme Cass. n 17614 del 2020; n. 14596/2020; Cass. n. 21990 del 2015). In altri termini le regole della impugnazione tardiva, in osservanza dell’art. 334 c.p.c. e in base al combinato disposto degli articoli 370 e 371 c.p.c., operano esclusivamente per l’impugnazione incidentale in senso stretto, e cioè proveniente dalla parte contro la quale è stata proposta l’impugnazione principale, solo alla quale è consentito presentare ricorso nelle forme e nei termini di quello incidentale, per l’interesse a contraddire e a presentare, contestualmente con il controricorso, l’eventuale ricorso incidentale anche tardivo. Invece, quando il ricorso di una parte abbia contenuto adesivo a quello principale, non trovano applicazione i termini e le forme del ricorso incidentale (tardivo), dovendo invece osservarsi la disciplina dettata dall’articolo 325-327 c.p.c. per il ricorso autonomo, cui è altrettanto soggetto qualsiasi ricorso successivo al primo, che abbia valenza d’impugnazione incidentale, qualora investa un capo della sentenza non impugnato con il ricorso principale o lo investa per motivi diversi da quelli fatti valere con il ricorso principale (Cass. 24155/2017; Cass. n. 1120/2014; Cass. n. 20040/2015).
6.6 Al riguardo, questa Corte ha rimarcato che l’impugnazione incidentale tardiva, da qualunque parte provenga, va dichiarata inammissibile, laddove l’interesse alla sua proposizione non possa ritenersi insorto per effetto dell’impugnazione principale» (Cass. n. 12387/2016 e Cass. n. 6156/2018); dato che l’interesse dell’amministrazione finanziaria all’impugnazione non è sorto per effetto del ricorso della concessionaria (non diretto contro l’ente predetto), ma già in conseguenza dell’emanazione della sentenza, il “ricorso incidentale” avrebbe dovuto essere proposto nei termini ordinari di impugnazione, senza possibilità di usufruire dei termini previsti dall’art. 334 cod. proc. civ. per l’impugnazione incidentale tardiva, in quanto la parte che propone un ricorso incidentale adesivo a quello principale è tenuta a rispettare il termine per la proposizione del ricorso principale (cfr. Cass. n. 10367/2004, Cass. n. 6807/2007, Cass. n. 7049/2007, Cass. n. 1120/2014 e Cass. n. 20040/2015; n. 21990/2015; Cass. n. 12387/2016; Cass. n. 6156/2018; Cass.n. 17614/2020; Cass., sez. L. n. 16846/2020, in motiv.; Cass. n. 17614/2020, in motiv.; S.U. n. 23903 del 29/10/2020; Cass. n. 7353/2021,in motiv.);non può dunque consentirsi all’amministrazione finanziaria di “recuperare”, mediante il ricorso incidentale tardivo, la possibilità di effettuare un’impugnazione il cui interesse era già presente dal momento della pubblicazione della sentenza, tant’è che il motivo svolto replica quello proposto dalla concessionaria.
6.7 Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate, ricorrente in via incidentale adesiva, ha espressamente dichiarato di voler «confermare la fondatezza dell’avverso ricorso», senza spiegare ulteriori motivi di illegittimità del provvedimento impugnato, richiamando argomenti sovrapponibili a quelli già svolti dalla concessionaria.
A ciò resta soltanto da aggiungere che la sentenza impugnata è stata depositata il 3 ottobre 2017, mentre il controricorso adesivo è stato passato alla notifica il 28 maggio 2018, quando il termine di cui all’articolo 327 c.p.c. era ormai spirato (il precedente 3 aprile). Si tratta in definitiva di ricorso incidentale adesivo, cui non è applicabile l’articolo 334 c.p.c., e che è stato proposto dopo il decorso del termine lungo per l’impugnazione.
6.8 Il ricorso adesivo è pertanto inammissibile.
7. All’accoglimento dei motivi di ricorso principale segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio degli atti alla CTR della Campania, in diversa composizione, per il riesame della controversia.
Rilevato che risulta soccombente – per l’inammissibilità del ricorso adesivo – una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese del presente giudizio con riferimento al rapporto tra l’Agenzia delle Entrate e il contribuente.
P.Q.M
– Accoglie il ricorso principale proposto dalla concessionaria; dichiara inammissibile quello incidentale adesivo dell’amministrazione finanziaria; cassa la sentenza impugnata e rimette gli atti alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità:
– dichiara la compensazione delle spese di lite tra l’amministrazione finanziaria (ricorrente adesiva) e il contribuente.
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