AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 24 maggio 2021, n. 362
Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n.212 – Aliquota IVA mangimi per animali
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Alfa S.r.l. (in seguito, “Società”, “Istante” o “Contribuente”) esercita l’attività di commercio all’ingrosso di granaglie e farine derivate destinate ad uso zootecnico e non (es. impianti biogas).
Al fine di ampliare l’offerta nei confronti delle aziende agricole clienti, vorrebbe introdurre anche il commercio di farina derivata da macinazione di piselli ad alto contenuto proteico.
Consultando le Tabelle allegate al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in breve, “Decreto IVA”), l’Istante evidenzia che la categoria del legumi, di cui i piselli fanno parte, viene citata in due casi senza specificare, come avviene per altri prodotti agricoli, la destinazione d’uso (zootecnico, assoggettato ad aliquota del 4 per cento, o non zootecnico, assoggettato ad aliquota del 10 per cento).
Con riferimento all’aliquota del 4 per cento, in particolare, la parte II della Tabella A indica due tipologie di prodotti, di cui ai seguenti punti:
«7) legumi da granella, secchi, sgranati, anche decorticati o spezzati (v.d. 07.05)»;
«17) crusche, stacciature ed altri residui della vagliatura, della moliture o di altre lavorazioni di cereali e dei legumi (v.d. 23.02)».
Con riferimento all’aliquota del 10 per cento, la parte III della citata Tabella riporta al punto 30) «farine di legumi da granella secchi compresi nella v.d. 07.05 o della frutta comprese nel capitolo 8 della Tariffa Doganale; farine e semolini di sago e di radici e tuberi compresi nella v.d. 07.06; farina, semolino e fiocchi di patate (v.d. 11.04-11.05)».
Pertanto, il Contribuente ha chiesto chiarimenti in merito all’esatta aliquota IVA da applicare alla commercializzazione, in particolare, della “farina derivata da macinazione di piselli ad alto contenuto proteico” da destinare a uso zootecnico come mangime.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società ritiene che il proprio prodotto, essendo qualificabile come mangime, possa essere assoggettato ad aliquota del 4 per cento, in base al n. 20) della Tabella A, parte II, allegata al Decreto IVA, che prevede «mangimi semplici di origine vegetale; mangimi integrati contenenti cereali e/o relative farine e/o zucchero; mangimi composti semplici contenenti, in misura superiore al 50 per cento, cereali compresi nella presente parte della tabella».
Il proprio prodotto, infatti, costituito esclusivamente da farina di legumi, è destinato all’alimentazione, per via orale, di suini e bovini.
A supporto della propria soluzione, l’Istante cita la definizione di “mangime” (o alimenti per animali) contenuta nel Regolamento CE n. 178/2002, recepita anche in una nota del Ministero della Salute-Dipartimento per la sanità pubblica veterinaria (prot. 2866 del 4 agosto 2006) e riconfermata nel regolamento CE n. 769/2009: tale definizione considera “mangime” qualsiasi sostanza o prodotto, compresi gli additivi, trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato alla nutrizione per via orale degli animali.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Si osserva, preliminarmente, che in conformità con quanto precisato al par. 9 della circolare n. 32/E del 14 giugno 2010, in sede di documentazione integrativa l’Istante ha provveduto a richiedere e allegare il parere dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (in breve, “ADM”) in ordine alla corretta classificazione, ai fini doganali, del prodotto in questione.
La presente risposta, concernente l’individuazione dell’aliquota IVA applicabile alle cessioni del prodotto descritto dall’Istante (una “farina ottenuta dalla macinazione di piselli secchi ad alto contenuto proteico, destinata ad essere impiegata come mangimi per gli animali”), è resa quindi sulla base del parere fornito dall’ADM, con la nota prot. n.______di marzo 2021.
Con il parere sopra richiamato, l’ADM rappresenta, in primo luogo, che dalle analisi di laboratorio risultano i seguenti valori:
– tenore di amido pari a 40,0%,
– tenore di ceneri 2,9%,
– tenore di umidità 12,0%
– tenore di proteine 19,0%.
Ai fini della distinzione tra i prodotti della macinazione e i residui della molitura di cereali e legumi, cita la nota 2 lett. A) al Capitolo 11 della nomenclatura combinata, la quale dispone: “I prodotti della macinazione dei cereali elencati nella seguente tabella sono da classificare in questo capitolo se hanno contemporaneamente in peso e sul prodotto secco:
– tenore in amido superiore a 45%;
– tenore in ceneri inferiore o uguale al 2 %.
I prodotti che non rispondono alle suddette condizioni sono da classificare nella voce 2302…(Omissis)”.
In considerazione della destinazione d’uso, ovvero mangime per animali, dichiarata espressamente dall’Istante all’ADM, quest’ultima ha richiamato anche la nota complementare 1 al Capitolo 23 “Residui e cascami delle industrie alimentari”.
Detta nota stabilisce infatti che “rientrano nella voce 2309 i prodotti dei tipi utilizzati per l’alimentazione degli animali, non nominati né compresi altrove ottenuti dal trattamento di materie vegetali o animali e che, per tale motivo, hanno perduto le caratteristiche essenziali della materia di origine, diverse dai cascami vegetali, residui e sottoprodotti vegetali derivati da questo trattamento”.
Sulla base di quanto esposto, ADM ha ritenuto che “il prodotto oggetto di parere di accertamento, poiché non ha perso le caratteristiche essenziali della materia di origine, avendo un tenore di amido inferiore al 45% e un tenore di ceneri superiore al 2%, sia da classificare alla sottovoce NC 23025000 : “Crusche, stacciature ed altri residui, anche agglomerati in forma di pellets, della vagliatura, della molitura o di altre lavorazioni dei cereali o dei legumi” “- di legumi”.
Sulla base di tale classificazione, ai fini della corretta individuazione dell’aliquota IVA, si osserva che tale descrizione corrisponde al n. 17) della Tabella A, parte II, allegata al Decreto IVA, che richiama, appunto, «crusche, stacciature ed altri residui della vagliatura, della molitura o di altre lavorazioni dei cereali e dei legumi (v.d. 23.02)», con la conseguenza che alle relative cessioni si rende applicabile l’aliquota del 4 per cento.
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