COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Bari sentenza n. 224 sez. 6 del 3 febbraio 2015
ACCERTAMENTO – REDDITO DI PARTECIPAZIONE – DIFESA DEL SOCIO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Bari in data 12.9.2012 notificava alla Signora (…), quale socia al 30% della (…) l’avviso di accertamento n. (…) con il quale, sulla scorta del reddito accertato dall’Agenzia delle Entrate di Firenze a carico della Società, veniva imputato alla contribuente un reddito di partecipazione pro-quota di Euro 126.083,00 in luogo di quello dichiarato pari ad Euro 13.979,00.
Proposto ricorso innanzi alla CTP di Bari, cui la contribuente chiedeva dichiararsi l’illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato per violazione e falsa applicazione dell’art.43 del D.P.R. n. 600 del 1973 e per violazione dell’art.3, comma 3 L. n. 241 del 1990, nonché dell’ art. 7 L. n. 212 del 2000, l’adita Commissione con sentenza n. 148/22/13 del 30.5.2013 accoglieva il ricorso e annullava l’opposto avviso di accertamento.
Avverso la citata sentenza ha presentato appello l’Agenzia delle Entrate deducendone la illegittimità per i seguenti motivi: 1) errata applicazione dell’art.43 comma 3 del D.P.R. n. 600 del 1973 non avendo i primi giudici considerato che la “tassazione in capo alla appellata ha per oggetto il reddito accertato in capo alla società ma imputato ai soci in proporzione alle rispettive quote di partecipazione per effetto dell’opzione prevista dall’art.116 del TUIR”, onde l’applicabilità ai soci del raddoppio dei termini scaturente dall’attività penalmente rilevante della società;. per; 2) errata applicazione dell’art.42, comma 2, del D.P.R. n. 600 del 1973 posto che l’Ufficio ha richiamato e allegato all’avviso di accertamento impugnato quello relativo all’accertamento a carico della Società posto a fondamento dell’impugnata rettifica. Conclude per la riforma della impugnata sentenza con condanna di controparte al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
Resiste la contribuente con controdeduzioni depositate in data 10.7.2014 con le quali nell’eccepire in via preliminare la inammissibilità dell’appello per mancanza di motivi specifici, nel merito contrasta puntualmente le avverse ragioni e argomentazioni ribadendo – fra l’altro – che nel caso, non può trovare applicazione il raddoppio dei termini e che l’avviso di accertamento a carico della società non le è stato mai notificato, per cui non può subire le conseguenze di un atto cui è rimasta estranea.
Conclude per il rigetto dell’appello.
Alla odierna udienza pubblica sona comparsi per la contribuente l’Avv. Riccardo Pagliarulo e per l’Ufficio il Dott. Antonio Pellegrini i quali, all’esito della discussione, si ripo(…)tano alle conclusioni rassegnate nei rispettivi scritti difensivi.
La Commissione decide come da separato dispositivo in atti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello dell’Agenzia delle Entrate va rigettato perché infondato.
Preliminarmente è da disattendere l’eccepita inammissibilità dell’appello per mancanza di motivi specifici, in quanto, dalla lettura dell’atto, è dato cogliere le doglianze e i capi della sentenza verso cui sono rivolte, ancorchè prospettate in maniera irrituale, sotto forma di riproposizione ex art.56 del D.Lgs. n. 546 del 1992.
Il gravame, tuttavia, è destituito di giuridico fondamento nel duplice profilo dedotto.
In relazione al primo motivo va osservato che – contrariamente all’assunto dell’Ufficio, i primi giudici – correttamente- hanno escluso l’applicabilità del raddoppio del termini nei confronti dell’odierna appellata, avendo ritenuto che, trattandosi di società che ha optato per il regime di trasparenza fiscale, non sia possibile l’estensione del raddoppio dei termin(…) al socio, stante il rapporto di solidarietà dipendente che lega la Società al socio e non viceversa.
Per vero, non sfugge al Collegio che la giurisprudenza sul tema non è univoca; ciò non di meno è dell’avviso, in assonanza con quanto opinato dai primi giudici, che il raddoppio dei termini non possa trovare applicazione nei casi di solidarietà dipendente, come quello di specie, ove gli effetti della condotta penalmente rilevante non possono che ricadere esclusivamente sul soggetto autore e non sul soggetto fiscalmente coobbligato. E’ noto che nella solidarietà dipendente solo uno dei soggetti realizza il presupposto d’imposta, diversamente da quella paritetica in cui ogni condebitore realizza il presupposto impositivo, per cui nelle società che abbiano optata per il regime di trasparenza fiscale è la società ad essere legata al socio da un rapporto di solidarietà e non viceversa. Tanto più nel caso de quo, ove la contribuente risulta essere uscita dalla compagine societaria sin dal 2009, vale a dire ancor prima dell’inizio della verifica fiscale eseguita nel 2010.
Per la medesima circostanza e, (…)oè, per essere la Signora F. rimasta del tutto estranea non sol(…) ai fatti-reato, ma anche rispetto all’accertamento fiscale, nonché a tutte le correlative operazioni di verifica contabile e di indagini bancarie effettuate dalla G.d.F. di Pontassieve, va ritenuto infondato il motivo di cui al punto 2) dell’appello. E’vero che all’avviso di accertamento impugnato è stato allegato quello emesso a carico della società, ma è altrettanto vero e incontestabile che lo stesso non risulta, altresì’, corredato del processo verbale di constatazione redatto dal predetto Comando della G.d.F., con grave pregiudizio del diritto di difesa costituzionalmente garantito ex art.24 C. Per vero, la tardiva notificazione dell’avviso di accertamento emesso a carico della Società e la mancata acquisizione del su richiamato pvc della G.d.F, nel quale trovans(…) compendiate le varie operazioni e contestazioni, non ha consentito alla contribuente di poter contestare -come era suo diritto – le risultanze delle indagini bancarie eseguite su conti correnti della Società e del sue amministratore, costituenti – viepiù – la fonte più cospicua del maggiore reddito accertato a carico della Società e che si pretende, ora, di attribuire per trasparenza – pro quota-all’odierna appellata, costretta a subire incolpevolmente le conseguenze rivenienti dalla definitività di un atto non opposto perché mai ritualmente notificato.
In argomento, è consolidato l’orientamento della Corte di Cassazione secondo cui l’accertamento motivato ob relationem ad un atto dell’A.F. non trasfuso, non allegato e non altrimenti noto al contribuente, come nella specie, è nullo in radice non essendo sufficiente nemmeno la produzione postuma in sede contenziosa.
Quanto procede, siccome assorbente, rende ultroneo l’esame di ogni altra questione.
Ricorrono giusti motivi per compensare interamente fra le parti le spese di giudizio, tenuto conto della complessità dalla fattispecie e della incertezza normativa in ordine al raddoppio dei termini.
P.Q.M.
La CTR rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
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