CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 maggio 2013, n. 12533
Imposte sui redditi – Redditi diversi – Plusvalenze immobiliari – Occupazione usurpativa – Art.11, L. n.413 del 1991 – Tassazione – Rinvio all’art. 81, TUIR (ante 2004) – Risarcimento del danno per occupazione illegittima – Somme dovute in base a transazione – Tassazione – Ritenuta del 20% – Legittimità
Svolgimento del processo
La controversia trae origine dal rimborso richiesto da G.R. della ritenuta del 20% effettuata dal Comune di Marcianise all’atto del pagamento della somma corrisposta a titolo di indennità di occupazione in virtù di atto di transazione intervenuto tra le parti. Riteneva il contribuente che vertendosi in fattispecie di occupazione usurpativa non potesse trovare applicazione l’art.11 della legge n.413/91 (il quale prevede il prelievo fiscale soltanto sulle somme costituenti risarcimento del danno da occupazione acquisitiva). La sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di accoglimento del ricorso del contribuente veniva, su appello dell’Agenzia, integralmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania con la sentenza indicata in epigrafe.
In particolare i Giudici di appello ritenevano che dalla natura dell’indennità (per occupazione illegittima) quale risultava dall’ atto di transazione e dalla precedente sentenza resa dal Tribunale civile discendeva l’obbligo di corrispondere quanto previsto dalla legge n.413/1991.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, il contribuente il quale ha, successivamente, depositato memoria ex art.378 c.p.c. Agenzia delle Entrate si è limitata a costituirsi in giudizio senza svolgere attività difensiva.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art.360 n.ri 3 e 5 c.p.c, violazione e falsa applicazione degli artt.53 d.lvo 31.12.1992 n.542 e 342 c.p.c. relativamente alla necessità di specifica motivazione sulle censure rivolte ad ognuna delle rationes decidendi della sentenza tributaria di primo grado nonché difetto assoluto di motivazione sull’ammissibilità del motivo di appello concernente l’individuazione dell’ambito di applicazione delle norme impositive della ritenuta del 20% a titolo di IRPEF; in via gradata, violazione e falsa applicazione dell’art.11, commi 5, 6 e 7 della legge n.413 del 1991 sull’inclusione dell’occupazione usurpativa tra le ipotesi previste dalle citate disposizioni come assoggettabili alla ritenuta fiscale; nonché difetto assoluto di motivazione sulla stesso questione. In particolare, secondo la prospettazione difensiva la C.T.R. avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità del motivo di appello proposto dall’Amministrazione finanziaria, siccome non specifico, ove inteso a contrastare l’ambito dell’ applicazione della norma tributaria come delineato dalla C.T.P. (alle sole ipotesi di occupazioni acquisitive); mentre su tale specifica questione non vi era stata motivazione alcuna. In ogni caso, secondo il ricorrente, la sentenza era errata nel capo in cui aveva ritenuto che il risarcimento del danno da occupazione usurpativa rientrasse tra i compensi o riscossioni considerati dai commi 5, 6, 7, dell’art.11 della legge n.413 del 1991.
1.1 Il motivo -nel capo in cui denuncia violazione delle norme procedurali ordinarie e tributarie in materia di specificità dei motivi di impugnazione, peraltro sotto l’egida del n.3 dell’art.360 c.p.c. laddove avrebbe dovuto essere più correttamente formulato ai sensi del n.4- è, comunque, infondato. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate (integralmente riportato in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza), pur con il solo richiamo letterale alle norme violate, è infatti idoneo a contrastare le diverse argomentazioni sostenute nella sentenza di primo grado. Ne consegue che la trattazione della Commissione Regionale in ordine al merito della controversia deve intendersi come rigetto implicito dell’eccezione di giudicato interno sollevata dal ricorrente.
1.2. Il motivo è infondato anche in ordine alla seconda questione dedotta non essendo condivisibile la tesi sostenuta dal ricorrente secondo cui il disposto dell’art.11, comma 5, 6, 7 della legge n.413 del 1991 non si applicherebbe all’ipotesi della cd. occupazione usurpativa.
Ed invero -oltre alla circostanza che dal tenore degli atti difensivi (nei quali solo parzialmente si riportano il contenuto della transazione intervenuta tra le parti, quello della sentenza del Tribunale Civile nonché quelle della relazione di consulenza tecnica d’ufficio espletata in quel giudizio) il carattere usurpativo dell’occupazione in questione non emerge con assoluta certezza, laddove in tutti i predetti atti viene usato prevalentemente il termine “omnicomprensivo” di occupazione “illegittima”- va rilevato che questa Corte, in materia, ha già avuto modo di affermare il principio secondo cui la ritenuta a titolo d’imposta, effettuata dall’Amministrazione espropriante sulle somme versate a titolo di indennità di espropriazione, non può ritenersi illegittima in caso di declaratoria di illegittimità degli atti della procedura e conseguente condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno per l’irreversibile trasformazione del fondo. Infatti, l’art. 11, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, include nel reddito imponibile non solo l’indennità di espropriazione, ma anche le somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza divenute illegittime, relativamente a terreni destinati ad opere pubbliche, ed assoggetta anche queste ultime alla ritenuta a titolo di imposta (S.U. n.15232/2009).
1.3. Tale principio deve ritenersi applicabile anche nel caso di occupazione usurpativa, essendo rilevante, alla luce della norma unitariamente interpretata e della ratio alla stessa sottesa, ai fini impositivi l’unico profilo costituito dalla perdita della proprietà per avvenuta irreversibile trasformazione, posta alla base del riconoscimento del danno risarcibile (cfr.su detti ultimi concetti Cass.n.13023/2010, nonché S.U.n.20158/2010).
1.4. Il menzionato art.11, difatti, qualifica plusvalenze, che costituiscono reddito imponibile e che, pertanto, concorrono alla formazione dei redditi diversi di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81 (nel testo rilevante pro-tempore), non solo le indennità di espropriazione, ma anche le “somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza divenute illegittime relativamente a terreni destinati ad opere pubbliche” (art. 11, comma 5). E, dunque, prevede (al comma 7) che gli enti eroganti devono operare una ritenuta a titolo di imposta del 20% all’atto della corresponsione delle somme “per risarcimento danni da occupazione acquisitiva”. Con ciò chiaramente riferendo l’operatività della tassazione alle plusvalenze consequenziali a tutte le vicende rientranti nel perimetro del corrispondente concetto, in coerenza con la ricostruita ratio dell’istituto, presupponente l’equivalenza degli indici di ricchezza comunque correlati al dato oggettivo del valore dei suoli non derivante da un’attività produttiva del proprietario. In questo senso è corretto affermare che la ritenuta del 20% a titolo di imposta non può ritenersi illegittima soltanto perché alla indennità di espropriazione si è sostituito il risarcimento del danno per l’avvenuta occupazione (acquisitiva) del fondo (così Cass.n.24689 del 23/11/2011).
1.5. Le argomentazioni sopra illustrate possono essere estese anche al risarcimento del danno conseguente alla ed. occupazione usurpativa anche alla luce del rilievo (già espresso da questa Corte nella sentenza n. 10218/2003) per cui se fosse vero che le occupazioni “originariamente” illegittime sfuggono al regime della Legge n. 413/91, ne conseguirebbe che detti indennizzi sono tutti esenti da imposta, trattandosi di atti originariamente illegittimi.
Se, infatti, è vero che, secondo il dato meramente letterale, “l’art. 11 comma 5 della ripetuta legge n. 413/91 prevede l’assoggettamento a tassazione delle plusvalenze corrispondenti a “somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza divenute illegittime”, ciò non significa che le somme dovute per occupazioni “originariamente” illegittime o senza titolo siano esenti da imposizione. Viceversa, il comma 6 dello stesso articolo conferma che “le indennità di occupazione e gli interessi comunque dovuti sulle somme di cui al comma 5 costituiscono reddito imponibile”, e, quindi, conferma che gli indennizzi conseguenti ad occupazioni senza titolo, vale a dire senza titolo originario ovvero con titolo successivamente dichiarato illegittimo, sono in ogni caso assoggettate a tassazione” (così Cass.n.10218/2003 cit.).
2.Con il secondo motivo si deduce la “violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. concernenti la considerazione complessiva del testo contrattuale e la reciproca interferenza del contenuto di tutte le clausole nella ricostruzione del significato di ciascuna di esse; difetto assoluto di motivazione della scelta di operare una considerazione parziale anzicchè globale del testo contrattuale nel l’indagine ricostruttiva del relativo contenuto e della preferenza per la lettura di una sola parte del testo isolata dal contesto che la racchiude: in relazione all’art. 360 comma 1 nn.3 e 5 c.p.c.” In particolare secondo la prospettazione difensiva la C.T.R. avrebbe estrapolato la frase “occupazione illegittima” dal contenuto della transazione isolandola dal contesto e senza alcuna indagine in ordine alla volontà delle parti.
2.1. Il motivo è infondato per difetto di specificità laddove il testo della transazione che si dice erroneamente interpretata non viene riportato per intero impedendo a questa Corte ogni valutazione sui vizi dedotti.
3. Il terzo motivo -rubricato violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, ss. della legge 25.6.1865 n.2359 e dell’art.1 della legge 3.1.1978 n. 1; difetto di motivazione sul ritenuto carattere legittimante della destinazione di pubblica utilità dell’ opera pubblica in relazione all’art.360 comma 1 nn.3 e 5 c.p.c- con il quale il ricorrente denuncia l’errore in cui sarebbe incorsa la C.T.R. nel parificare la dichiarazione di pubblica utilità alla destinazione pubblica dell’opera realizzata sul terreno occupato (come evincibile dalla sentenza del Tribunale civile) e nel trarne la conseguenza sulla legittimità della trattenuta fiscale operata, è assorbito dal rigetto del primo motivo.
4. Infine, con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art.112 c.p.c. in relazione all’art.360 n.4 c.p.c, per avere la C.T.R. omesso ogni pronuncia sulle questioni,da esso ricorrente prospettate in primo grado e riproposte in appello, relative alla illegittimità dell’operata trattenuta fiscale in quanto l’occupazione aveva pregiudicato un’area già edificata (art. 11 comma 5).
4.1. Il motivo, anche a prescindere da rilievi di inammissibilità per difetto di specificità (non essendo stato riportato il contenuto degli scritti difensivi nei quali tale questione si dice essere stata proposta prima innanzi alla C.T.P. e poi riproposta innanzi alla C.T.R.) è, comunque, infondato. All’uopo è sufficiente dare continuità al principio già espresso da questa Corte (sentenza n.16084 del 22/07/2011) secondo cui in tema di imposte sui redditi, la disposizione dell’art.11 della legge 30 giugno 1991, n. 413 – secondo cui ogni pagamento che realizzi una plusvalenza in dipendenza di procedimenti espropriativi e sia conseguito dopo l’entrata in vigore della norma citata è assoggettato a tassazione, ancorché il decreto di esproprio sia intervenuto in epoca anteriore al 1 gennaio 1989 – si applica a qualunque procedimento per l’espropriazione di terreni da destinare alla costruzione di opere pubbliche, anche se su di essi insistano fabbricati, non essendo tale evenienza, pur eventualmente idonea ad incidere sulla determinazione di indennità e risarcimenti, atta ad influire sulla “ratio” della norma in esame.
Alla luce delle superiori conclusioni il ricorso va, pertanto, rigettato.
Non vi è pronuncia sulle spese in assenza di attività difensiva della resistente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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