AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 08 ottobre 2021, n. 693
Articolo 4, comma 1, decreto legge 28 giugno 1990, n. 167. Monitoraggio fiscale
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Il Sig. Tizio (di seguito, Istante), ha dichiarato di essere “in procinto di istituire in qualità di disponente un trust irrevocabile, non fittizio e discrezionale” con sede dell’amministrazione all’estero.
L’Istante assume come presupposto che il suddetto “trust sia fiscalmente residente all’estero”.
L’istituendo trust avrà quali beneficiari i soggetti appartenenti ad una classe di beneficiari, vale a dire i discendenti del disponente in linea retta (attualmente i figli minori dell’istante).
Ciò premesso, l’istante chiede se i beneficiari residenti in Italia “di un trust non fittizio e discrezionale” e “fiscalmente residente all’estero” siano tenuti alla compilazione del Quadro RW della dichiarazione dei redditi al fine di adempiere agli obblighi di monitoraggio di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni.
In caso di risposta positiva a questo primo quesito, l’Istante chiede se, l’eventuale incarico ad una società fiduciaria residente – “nell’interesse dei beneficiari ” e senza intestazione di ” amministrazione fiduciaria dei redditi e degli altri proventi del trust – avente ad oggetto i flussi reddituali e i proventi eventualmente percepiti dai beneficiari, consenta a questi ultimi di essere esonerati dalla compilazione del citato Quadro RW, previsto dall’articolo 4, comma 3, del decreto legge n. 167 del 1990.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene che, nell’ambito del trust, il titolare effettivo non sia tenuto al monitoraggio fiscale, se non è dimostrato che detto soggetto abbia alternativamente:
1. “titolarità diretta dell’investimento, per effetto della proprietà o altro diritto reale, che determina il possesso dei beni da parte del titolare;
2. “titolarità obbligatoria” dell’investimento per effetto di un diritto di credito sui beni e/o i relativi frutti.
Da tale ricostruzione l’Istante deduce che, al pari del trustee (che non vanta diritti reali, né diritti di credito sul patrimonio e sui redditi del trust, ma ha la detenzione dei beni per mere ragioni connesse al proprio ufficio), neanche il disponente e il guardiano sarebbero tenuti a monitorare l’investimento estero (non il disponente perché, con l’atto di dotazione, si spoglia dei beni segregati in trust e ne perde irrevocabilmente possesso e proprietà; non il guardiano perché questi è chiamato unicamente ad effettuare un controllo sulla gestione del trustee).
Quanto alla posizione del beneficiario, infine, sebbene esso sia senz’altro titolare dell’investimento e/o dell’attività finanziaria del trust, ai sensi della normativa sul contrasto al riciclaggio, tuttavia, l’Istante ritiene che siano tenuti al monitoraggio fiscale unicamente i beneficiari che vantano diritti di credito sui capitali segregati in trust e/o sui relativi redditi.
Ciò varrebbe tanto per i beneficiari finali di trust non discrezionale che vantano diritti di credito sul capitale, quanto per i beneficiari indicati dall’art. 73 del TUIR, che vantano diritti di credito sui redditi generati dal patrimonio del trust.
Da tali premesse, l’Istante deduce a contrario che i beneficiari residenti in Italia di trust irrevocabile e discrezionale non residente non dovrebbero essere tenuti a monitorare l’investimento estero, non essendo titolari di un diritto di credito verso il trust.
L’Istante, inoltre, quale legale rappresentante dei figli minori che rientrano nella classe dei beneficiari dell’istituendo trust, intende conferire un incarico di amministrazione fiduciaria senza intestazione nell’interesse dei propri figli minori avente ad oggetto i flussi reddituali e i proventi del trust che saranno eventualmente percepiti dai beneficiari stessi.
A parere, dell’Istante, in capo alla società fiduciaria, quindi, incomberà l’obbligo di:
– applicare e versare le ritenute alla fonte e le imposte sostitutive previste dalla normativa fiscale sui redditi generati dal trust non residente e tassabili, secondo la normativa interna, in capo al beneficiario residente;
– comunicare all’Amministrazione finanziaria tutte le operazioni e i dati fiscalmente rilevanti riferibili ai redditi e proventi percepiti dal beneficiario.
L’Istante precisa, infine, che l’utilità di tale contratto verrebbe meno sia qualora il beneficiario residente di un trust non residente, irrevocabile e discrezionale, non fosse tenuto al monitoraggio fiscale, sia nel caso in cui, essendovi tenuto, l’incarico fiduciario all’intermediario residente non fosse comunque idoneo a consentire l’esonero dall’obbligo di monitoraggio di cui all’articolo 4, comma 3, del decreto legge n. 167 del 1990.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In via preliminare, si fa presente che la qualificazione del trust come estero, “opaco” (con beneficiari di reddito non individuati) e non interposto non costituisce oggetto del presente interpello, la residenza estera, l’assenza di beneficiari di reddito individuati e l’effettività del costituendo trust costituiscono condizioni preliminari che si considerano presupposte, come rappresentato dall’Istante, senza che ciò possa costituire una conferma da parte della scrivente.
Trattandosi di interpello presentato ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera a), della legge 27 luglio 2000, n. 212, si prescinde, altresì, dall’individuazione di eventuali profili abusivi dell’operazione descritta.
Ciò premesso, la legge 6 agosto 2013, n. 97 e il d.lgs. 25 maggio 2017 n. 90 hanno apportato rilevanti modifiche al decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, recante la disciplina del cd. ” monitoraggio fiscale”.
In particolare, le modifiche hanno rafforzato la tesi in base alla quale sono tenuti alla dichiarazione delle attività estere non soltanto i possessori “formali” delle stesse e i soggetti che ne hanno la disponibilità, ma anche coloro che possono esserne considerati i “titolari effettivi”.
In forza l’attuale formulazione dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990, « Le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi.
Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i soggetti indicati nel precedente periodo che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, lettera pp), e dall’articolo 20 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni».
In particolare, il citato articolo 1, comma 2, lettera pp), del decreto legislativo n. 231 del 2007 dispone che per “titolare effettivo” si intende «la persona fisica o le persone fisiche, diverse dal cliente, nell’interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, il rapporto continuativo è instaurato, la prestazione professionale è resa o l’operazione è eseguita,».
Per effetto di tale modifica, sono entrati nell’ambito di applicazione del monitoraggio fiscale, soggetti, indicati come “titolari effettivi”, che, pur non disponendo direttamente del patrimonio o del reddito di entità quali i trust, sono coloro che in ultima istanza beneficiano delle attività dell’entità giuridica.
A seguito delle modifiche apportate con il decreto legislativo n. 90 del 2017, che ha recepito la Direttiva UE 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015 (IV Direttiva antiriciclaggio), la nuova definizione di titolare effettivo appare più ampia rispetto al passato, essendo venuti meno i previgenti riferimenti alle percentuali di attribuzione del patrimonio o del controllo pari o superiore al 25 per cento dell’entità giuridica.
Al riguardo, occorre evidenziare come, sebbene il caso in esame sembrerebbe riferirsi ad un trust estero opaco, senza quindi beneficiari di reddito individuati in Italia ai sensi del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), i beneficiari dello stesso risultano riconducibili ai “titolari effettivi” ai sensi della normativa antiriciclaggio contenuta nel decreto legislativo n. 231 del 2007.
Per quanto, infatti, il trust sia qualificato come “discrezionale”, non può non assumere rilevanza la presenza attuale di beneficiari che, per quanto variabili, risultano perfettamente individuati nell’atto di trust (discendenti in linea retta del disponente).
Di conseguenza, come precisato nella circolare 23 dicembre 2013, n. 38/E, in caso di detenzione di attività estere per il tramite di entità giuridiche, quali i trust, i beneficiari sono tenuti a dichiarare il valore complessivo degli investimenti detenuti all’estero dall’entità e delle attività estere di natura finanziaria ad essa intestate, nonché la percentuale di patrimonio nell’entità stessa. In tale ipotesi rilevano, in ogni caso, sia gli investimenti e le attività estere detenuti da entità ed istituti giuridici residenti in Italia, sia quelli detenuti da entità ed istituti giuridici esteri, indipendentemente dallo Stato estero in cui sono istituiti. In sostanza, si applica l’approccio look through anche se il trust è istituito in un Paese collaborativo.
Il medesimo documento di prassi, inoltre, al fine di agevolare l’adempimento dei suddetti obblighi dichiarativi, richiede al trustee di individuare i titolari effettivi degli investimenti e delle attività detenuti all’estero dal trust e comunicare agli stessi i dati utili per la compilazione del quadro RW : la quota di partecipazione al patrimonio, gli investimenti e le attività estere detenute anche indirettamente dal trust, la loro valorizzazione, nonché i dati identificativi dei soggetti esteri.
Tale conclusione appare coerente anche rispetto alle finalità della normativa in esame, ossia “monitorare” la consistenza delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero nel periodo d’imposta di riferimento, a prescindere dalla effettiva attribuzione del reddito.
Ciò posto, con riferimento alla possibilità di ritenere tali beneficiari eventualmente esonerati dalla disciplina sul monitoraggio fiscale degli investimenti e attività finanziarie esteri, ai sensi del citato art. 4, comma 3, del decreto legge n. 167 del 1990, si fa presente quanto segue.
Il citato comma 3 dell’articolo 4 dispone che «Gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi previsti nel comma 1 non sussistono per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, qualora i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività e contratti siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi».
La fattispecie delineata dalla norma citata è circoscritta ai casi in cui tra il fiduciante e la società fiduciaria sussista un rapporto di amministrazione, vale a dire un mandato all’esercizio degli atti giuridici finalizzati alla conservazione e allo sfruttamento del patrimonio amministrato, intervenendo anche nei flussi reddituali rivenienti dallo stesso.
Come evidenziato con la circolare n. 38/E del 2013, l’esonero è previsto:
1) per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari finanziari residenti;
2) per i contratti produttivi di redditi di natura finanziaria conclusi attraverso l’intervento degli intermediari finanziari residenti in qualità di controparti ovvero come mandatari di una delle controparti contrattuali;
3) per le attività finanziarie e patrimoniali i cui redditi siano riscossi attraverso l’intervento degli intermediari.
In tutti e tre i casi delineati, l’esonero dall’obbligo di monitoraggio compete a condizione che i redditi di natura finanziaria siano stati assoggettati a tassazione attraverso l’applicazione dell’imposta sostitutiva nell’ambito dei regimi del risparmio amministrato o gestito di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 o delle imposte sostitutive e delle ritenute a titolo d’imposta o d’acconto previste dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 o da altre disposizioni.
Nel caso di specie oggetto del rapporto fiduciario non sarebbe l’amministrazione di attività finanziarie e patrimoniali (che sono invece attribuite al trustee), ma la mera riscossione dei proventi attribuiti dal trust. Come chiarito nella citata circolare 38/E del 2013 non è sufficiente ai fini che qui rilevano che i flussi finanziari e i redditi delle attività oggetto di monitoraggio siano stati riscossi per il tramite di intermediari residenti, essendo stabilito che l’esclusione da monitoraggio è subordinato anche all’applicazione del prelievo da parte del soggetto che interviene nella riscossione dei predetti flussi.
Tenuto conto che nel caso di specie i redditi eventualmente distribuiti dal trust non potrebbero essere assoggettati a tassazione da parte della fiduciaria, non essendo previsto per tali redditi l’applicazione di un’imposta sostitutiva o di una ritenuta, si ritiene che il conferimento dell’incarico ad una società fiduciaria, residente come descritto nell’istanza, non possa comportare l’esonero dei beneficiari dalla disciplina sul monitoraggio fiscale degli investimenti e attività finanziarie estere, ai sensi del citato articolo 4, comma 3, del decreto legge n. 167 del 1990.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- Dossier titoli all'estero gestiti da una SIM – Regimi fiscali del risparmio amministrato e gestito, monitoraggio fiscale, imposta di bollo, comunicazioni – Artt. 6 e 7 decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, artt. 1 e 4, comma 3, decreto–legge 28…
- Disciplina del monitoraggio fiscale Decreto legge 28 giugno 1990, n. 167 - Risposta 30 ottobre 2020, n. 506 dell'Agenzia delle Entrate
- Residenza - Obblighi di monitoraggio fiscale e pagamento IVIE e IVAFE - Art. 4 decreto legge 28/06/1990, 167 e Art. 19, decreto legge 6/12/2011, n. 201 - Risposta 03 marzo 2022, n. 93 dell'Agenzia delle Entrate
- Peer to peer lending - Obblighi di monitoraggio fiscale e pagamento IVAFE - Art. 4, decreto legge 28/06/1990, n. 167 e Art. 19, decreto legge 6/12/2011, n. 201 - Risposta 24 marzo 2022, n. 155 dell'Agenzia delle Entrate
- Obblighi di monitoraggio fiscale relativi ad un ente non commerciale residente a Campione d’Italia - Art. 4 decreto legge 28 giugno 1990, n. 167 - Risposta 15 luglio 2019, n. 239 dell'Agenzia delle Entrate
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- ISA 2024: regime premiale (compensazioni fino a 70
Con il provvedimento n. 205127 del 22 aprile 2024 dell’Agenzia delle Entra…
- Legittima la sanzione disciplinare del dirigente p
La Corte di Cassazione. sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8642 depositata…
- Valido l’accordo collettivo aziendale che li
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10213 depositat…
- Non è configurabile l’aggravante del reato d
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 17140 depositata il 2…
- Il giudice non può integrare il decreto di sequest
Il giudice non può integrare il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla…