CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 giugno 2013, n. 16345
Tributi – Elusione fiscale – Conferimento di azienda in società neo costituita – Immediata cessione di quote – Abuso del diritto – Sussiste
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 34/10/06, depositata il 7.1.2007, la CTR dell’Emilia Romagna, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato i ricorsi riuniti proposti dalla S.a.s Hotel W. di D. C. e C, nonché da S. e R. R., avverso gli avvisi di liquidazione, coi quali l’Ufficio, ravvisando l’intento elusivo perseguito con la stipula dell’atto di costituzione della Società in accomandita semplice e contestuale conferimento dell’azienda alberghiera (con annesse passività), da parte di S. e R. R., e nella successiva cessione delle quote di partecipazione in favore di D. e R. C., ha qualificato l’intera vicenda come cessione d’azienda, ai fini dell’Invim e delle imposte di registro, ipotecaria e catastale. I giudici d’appello hanno ritenuto esistente il collegamento tra i negozi, posti in essere entro un breve lasso di tempo, ritenendo che il loro oggetto era, in effetti, l’azienda alberghiera, che gli acquirenti avevano continuato a gestire negli stessi locali.
Per la cassazione della sentenza, ricorrono la Società, S. R. nonché E. Z. e F. e D. R., quali eredi di R. R.. l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo, dedotto ex art. 360, 1° co, n. 3, cpc, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cpc e dell’art. 20 del dPR n. 131 del 1986, sottoponendo, in conclusione i seguenti quesiti di diritto: a) “se l’indagine diretta a stabilire il contenuto dell’atto presentato per la registrazione e ad individuare gli effetti che esso è idoneo a produrre possa essere condotta nel caso in cui il negozio giuridico non sia prodotto agli atti del giudizio”; b) “se sussista violazione dell’art 115 cpc nel caso in cui il giudice ponga a base del proprio convincimento fatti non provati allorquando la legge richieda per la prova di tali fatti l’atto scritto ad substantiam”.
2. Col secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg. c.c., 12 Preleggi e 20 del dPR n. 131 del 1986, per avere la CTR ritenuto sussistente il carattere elusivo dei negozi, senza considerare le giustificazioni degli atti compiuti, e fornendo un’interpretazione non convincente delle disposizioni in tema di registro. In conclusione, i ricorrenti pongono alla Corte i seguenti quesiti: a) “se l’art. 20 DPR 131/86 debba essere interpretato nel senso che l’imposta di registro va applicata secondo gli effetti giuridici di due o più atti distinti ma collegati tra loro e presentati per la registrazione in tempi diversi”; b) “se il conferimento in società di un’azienda alberghiera gravata da mutuo fondiario e la successiva cessione delle quote a terzi estranei alla Società siano negozi collegati che devono essere considerato quale cessione dell’azienda alberghiera rilevante ai fini dell’art. 20 DPR 26 aprile 1986 n. 131”; c) “se l’art. 20 DPR 131/86 consenta di ritenere collegati tra loro due o più negozi giuridici che non presentino connessione oggettiva e soggettiva”.
3. Anzitutto, va rilevata l’ammissibilità di entrambi i motivi (negata, per il secondo, dalla controricorrente) nonostante la formulazione di quesiti plurimi. Questa Corte (Cass. SU n. 5624 del 2009) ha, infatti, ritenuto possibile siffatta deduzione nel caso, ricorrente nel primo motivo, in cui ci si trovi in presenza di un motivo formalmente unico, ma in realtà articolato in profili differenziati di violazioni di legge diverse, in ossequio alla ratio dell’art. 366-bis cpc, che impone che ogni censura sia accompagnata dalla formulazione di un solo quesito di diritto, redatto in modo da non richiedere attività interpretativa della Corte. I tre quesiti a corredo del secondo motivo costituiscono mere ripetizioni di un’unica questione: la contestata possibilità per il fisco di valutare unitariamente più dichiarazioni negoziali in relazione ad un ipotizzato unico effetto giuridico finale perseguito dalle parti.
4. I motivi, che, per la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
5. L’art. 20 del dPR n. 131 del 1986, secondo cui “l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente” comporta che, ai fini fiscali, la causa reale della volontà negoziale prevale sull’assetto cartolare impresso dalle parti.
6. Secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 10273 del 2007; n. 3584 del 2012), la scelta compiuta dal legislatore con l’art. 20 in commento è, appunto, quella di privilegiare “la intrinseca natura e gli effetti giuridici” al ” titolo o la forma apparente” degli atti sottoposti a registrazione, e pertanto l’autonomia contrattuale nella scelta degli strumenti ritenuti più idonei per il conseguimento dello scopo perseguito e la rilevanza degli effetti giuridici dei singoli negozi ad esso preordinati restano circoscritte sul piano della regolamentazione formale degli interessi delle parti, e non si estendono alla loro rilevanza fiscale.
7. L’art. 20 del TUR introduce, infatti, un criterio di qualificazione autonomo, rispetto alle ordinarie ipotesi interpretative civilistiche, che impone di tener conto, nella qualificazione del negozio, della sua causa reale e degli interessi effettivamente perseguiti dai contraenti, anche qualora siano stati stipulati, pur in tempi diversi, più atti (Cass. n. 9162 del 2010). Ne consegue la tangibilità, sul piano fiscale, delle forme negoziali, in considerazione della funzione antielusiva sottesa alla disposizione in parola: ancorché non si prescinda dall’interpretazione della volontà contrattuale, secondo i canoni generali, nell’individuazione della materia imponibile va data preminenza assoluta alla causa reale sull’assetto cartolare.
8. Le censure relative alla ricostruzione della volontà negoziale ed alla mancata produzione degli atti sottoposti a registrazione riferite, rispettivamente, ai canoni di cui agli artt. 1362 e segg. c.c. ed all’art. 115 cpc, sono, invece, inammissibili, tenuto conto che: a) il contenuto dei singoli atti (stipulazione di un mutuo fondiario a lungo termine per il restauro dell’albergo in data 19.4.2001; costituzione della Sas, con conferimento dell’impresa alberghiera in data 2,5.2001; cessione integrale delle quote, in data 24.5.2001) è incontroverso e pertanto non bisognevole di specifica dimostrazione, in applicazione del principio generale di non contestazione applicabile, anche, al processo tributario (cfr. Cass. n. 1540 del 2007), i negozi, peraltro, secondo quanto riferito nel controricorso, erano stati “analiticamente descritti nell’avviso di liquidazione”; b) la critica riguarda la valutazione del collegamento degli atti registrati in funzione dell’unico effetto giuridico perseguito – che, come si è detto, è ciò che qui rileva – di tal che la doglianza mira ad ottenere un apprezzamento dei fatti diverso rispetto a quello dato dal giudice del merito, riassunto in narrativa (significativamente ritenuto non convincente), inammissibile in sede di legittimità.
9. La questione relativa alla necessità della produzione documentale, trattandosi di atti scritti ad substantiam è nuova, ed, in quanto tale, inammissibile.
10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 3.000,00, oltre a spese prenotate a debito.
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