La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 22697 depositata il 04 ottobre 2013 intervenendo in tema di accertamenti standardizzati ha affermato che è legittimo l’accertamento induttivo, ai sensi dell’articolo 39 del Dpr n. 600/73, quando le annotazioni sui registri non corrispondono alle vendite scoperte dalla Gdf. Per cui anche quando la contabilità risulta formalmente regolare è possibile applicare l’accertamento induttivo.
La vicenda ha riguardato un contribuente nei cui confronti veniva svolto un controllo fiscale dalla Guardi di Finanza che redigeva un pvc posto alla base dell’avviso di accertamento notificato al contribuente. Avverso tale atto impositivo il contribuente ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale ed in particolare eccepì la mancata motivazione dell’atto impugnato e che l’attività esercitata era, in effetti, di intermediazione del commercio e non di vendita auto usate.
La Commissione Tributaria Provinciale accolse il ricorso del contribuente ed annullo l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate ricorreva inanzi alla Commissione Tributaria Regionale che confermò la sentenza del giudice di prime cure. Le motivazioni dei giudici di secondo grado riguardarono la fondatezza del ricorso introduttivo “alla luce di esibite sentenze della C.T.P. e dalla C.T.R. relative agli anni precedenti” e sulla considerazione che l’Ufficio, oltre a non avere effettuato i dovuti riscontri finanziari, non era riuscito a dimostrare che la vendita degli autoveicoli era stata effettuata per proprio conto e non per conto terzi.
Avverso la sentenza del giudice de quo l’Agenzia delle Entrate ed il Ministero delle finanze proposero ricorso, dinanzi alla Corte Suprema, per la sua cassazione basandolo su due motivi di censura.
Gli Ermellini, dichiarano inammissibile il ricorso del Ministero, accolgo entrambe le motivazioni dell’Agenzia e cassano la sentenza della CTR affermando che “le censure dell’Agenzia sono fondate nell’articolazione relativa ai vizi motivazionali (dovendosi qualificare sostanzialmente come tali anche i profili articolati nel secondo motivo), assorbito ogni altro aspetto in esse dedotto e rivelandosi inammissibile quello dedotto con il punto sub A) del primo motivo, non risultando la censura rivolta contro alcuna statuizione dell’impugnata sentenza. Invero, nella sentenza impugnata ricorre il difetto di motivazione, mostrando essa, nel suo insieme un’obiettiva deficienza del criterio logico che ha condotto il giudice d’appello alla formazione del proprio convincimento (Cass. n.2109/99; 10396/98; 914/96).”
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