CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 luglio 2013, n. 17228
Tributi – Imposte sui redditi – Riscossione – Iscrizione a ruolo – Consegna di ruoli agli esattori – Sopravvenuto annullamento dell’accertamento nei confronti dei soci di società di fatto per accertata inesistenza della società – Automatico annullamento dell’accertamento in capo ai pretesi soci – Esclusione
Svolgimento del processo
Con separati ricorsi proposti dinanzi alla CTP di Caserta M. S. deduceva l’illegittimità dell’avviso di accertamento ILOR n. RE 52000742 nonché dell’avviso di accertamento IRPEF n. RE 51007445, relativi all’anno di imposta 1997 ed emessi, a seguito di pvc della Guardia di Finanza, dall’Agenzia delle Entrate di Caserta nei confronti (il primo) della “società di fatto dei fratelli M. S. e L.”, e, il secondo, nei confronti di M. S. e M. L. per reddito di partecipazione in qualità di soci della presunta società di fatto; in particolare sosteneva che la predetta società era stata creata “d’ufficio” dalla Guardia di Finanza, in mancanza di qualsiasi riscontro obiettivo.
Con sentenze 85/07/2004 e 86/07/2004 l’adita CTP riteneva insussistente la società di fatto, e, rigettando nel resto i ricorsi, attribuiva interamente al ricorrente il reddito accertato.
Avverso dette sentenze proponeva separati appelli M. S. e si doleva che il Giudice dì prime cure, pur in assenza della società di fatto, non avesse dichiarato illegittimi gli avvisi di accertamento in questione, in quanto emessi nei confronti di soggetto inesistente; l’Agenzia delle Entrate proponeva appello incidentale, ribadendo l’esistenza della società di fatto.
Con sentenze 72/41/06 e 73/41/06, depositate il 12-5-2006, la CTR di Napoli rigettava l’appello.
in motivazione la CTR riteneva gli elementi addotti dall’Ufficio non sufficienti a provare l’esistenza della società di fatto, e dichiarava integralmente valido l’accertamento a carico di M. S.; a tale riguardo evidenziava che siffatto accertamento, emesso dall’Ufficio sulla presunzione dell’esistenza della società di fatto con il fratello L., non modificava il destinatario dell’imposizione, in quanto l’atto propedeutico rappresentato dal pvc, risultava essere stato regolarmente notificato allo stesso nella qualità di responsabile, e, trattandosi, nel caso in esame, di una paventata forma societaria anomala, gli atti conservavano in pieno la loro efficacia con attribuzione giuridica e di fatto a carico del soggetto che li aveva prodotti.
Avverso dette sentenze M. S. proponeva distinti ricorsi per Cassazione (giudizio R.G.N. 18605/07 e 18610/07), affidati ad un solo motivo, cui resisteva l’Agenzia.
Motivi della decisione
Va preliminarmente disposta, per connessione soggettiva e parzialmente oggettiva, la riunione del giudizio R.G.N. 18610/07 al giudizio R.G.N. 18605/07.
Con unico articolato motivo in entrambi i ricorsi M. S., deducendo -ex art. 360, comma 1 n. 3 epe- violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 42, commi 1 e 2, DPR 600/1973, riteneva, in primo luogo, non potesse considerarsi valido nei confronti di esso M. S. (quale titolare di ditta individuale) un avviso di accertamento notificatogli non in proprio ( e dunque quale titolare della ditta) ma nella qualità di socio di una società di fatto creata “d’ufficio” dall’Agenzia delle Entrate, e successivamente dichiarata inesistente (vizio soggettivo); al riguardo sosteneva che a nulla rilevava che il p.v.c. era stato notificato a M. S. in proprio, attesa l’autonomia e la distinzione tra p.v.c ed accertamento; affermava, inoltre, che l’avviso di accertamento notificato al M. S. atteneva ad un reddito di partecipazione in società, sicché, venendo meno il presupposto soggettivo dell’esistenza della società di fatto e mantenendosi in piedi l’impresa individuale, il reddito da imputarsi a M. S., quale appunto titolare dell’omonima ditta individuale, era da considerarsi reddito da impresa individuale, e quindi certamente un reddito di natura diversa rispetto al reddito di partecipazione in società (vizio oggettivo).
Contrariamente a quanto evidenziato dall’Agenzia in controricorso, siffatto motivo è , in primo luogo, ammissibile, avendo il ricorrente dedotto -con riferimento alla denunciata violazione di legge- un solo motivo di impugnazione, sia pur articolato sotto il profilo sia del vizio soggettivo sia del vizio oggettivo dell’impugnato accertamento.
Nel merito, il motivo è infondato.
Per condiviso principio di questa S.C., infatti, “allorché l’accertamento ai fini IRPEF ed ILOR nei confronti dei pretesi soci sia fondato sull’esistenza di una società di fatto, l’eventuale annullamento dell’accertamento, per l’insussistenza della società stessa, non determina l’automatico annullamento dell’accertamento in questione, dovendo il giudice accertare se le operazioni economiche ascritte alla società ritenuta inesistente siano state compiute dai soci singolarmente od anche solo da alcuno di essi. Infatti, dal coordinato disposto dell’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e degli artt. 1 e 2 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 discende che, in ipotesi di società di fatto tra due o più soggetti, l’ILOR fa carico alla società e l’IRPEF (o l’IRPEG, se uno dei soci di fatto è una società regolare) al singolo socio proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Pertanto, allorché sia accertata l’esistenza di una società di fatto, i soci sono soggetti passivi, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, unicamente dell’imposta sui redditi, in quanto è la società il soggetto passivo dell’ILOR; mentre, quando sia accertata l’inesistenza della società di fatto, il soggetto passivo di entrambe le imposte per il reddito prodotto dall’attività economica ascritta (in origine) alla società, risultata inesistente, va individuato nella persona cui sia riconducibile quell’attività; ed invero, la mancanza, nella società di fatto, di una personalità distinta da quella dei pretesi soci impone di ritenere comunque riferito, già nella contestazione dell’Ufficio, individualmente ad ogni ipotizzato socio l’avvenuto svolgimento di quell’attività economica produttiva di reddito imponibile, con la conseguenza dell’assunzione “ex lege”, da parte del medesimo, della qualità di soggetto passivo di entrambe le imposte” (Cass. 12765/2011); di conseguenza, “in ipotesi di accertamento fondato sull’esistenza di una società di fatto, l’eventuale annullamento dell’accertamento in capo alla stessa per la sua insussistenza, non determina l’automatico annullamento dell’accertamento fiscale in capo ai pretesi soci, dovendo il giudice comunque accertare se le operazioni economiche ascritte alla società ritenuta inesistente siano state comunque compiute dai soci singolarmente e/o solo da alcuni di essi” (v. cit. sentenza, in motivazione).
Nel caso di specie, pertanto, dovendosi (per quanto sopra precisato) comunque ritenere riferito, sin dalla contestazione dell’Ufficio, individualmente all’ipotizzato socio M. S. l’avvenuto svolgimento dell’attività economica produttiva di reddito, è da ritenere irrilevante chela notificazione degli accertamenti sia avvenuta nei confronti del contribuente quale socio della società di fatto anziché in proprio, quale imprenditore individuale.
Correttamente, pertanto, la CTR, sia pure per ragioni diverse da quelle su evidenziate, pur avendo annullato (in conformità alla decisione di primo grado) l’accertamento in capo alla società di fatto per la sua insussistenza, ha poi proceduto all’esame degli avvisi di accertamento a carico di M. S., ritenendo siffatti accertamenti legittimi per ragioni di merito, non oggetto di specifico gravame.
In conclusione, pertanto, i ricorsi, come riuniti, vanno rigettati, con conferma, sia pure per le diverse motivazioni sopra evidenziate, delle impugnate sentenze.
In considerazione dell’affermazione, da parte della S.C., del predetto principio di diritto in epoca successiva alla proposizione dei presenti ricorsi, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti i compensi e le spese di lite relativi al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Riunito il giudizio R.G.N. 18610/07 al giudizio R.G.N. 18605/07, rigetta i ricorsi;
dichiara interamente compensate tra le parti i compensi e le spese di lite relativi al presente giudizio di legittimità.
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