Corte di Cassazione sentenza n. 27676 del 20 dicembre 2011
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNI SUL LAVORO – RENDITA PER INABILITA’ PERMANENTE PARZIALE – INABILITA’: (AGGRAVAMENTI, RICADUTE) – INDENNITA’ O RENDITA – MAGGIORAZIONI, MIGLIORAMENTI, REVISIONE
massima
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In tema di assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro, qualora si aggravino, determinando una inabilità temporanea assoluta, gli esiti di un infortunio o di una malattia professionale, per i quali viene già corrisposta una rendita per inabilità permanente parziale, non sussiste il diritto ad una indennità giornaliera, non potendo tali prestazioni cumularsi, mentre eventuali ricadute nella malattia o riacutizzazioni degli esiti dell’infortunio, che determinino l’impossibilità temporanea di attendere al lavoro, possono essere prese in considerazione ove aggravino stabilmente la condizione del lavoratore, in sede di revisione della rendita di inabilità, ex art. 83 del D.P.R. n. 1124/1965, restando pur sempre salva la tutela del lavoratore predisposta in via generale dall’art. 2110 c.c. a mezzo delle prestazioni per malattia a carico dell’INPS.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
G.R., titolare di rendita di inabilità per infortunio sul lavoro, ha chiesto il riconoscimento del diritto alla corresponsione di una integrazione di detta rendita, d.p.r. 1124/1965, ex art. 89 fino alla concorrenza della misura massima dell’indennità per inabilità temporanea assoluta, per il periodo dal 6.10.1998 al 19.8.1999, in cui si era sottoposta a speciali cure mediche e chirurgiche necessarie alla reintegrazione della propria capacità lavorativa.
Il Tribunale di Rimini ha respinto la domanda con sentenza che è stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna, che ha ritenuto che il riconoscimento del diritto a rendita non consentiva la coesistenza, per lo stesso periodo, dell’indennità per inabilità temporanea, atteso che, nel caso di una riacutizzazione dei postumi permanenti conseguenti all’infortunio sul lavoro, avrebbe potuto, se mai, essere riconosciuto all’interessata il diritto alla corresponsione dell’indennità di malattia da parte dell’Inps.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione G.R. affidandosi ad un unico motivo di ricorso cui resiste con controricorso l’Inail.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con l’unico motivo si denuncia violazione del D.P.R. n. 1124/1965 artt. 66, 68 74, 89 e 117, artt. 112 e 437 c.p.c., nonché vizio di motivazione, chiedendo a questa Corte di stabilire se “il divieto di cumulo fra l’indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta e la rendita in godimento sussiste nei casi di contemporaneo godimento del diritto al trattamento di malattia a carico dell’Inps” e se “l’integrazione della rendita fino a concorrenza della indennità per inabilità temporanea assoluta è stata espressamente prevista dal legislatore all’art. 89, cit. T.U. per il caso di infortunato sottoposto durante il periodo della rendita a speciali cure mediche e chirurgiche utili per la restaurazione della capacità lavorativa nel caso di assicurato senza diritto al godimento di indennità di malattia”.
2.- Il ricorso è infondato. I quesiti formulati dalla ricorrente devono trovare risposta nei principi più volte espressi da questa Corte (cfr. Cass. n. 11145/2004, Cass. n. 1380/2005, cui adde Cass. n. 8308/2006) secondo cui, in tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, qualora si aggravino, determinando una inabilità temporanea assoluta, gli esiti di un infortunio o di una malattia professionale, per i quali viene già corrisposta una rendita per inabilità permanente parziale, non sussiste il diritto ad una indennità giornaliera, non potendo tali prestazioni cumularsi, mentre eventuali ricadute nella malattia o riacutizzazioni degli esisti dell’infortunio, che determinino l’impossibilità temporanea di attendere al lavoro, possono essere prese in considerazione, ove aggravino stabilmente la condizione del lavoratore, in sede di revisione della rendita di inabilità, D.P.R. n. 1124/1965, ex art. 83 salva la tutela del lavoratore predisposta in via generale dall’art. 2110 c.c. a messo delle prestazioni per malattia a carico dell’INPS.
3.- Nella specie, al momento del ricovero ospedaliere per l’intervento di protesi alla spalla destra, la ricorrente già godeva di una rendita di inabilità rapportata al grado del 37% (successivamente elevato al 40%), sicchè non poteva cumulare tale prestazione con quella prevista dall’art. 66, cit. T.U. in casi di inabilità temporanea assoluta.
D’altra parte, nel caso di specie, non sussistevano neppure le condizioni previste dall’art. 89, cit. T.U. per far luogo alla corresponsione di una integrazione della rendita di inabilità fino alla misura massima dell’indennità per inabilità temporanea assoluta (cd. integrazione della rendita), posto che, ai sensi della suddetta disposizione di legge, tale integrazione può essere riconosciuta solo nel caso in cui, dopo la costituzione della rendita, l’infortunato debba sottoporsi a speciali cure mediche e chirurgiche disposte dall’INAIL in quanto ritenute utili per la restaurazione della capacità lavorativa, condizioni, queste, che non si riscontrano nel caso in esame.
4.- In conclusione, il ricorso è respinto. Non deve provvedersi in ordine alle spese del giudizio di legittimità, trattandosi di fattispecie alla quale è applicabile ratione temporis l’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo precedente alla innovazione introdotta dal D.L. n. 269/2003, art. 42, comma 11, conv. in L. n. 236/2003.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
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