Corte di Cassazione sentenza n. 2750 del 5 febbraio 2013
PREVIDENZA SOCIALE – CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI – STABILITA’ DELLA GESTIONE – TRATTAMENTO PENSIONISTICO – PRINCIPIO DEL “PRO RATA”
massima
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In materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare – in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione – atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere tali atti incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” – che è stabilito in relazione “alle anzianità già maturate”, le quali concorrono a determinare il trattamento medesimo – e lesivi dell’affidamento dell’assicurato a conseguire una pensione di consistenza proporzionale alla quantità dei contributi versati.
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FATTO E DIRITTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Torino accoglieva la domanda proposta da S.L. nei confronti della Cassa Nazionale Previdenza Assistenza Dottori Commercialisti, dichiarando la illegittimità dell’applicazione, da parte della Cassa, a partire dal 2004 in poi, del contributo di solidarietà sulla pensione in godimento;
Avverso detta sentenza la Cassa soccombente ricorre con due motivi.
S.L. resiste con controricorso;
Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di manifesta infondatezza del ricorso;
Lette le note di entrambe le parti;
Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili;
Quanto al primo motivo, risulta dalla sentenza impugnata che il professionista aveva chiesto, con il ricorso di primo grado, la restituzione del contributo di solidarietà applicato dal 2004 per Euro 9.740,85, oltre gli ulteriori importi maturati dopo il novembre 2006.
Con ciò la pretesa atteneva anche a tutto il periodo successivo al novembre 2006. A fronte della sentenza di primo grado, che aveva parzialmente accolto la domanda, perché aveva deciso per la legittimità del prelievo a partire dal primo gennaio 2007, il professionista aveva spiegato appello incidentale, che la Corte adita ha accolto, condannando la Cassa alla restituzione delle somme trattenute a titolo di contributo di solidarietà a partire dal gennaio 2007;
Se tale è la vicenda processuale, non si ravvisa alcuna ultra petizione, perché la pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo atteneva al prelievo senza determinazione di tempo, concerneva cioè la restituzione delle somme già trattenute e la illegittimità delle trattenute a venire.
Nel merito, questa Corte ha già deciso la questione con la sentenza n. 25212 del 30/11/2009, con cui si è affermato “In materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare – in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione – atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere tali atti incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” – che è stabilito in relazione “alle anzianità già maturate”, le quali concorrono a determinare il trattamento medesimo – e lesivi dell’affidamento dell’assicurato a conseguire una pensione di consistenza proporzionale alla quantità dei contributi versati”. Nello stesso senso sì sono pronunziate le altre sentenza n. 25029 e 25030 del 2009. Né la trattenuta può considerarsi legittima a seguito della entrata in vigore della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, perché detta norma incide sul sistema del pro rata, che quindi è estraneo alla tematica del contributo di solidarietà che interessa la presente causa.
Nessuna influenza può avere poi la invocata delibera della Cassa del 28.10.2008, perché di essa non si è trattato in sede di merito, giacché la tesi ivi sostenuta dalla Cassa era solo che la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763 aveva reso legittima l’applicazione del contributo di solidarietà. Il ricorso va quindi rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro quaranta per esborsi e duemilacinquecento per compensi professionali, con accessori di legge.
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