Agenzia delle Entrate – Risposta n. 508 del 12 ottobre 2022
Attività di mining – trattamento ai fini delle imposte dirette e dell’IVA
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
ALFA (di seguito, “Società” o “Istante”) rappresenta che intenderebbe svolgere l’attività di “mining elettronico”, previa revoca dello stato di liquidazione e effettuate le adeguate modifiche statutarie.
Tenendo conto anche delle informazioni rese in sede di documentazione integrativa, la Società riferisce che:
- il mining non è la creazione di monete digitali, ma una complicata procedura di verifica, generata sfruttando la potenza di calcolo di un computer. Il processo di estrazione delle criptomonete si basa infatti sulla ricerca di soluzioni che il miner cerca di In particolare, quest’ultimo cerca di trovare un algoritmo di risoluzione, inteso come un procedimento che prevede la creazione delle eventuali soluzioni che condurranno alla stringa hash corretta. Tecnicamente il computer riceve un’informazione numerica da un altro sistema o dalla rete, e attraverso milioni di calcoli, elabora la probabile soluzione che riconduce all’hash che verifica l’operazione. Nel momento in cui questa viene trovata, il server confermerà l’approvazione. In questo caso non solo il blocco sarà definitivamente chiuso, ma al miner verrà dato in pagamento un certo numero di criptomonete come contributo al funzionamento del sistema.
- il “mining” comporta il sostenimento di rilevanti costi per spazi idonei, hardware, software, collegamenti internet, manutenzioni e energia elettrica. Pertanto la disciplina IVA applicabile, con conseguente possibilità o meno di detrazione dell’imposta sugli acquisti, è determinante ai fini della scelta in merito all’esercizio della prospettata attività;
- questa attività è quasi totalmente automatizzata nel senso che l’intervento di addetti è richiesto in fase di avviamento per l’installazione delle attrezzature informatiche e del relativo software, oppure per provvedere alla manutenzione e agli aggiornamenti;
- il miner può decidere di operare in autonomia oppure di aderire a un pool;
- se opera in autonomia, il miner si collega direttamente alla blockchain di riferimento dell’algoritmo che esso intende minare;
- se decide di associarsi a un pool, aderisce a un’aggregazione di miners che si sono uniti per aumentare la capacità di calcolo e la probabilità di risoluzione dell’algoritmo;
- in ogni caso, l’assenza di contratti con la blockchain e con il pool, rende oggettivamente impossibile identificare il committente. Se decide ad esempio di aderire a un pool, il miner non deve fornire alcun dato personale (tantomeno codice fiscale e/o partita iva), ma avere un wallet digitale (portafoglio) sul quale il “sistema” o il pool accrediterà il compenso da lui maturato. Gli indirizzi internet del pool sono utilizzati per la connessione da parte dei miners che intendono partecipare all’elaborazione cooperativa dei L’identità fisica degli altri miners partecipanti al pool rimane ignota a tutti (si può vedere solo il nickname). Quanto a dire che per il miner l’identificazione del pool è limitata all’indirizzo IP tramite cui verranno effettuate le comunicazioni;
- in ogni caso, il compenso del miner è basato sul contributo che fornisce alla risoluzione degli algoritmi e è calcolato a sua volta da un apposito algoritmo. In caso di adesione a un pool, il miner riceve il compenso da quest’ultimo fintanto che gli fornirà la sua potenza di elaborazione e fintanto che il pool riceverà a sua volta compensi dal “sistema” in base ai blocchi che valida/mina. C’è pertanto la possibilità che il pool non riesca a minare un blocco e che il miner non riceva alcun compenso. Il blocco infatti può essere risolto da un attore differente e in questo caso il lavoro svolto dal pool non verrà retribuito in quanto la soluzione dell’algoritmo non si è perfezionata in tempo utile.
In merito alle imposte dirette, l’Istante afferma di redigere il bilancio in base ai principi contabili nazionali e senza l’adozione della contabilità plurimonetaria.
Considerato il quadro esposto e sostenendo di non avere ancora concretamente dato avvio all’attività in esame, la Società chiede di conoscere il corretto trattamento ai fini IVA dell’attività di mining svolta, come anche la determinazione della base imponibile a cui applicare IRES e IRAP.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
In merito al regime IVA applicabile, l’Istante ritiene che l’attività di mining rientri tra le prestazioni di servizi, territorialmente rilevanti ai sensi dell’articolo 7-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in seguito “Decreto IVA”) nel Paese del committente. Conseguentemente, poiché il servizio – a suo dire – viene svolto a favore di organismi internazionali anonimi aventi con ogni probabilità sede al di fuori del territorio dell’UE e, in particolare, in Cina, considera il compenso ricevuto “non soggetto ad IVA” con il mantenimento del diritto a detrazione per l’IVA assolta sugli acquisti e dell’eventuale rimborso dell’eccedenza a credito dell’imposta.
In merito alla tassazione ai fini IRES e IRAP, dato per scontato che il compenso costituisce un ricavo tipico e ordinario per la società, si ritiene che questo vada iscritto fra i ricavi al valore di conversione della “criptovaluta” ricevuta alla data di incasso al “cambio” risultante dai principali operatori del settore (comma 2 dell’art. 2425-bis del codice civile e dell’OIC 26), mentre le disponibilità a titolo di proprietà della Società espresse in “criptovalute” alla data di chiusura del bilancio, in conformità alla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 72/E del 02/09/2016, si ritiene debbano essere valutate secondo il cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio e tale valutazione assume rilievo ai fini IRES ai sensi dell’articolo 9 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
Occorre, quindi, far riferimento al valore normale, intendendosi per tale il valore corrispondente alla quotazione della stessa criptovaluta al termine dell’esercizio. A tal fine potrebbe ben farsi riferimento alla media delle quotazioni ufficiali rinvenibili sulle principali piattaforme on line in cui avvengono le transazioni di criptovalute. L’eventuale utile/perdita generato dalla suddetta operazione di “cambio” a fine esercizio non avrebbe invece effetti ai fini IRAP rappresentando un risultato da iscrivere alla voce di conto economico C17-bis «utile e perdite su cambi», voce esclusa, quindi, dalla determinazione del VALORE DELLA PRODUZIONE e, quindi, della base imponibile IRAP.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Il presente parere è circoscritto unicamente all’attività di mining dichiarata dall’Istante, assumendo acriticamente la descrizione dei fatti dallo stesso rappresentati e restando fermo ogni potere di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Pur in mancanza di una specifica disciplina fiscale in tema di mining sia a livello interno che unionale, si forniscono i seguenti principi di ordine generale considerato che l’Istante ha fornito una descrizione meramente prospettica dell’attività non ancora concretamente avviata.
Come osservato dall’OCSE in “Taxing Virtual Currencies: An Overview of Tax Treatments and Emerging Tax Policy Issues” del 12 ottobre 2020, “il termine cripto- attività è comunemente usato per riferirsi a tipi di attività finanziarie digitali che si basano sulla distributed ledger technology (DLT) e sulla crittografia (…).
Il Gruppo della Banca mondiale definisce la DLT come “un approccio innovativo e in rapida evoluzione per la registrazione e la condivisione di dati attraverso più archivi (ledger, registri), che hanno ciascuno gli stessi identici record di dati e sono collettivamente mantenuti e controllati da una rete distribuita di server informatici, chiamati nodi” (Banca mondiale, 2019[9]). La tecnologia permette ai partecipanti della rete di registrare e condividere transazioni e dati in modo sincronizzato e decentralizzato. Il vantaggio principale è che le transazioni tra i partecipanti della rete non necessitano obbligatoriamente di un intermediario o di una parte centrale per essere elaborate (Houben e Snyers, 2018[10]).
La blockchain è un tipo specifico di DLT, che sta alla base di molte applicazioni diverse, tra cui molte delle valute virtuali, come il Bitcoin.
“Una “blockchain” è un particolare tipo di struttura di dati utilizzata in alcuni registri distribuiti che memorizza e trasmette i dati in pacchetti chiamati ‘blocchi’, collegati tra loro in una ‘catena’ digitale. Le blockchain utilizzano metodi crittografici e algoritmici per registrare e sincronizzare i dati attraverso una rete in modo immutabile” (Houben e Snyers, 2018[10]).
Le DLT hanno a disposizione diversi meccanismi di consenso per convalidare qualsiasi nuova operazione o transazione che si verifichi sulla rete. I meccanismi di consenso più comunemente utilizzati sono:
- il sistema “proof-of-work” che si basa su equazioni matematiche, solitamente difficili da risolvere ma le cui soluzioni possono essere facilmente verificate. La soluzione del problema matematico comporta sforzi di calcolo – che si traducono in un elevato consumo di energia, per cui ogni validatore (chiamato ‘miner‘) effettua calcoli per verificare la transazione e condividere i propri risultati con la rete, lavorando su base competitiva, poiché una ricompensa viene accreditata al miner che trova per primo la soluzione. Il sistema proof-of-work viene utilizzato ad esempio con la blockchain Bitcoin, e attualmente con la maggior parte delle DLT.
- il sistema proof-of-stake che assegna agli utenti quote di diritti di convalida in base alla partecipazione che hanno nella blockchain. In un sistema di questo tipo, i validatori non sono chiamati miner, ma ‘forger’ o ‘staker’ (. )”.
Nel citato documento, l’OCSE definisce il mining come il “processo (. ) tramite
il quale le transazioni di valute virtuali sono verificate e aggiunte al registro (ledger) basato sulla blockchain (registrazione delle transazioni). [n.d.r. Pertanto] Il “miner”(. ) può avere diritto a
- una ricompensa di mining, pagata attraverso nuovi token, e/o
- una commissione di transazione di protocollo, ovvero unapercentuale del valore della transazione in corso di elaborazione e che viene pagata apartire da quella transazione (. )”.
Con riferimento all’imposta sul valore aggiunto, dal medesimo documento emerge un comportamento coerente degli Stati poiché quasi tutti trattano le transazioni legate alle valute virtuali come esenti oppure escluse dal campo di applicazione dell’IVA.
Alla luce di queste considerazioni e di quelle – sullo stesso tema – sviluppate dalle amministrazioni fiscali di altri Stati, quali Francia, Germania e Regno Unito, il ” mining” sembra poter essere definito come un’attività che mette in sicurezza – registrandole e condividendo i risultati con la rete – le transazioni nell’ambito della tecnologia cd “blockchain” su cui si basa la creazione della cripto-attività, ivi inclusele criptovalute.
Il miner, dunque, è un soggetto che mette la sua potenza di calcolo a disposizione del cosiddetto mining pool per lo “scavo” (i.e. estrazione) di una criptovaluta o altro e registra le transazioni in un “blocco” per poi trasferirlo nella ” blockchain“, che è una sorta di registro pubblico, accessibile dagli utenti del network/sistema/rete.
I miner sono in genere ricompensati – direttamente o per il tramite del pool cui aderiscono – dal sistema/network/rete che si autogestisce, tramite l’assegnazione di criptovalute, e solo quando per primi ottengono la convalida di un blocco, fattispecie quest’ultima che non sempre si verifica. In altri termini, lo svolgimento dell’attività di validazione non è sufficiente a conferire al miner il diritto a un compenso: questo compenso gli spetta solo se detta attività “va per prima” a buon fine.
IVA
Tenuto conto delle modalità con le quali il miner viene ricompensato, e cioè in modo automatico dal sistema/network/rete, si ritiene che la remunerazione pagata dal network non sia corrisposta nell’ambito di un rapporto di scambio di servizi.
Infatti trattasi di una tecnologia distribuita, connotata dall’assenza di un soggetto che possa essere considerato quale committente di prestazioni di servizio.
L’assenza di un servizio direttamente prestato dal miner a favore di un committente, determinato o determinabile, consente di ritenere il mining non rilevante ai fini IVA in quanto caratterizzato dall’assenza di un legame sinallagmatico con conseguente preclusione del diritto a detrazione.
Quanto appena chiarito trova fondamento a condizione che la fattispecie rappresentata dall’istante sia effettivamente riconducibile ad una attività svolta in assenza di una controparte, di un contratto o più in generale di un committente.
Ciò in quanto la remunerazione in criptovalute per la propria attività appare in ogni caso generata dal sistema – anche quando è percepita per il tramite del pool – e solo a seguito della convalida di un blocco.
Si può pertanto ritenere che l’attività sopra indicata sia fuori dal campo di applicazione dell’IVA con conseguente preclusione del relativo diritto alla detrazione dell’imposta assolta “a monte”. La Società non è ovviamente tenuta agli obblighi documentali, dichiarativi e di versamento richiesti dalla disciplina IVA su tali operazioni.
Imposte Dirette
Ai fini delle imposte dirette, in via preliminare si rappresenta che non è oggetto del presente parere la determinazione del valore delle monete virtuali oggetto della presente istanza (questione di ordine fattuale che esula dalle competenze esercitabili dalla scrivente in sede di interpello), restando impregiudicato ogni potere di controllo dell’amministrazione finanziaria.
Qualora i servizi summenzionati risultino remunerati mediante dei corrispettivi definiti in termini di cd. «monete virtuali», tenuto conto del principio espresso nella risposta n. 788/E del 2021, per cui «alle operazioni in valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali», trovano applicazione le disposizioni del TUIR che disciplinano le operazioni in valuta estera.
Al riguardo, si rammenta che il comma 2 dell’articolo 110 dispone che «Per la determinazione del valore normale dei beni e dei servizi e, con riferimento alla data in cui si considerano conseguiti o sostenuti, per la valutazione dei corrispettivi, proventi, spese e oneri in natura o in valuta estera, si applicano, quando non è diversamente disposto, le disposizioni dell’articolo 9; tuttavia i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera, percepiti o effettivamente sostenuti in data precedente, si valutano con riferimento a tale data…».
L’articolo 9 del medesimo testo unico, inoltre, dispone che «Per la determinazione dei redditi e delle perdite i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera sono valutati secondo il cambio del giorno in cui sono stati percepiti o sostenuti o del giorno antecedente più prossimo e, in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono stati percepiti o sostenuti».
Alla luce di quanto sopra, a prescindere dalla possibilità di identificare il soggetto che eroga i corrispettivi per i servizi forniti, la relativa remunerazione concorre alla formazione del reddito imponibile, nel periodo d’imposta in cui gli stessi possono considerarsi ultimati, ai sensi del comma 2 dell’articolo 109 del TUIR.
Qualora l’attività del “miner” non risulti retribuita, poiché come evidenziato il “blocco” è stato risolto da un attore differente, in considerazione della circostanza per cui il servizio è stato prestato, si realizza una perdita su crediti la cui deducibilità sarà consentita sussistendone gli elementi certi e precisi di cui all’articolo 101, comma 5 del TUIR.
Va da sé che in relazione alla valutazione delle cd. «monete virtuali» detenute al termine di ciascun periodo d’imposta, si considera realizzata la differenza tra il valore fiscale iniziale e quello rilevato alla data di chiusura di ciascun periodo d’imposta, in applicazione di quanto disposto dal menzionato articolo 110 del TUIR. Da ultimo, ai fini IRAP le remunerazioni del “miner” concorrono alla formazione del valore della produzione netta, rappresentando di per sé ricavi per prestazioni di servizi ascrivibili all’attività caratteristica dell’istante con il conseguente transito in voci rilevanti ai fini IRAP. Le oscillazioni di valore, invece, non sarebbero incluse nella base imponibile del tributo regionale, solo nella misura in cui non transitano da voci rilevati ai fini IRAP ovvero in assenza dei presupposti per l’applicazione del principio di correlazione.
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