CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 dicembre 2013, n. 27831
Tributi – Accertamento – Mancato rispetto del termine di sessanta giorni dall’ispezione – Atto impositivo nullo. – Credito d’imposta per incremento occupazionale ex art. 7, Legge n. 388/2000 – Requisiti – Comunicazione ad ASL e Ispettorato del lavoro del responsabile sicurezza – Necessità
Il processo
Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma, 21.3.2007, che, in riforma della sentenza C.T.P. di Roma n. 451/04/2005, ebbe ad accogliere l’appello della contribuente, così affermando la illegittimità del recupero del credito d’imposta, previsto dall’art.7 legge n. 388 del 2000 e fruito dalla società I.S. s.r.l. per gli anni 2001-2003, in ragione dell’incremento occupazionale.
Il provvedimento di recupero del credito d’imposta era stato adottato in ragione della mancata comunicazione alla ASL ed all’Ispettorato del Lavoro della nomina del responsabile del servizio prevenzione e protezione, adempimento imposto dall’art.8, co. 11 del d.lgs. n.626/1994, ma che la C.T.R. ritenne sanato, sia per la natura formale dell’omissione (tale da non incidere sull’apprezzamento sostanziale delle altre condizioni, non contestate) sia per l’assenza, nella normativa, di un termine perentorio di assolvimento, circostanza peraltro poi intervenuta a cura della società (nella quale proprio il legale rappresentante sarebbe stato identificato per la citata funzione sin dal 1996) e perciò negando la sussistenza degli estremi della revoca ai sensi del co.7 dell’art.7 L.cit.
La C.T.R., accogliendo per tale assorbente ragione l’appello, superò la prima censura mossa dalla contribuente in punto di dedotta violazione dell’art.12 della legge n.212 del 2000, per il mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni tra la notifica del processo verbale di constatazione e quella dell’avviso di recupero del credito d’imposta, rilevandone la giustificabilità alla stregua dell’urgenza quale addotta dall’Ufficio.
Il ricorso è affidato a due motivi, cui resiste la società con controricorso e ricorso incidentale condizionato imperniato su quattro motivi (tali riscontrati, nonostante la numerazione a sei).
I fatti rilevanti della causa e le ragioni della decisione
Sul ricorso RGN n.13527/2008
Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto il vizio di violazione di legge con riguardo agli artt. 7, L. n. 388/2000, 8 e 10 d.lgs. n. 626/1994 e 12 e 14 preleggi in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo la corte erroneamente attribuito valore meramente formale all’accertata omessa comunicazione, ad ASL e Ispettorato del lavoro, della designazione del responsabile del servizio di protezione e prevenzione, figura invece essenziale già ai fini delle competenze elaborative di cui all’art.4, co.6 d.lgs. n. 626/1994 sui rischi per la salute del processo produttivo ed ai fini anche dei conseguenti controlli di tali uffici competenti.
Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto il vizio di motivazione su punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 n. 5 cod.proc.civ. non avendo dato conto la C.T.R. degli elementi di prova alla stregua dei quali vi sarebbe stata una previa identificazione (“sin dal 1996 nel legale rappresentante”) del soggetto responsabile del menzionato servizio di prevenzione e protezione, nemmeno indicando l’effettività dei requisiti in capo al titolare idonei a tale assunzione diretta dei compiti ex art. 10 d.lgs. n. 626/1994.
Sul controricorso con ricorso incidentale condizionato RGN n.16153/2008
Con il primo motivo, il controricorrente ha dedotto la violazione di legge, con riguardo all’art. 12, co.7 L. 27.7.2000, n. 212, in relazione all’art. 360 n. 3 cod.proc.civ., avendo la corte erroneamente ritenuto non violato il principio di cooperazione ivi sancito, il quale preclude l’emanazione dell’avviso di accertamento, come invece avvenuto, prima dei 60 giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni e senza che fossero indicati i motivati casi di urgenza, esclusi dal non aver agito l’Ufficio, nonostante l’enunciazione, anche per le annualità 1999-2000.
Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto vizio di motivazione su punto decisivo, in relazione all’art. 360 n. 5 cod.proc.civ., avendo la corte assecondato, ma senza riscontro probatorio, l’affermazione dell’Ufficio rappresentativa di un agire urgente, cioè nell’imminenza della delimitazione a procedere per annualità d’imposta invece suscettibili di accertamento ed azione anche successivi, trattandosi degli anni da 2001 a 2003.
Con il terzo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione di legge, con riguardo all’art. 7, co. 7, d.lgs. 23.12.2000, n. 388, in relazione all’art. 360 n. 3 cod.proc.civ., avendo la corte erroneamente non esaminato, pur in un complessivo assorbimento delle ragioni di accoglimento dell’appello, un motivo di censura riproposto in sede di legittimità ed afferente alla necessaria compresenza dell’accertamento giudiziale della condotta sindacale, ex art. 28 Statuto lavoratori, per conferire rilevanza alle violazioni non formali delle leggi sulla salute e la sicurezza, alla stregua di condizioni di revoca – solo così integrate – dei citati benefici fiscali.
Con il quarto motivo, il ricorrente ha dedotto la medesima violazione di legge (anch’essa assorbita nell’esame della corte), sotto il distinto profilo del disallineamento temporale della pretesa violazione comunicativa che sarebbe avvenuta nel 1996, quando cioè agli enti la società avrebbe dovuto comunicare la designazione del citato responsabile, mentre l’art.7, co.7 L. n.388/2000 esige, ai fini della revoca, che le violazioni siano commesse nel periodo di applicazione delle relative disposizioni, cioè, nella vicenda, dal 2001 al 2003, cui si riferiscono le agevolazioni fiscali.
1. Il primo motivo del ricorso principale è fondato, dovendo contestualmente essere rigettati i motivi terzo e quarto del ricorso incidentale, al cui esame questo Collegio è tenuto in via consequenziale. Invero l’art.7, co.5 della L. n.388 del 2000 pone, tra le condizioni di spettanza del credito d’imposta per incremento occupazionale, che i datori di lavori), nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2000 e il 31 dicembre 2003, abbiano proceduto ad aumentare il numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato purché, tra le altre, sia assolta la condizione di cui alla lettera d) del citato co.5: debbono risultare rispettate le prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dai D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, e loro successive modificazioni, nonché dai successivi decreti legislativi attuativi di direttive comunitarie in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Le prescrizioni della legislazione sociale attinenti al d.lgs. n.626 del 1994, e corrispondenti all’oggetto della contestazione, concernono il funzionamento del servizio di prevenzione e protezione (art.8), per il quale (comma 11) il datore di lavoro comunica all’ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona designata come responsabile del servilo di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all’azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si attesti con riferimento alle persone designate: a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione; b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti; c) il curriculum professionale. li pacifico che il recupero del credito d’imposta avvenne proprio per la mancata prova, oggetto di omessa produzione documentale da parte della società contribuente, dell’invio all’ASL ed all’Ispettorato di tale designazione, che fu invece attuata poco tempo dopo la redazione del p.v.c. e la notifica dell’avviso di recupero.
2. Ritiene il Collegio che l’affermazione della C.T.R., secondo cui l’accertata violazione sarebbe solo formate, perciò non comportando la revoca dell’agevolazione fiscale, in difetto delle condizioni a tale stregua fissate al co. 7 dell’art.7 della L. n.388 del 2000, non corrisponda alla ratio della disposizione, rivelando invece la lettura più corretta – volta a dare un senso ad entrambe le disposizioni senza rendere la seconda una specificazione parziale della prima – due ambiti distinti: mentre invero il co.5 dell’art. in esame indica le condizioni generali di spettanza del credito d’imposta, elencate come altrettanti requisiti di possesso congiunto da parte del datore di lavoro richiedente ed oggetto di un generale potere di controllo anche ex post della P.A., il co. 7 si limita ad enucleare non la simmetrica norma determinativa dei presupposti della revoca del beneficio ed avendo riguardo agli elementi positivi di cui all’anteriore co.5, bensì una autonoma situazione, suscettibile, se rinvenuta nei suoi dati di fatto, di fondare un’ulteriore e separata ragione di revoca. Tale comma dispone infatti che qualora vengano definitivamente accertate violazioni non formali, e per le quali sono state irrogate sanzioni di importo superiore a lire 5 milioni [Lit], alla normativa fiscale e contributiva in materia di lavoro dipendente, ovvero violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, prevista dai D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, e loro successive modificazioni, nonché dai successivi decreti legislativi attuativi di direttive comunitarie in materia di sicurezza igiene del lavoro, commesse nel periodo in cui si applicano le disposizioni del presente articolo e qualora siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale ai sensi dell’articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300. Le agevolazioni sono revocate. Dalla data del definitivo accertamento delle violazioni, decorrono i termini per far luogo al recupero delle minori imposte versate o del maggiore credito riportato e per l’applicazione delle relative sanzioni. Il co.7 assolve dunque ad una funzione di chiusura della disciplina agevolatrice, mirando essa ad incentivare l’allargamento della base occupazionale (mediante il lavoro a tempo indeterminato) ma da parte di un’impresa che comunque, nel periodo di promuovimento lavoristico, sia rimasta immune da condotte assunte in violazione di disposizioni di presidio fiscale o contributivo o attinenti alla sicurezza o da pratiche antisindacali: si tratta di condizioni che non sembrano dover ricorrere in via cumulativa, bastando invece che anche solo una di esse sia accertata in via definitiva perché si formi il presupposto della revoca, sempre che la violazione non sia di tipo formale ed invece l’irrogazione sanzionatoria sia stata per somma superiore alla soglia riportata (avuto riguardo alle fattispecie di cui l’incipit della disposizione). La norma, all’evidenza, si propone di mantenere sotto temporanea osservazione di meritevolezza in senso lato il datore di lavoro richiedente, così spiegandosi che le citate fattispecie debbono intervenire, come cause di revoca, all’interno dello stesso arco temporale di vigenza della agevolazione fiscale. La regola di cui al co.5, oltre a non riversarsi – come premesso – nel meccanismo della revoca di cui al co.7, esprime invece e semplicemente una più generale riferibilità alle condizioni di accesso al contributo, il cui difetto di per se integra una causa di revoca altrettanto generale, cioè posta alla stessa altezza dei descritti requisiti: se la P.A. scopre ad es. che i nuovi assunti hanno già avuto lo status di occupati con rapporto a tempo indeterminato e nei 24 mesi anteriori, essa deve innescare gli atti di ripresa, senza che si ponga alcuna questione di violazione non formale quale ulteriore condizione cui far dipendere il recupero dell’agevolazione.
3. La comunicazione alla ASL e all’Ispettorato del lavoro della designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, quale oggetto di una specifica obbligazione a carico del datore di lavoro, ai sensi dell’art.8, co. 11 d.lgs. n.626/1994, è peraltro inquadrata dall’art.89, co. 3, del d.lgs. cit., alla stregua di una contravvenzione, per la quale datore di lavoro e dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni [Lit], a riprova ulteriore, anche in un’ipotizzata lettura estensiva del requisito della formalità della violazione, che è confutabile la tesi che vorrebbe ascrivere tale sostanziale illecito ad un alveo di irregolarità tipizzabili nel novero di quelle solo formali, cioè non incidenti sul funzionamento sostanziale delle tutele e delle protezioni sulla sicurezza e la salute perseguite dal complesso legislativo n. 626.
4. L’autonomia delle due fattispecie di cui ai co. 5 e 7 dell’art.7 L. n.388/2000 (Cass. 21698/2010) giustifica pertanto la reiezione del terzo e quarto motivo del ricorso incidentale: sia in quanto trova applicazione alla fattispecie il comma 5 e non il comma 7 dell’art. 7 cit. (avendo operato la P.A. esercitando un generale potere di controllo sulle condizioni oggettive e soggettive di fruibilità del credito d’imposta, Cass. 22860/2011), sia perché, in ogni caso, risultano prive di fondamento, per difetto di apprezzabile supporto normativo, tanto la tesi che subordina la revoca del credito d’imposta alla ricorrenza del requisito aggiunto dato da un provvedimento giudiziale repressivo della condotta antisindacale (che è invece e semmai autonomo elemento di revoca), quanto la tesi che esige che la commissione della violazione ex d.lgs. n.626/1994 si sia data nel periodo di operatività delle agevolazioni (cioè nell’arco di tempo per il quale esse sono domandate), mentre una diretta infrazione del co.5 lett.d) attiene ad un difetto di condizione verificabile al momento della richiesta dell’agevolazione stessa o comunque tale, se accertato dopo, da attivare il procedimento di revoca.
5. Quanto al secondo motivo del ricorso principale, se ne afferma l’inammissibilità, con esso, Agenzia delle Entrate, censurando l’insufficiente motivazione con cui la C.T.R. ha riscontrato la circostanza della pregressa identificazione (“fin dal 1996”) e nel legale rappresentante della società del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha espresso una doglianza contro un punto che né è decisivo ai fini della decisione della controversia, né comunque realizza un’autonoma ratio decidendi. Non appare invero comprensibile quale sia il nesso tra l’affermata preesistenza in capo al legale rappresentante di I.S. s.r.l. dell’incarico di responsabile ai predetti fini e la mancata comunicazione ad ASL ed Ispettorato del lavoro della nomina stessa, circostanza che di per sé integra condizione di revoca dell’agevolazione fiscale.
6. Sono invece fondati i motivi primo e secondo del ricorso incidentale. Con essi, facendosi valere dalla contribuente la violazione del principio di cooperazione di cui all’art.12, co.4, L. 27.7.2000, n.212 e comunque la contraddittoria motivazione su tale punto, viene in rilievo che: l’avviso di accertamento per cui e causa è stato emanato circa una settimana dopo la redazione del processo verbale, senza attendere lo spirare dei 60 giorni dal rilascio della relativa copia; a giustificazione di tale azione anticipata, Ufficio e C.T.R. hanno rispettivamente prospettato e convenuto sulla natura urgente dell’atto, al fine di rispettare i termini utili per il controllo, che però ha riguardato gli anni dal 2001 al 2003, e non – come allegato in giudizio da Agenzia delle Entrate – dal 1999 al 2003. Ritiene questo Collegio che il diritto del contribuente al contraddittorio preprocessuale non sia stato rispettato, in quanto – stando il tenore dell’atto riportato dalla controricorrente – erroneamente è stata invocata l’urgenza, in giudizio motivandosene l’esistenza per il dover l’Ufficio procedere al controllo degli anni dal 1999 al 2003, in contrasto con l’azione di recupero erariale, espletata invece sugli anni 2001-2003. Ne invero nella motivazione dell’avviso impugnato (come pur era possibile, ancorché non esplicitamente prescritto dalla norma), né nel corso del processo tributario (come invece divenuto inevitabile modo di assolvimento dell’onere enunciativo, a seguito dell’impugnazione del contribuente), l’Ufficio ha messo in grado il contribuente di riscontrare una diversa ragione giustificativa dell’urgenza, allo stato circoscritta all’imminenza di termini di decadenza che, se riferiti all’annualità accertata del 2001, sarebbero scaduti oltre due anni e mezzo dopo la chiusura della verifica (al 25 marzo 2004), e cioè al 31.12.2006. Tale circostanza anzi positivamente esclude un caso di valida (dunque riferita all’epoca dell’atto emesso ante tempus) e particolare (cioè specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario in questione) ragione di urgenza, idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento.
Ritiene conclusivamente il Collegio che la sentenza impugnata abbia contravvenuto al principio, cui s’intende dare continuità, per cui notifica dell’avviso di accertamento non può avvenire nei confronti del contribuente prima che, ai sensi dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, siano decorsi – di regola e salvo casi di particolare e motivata urgenza – sessanta giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, potendo entro tale termine, da considerare perentorio e a sua garanzia, il contribuente comunicare osservazioni e richieste” (Cass. 6088/2011), nemmeno essendo emersa nel processo una ragionevole e plausibile ragione di diversa urgenza, tale da giustificare, per un superiore interesse all’efficacia dell’azione pubblica, il sacrificio del diritto al contraddittorio del contribuente (Cass. 11944/2012), anche per le modalità di risultanza dell’elemento esonerativo del limite temporale, come ancor più di recente precisate ed esaustivamente chiarite da Cass. s.u. n. 18184/2013 per la quale “Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio come non avvenuto nella vicenda qui esaminata.
7. Il ricorso principale va pertanto dichiarato fondato, quanto al primo motivo, ritenuta l’inammissibilità del secondo; sono altresì fondati i primi due motivi del ricorso incidentale condizionato, al cui esame la Corte ha dovuto procedere a seguito dell’accoglimento del ricorso principale; ne consegue la cassazione della sentenza impugnata; decidendo nel merito, va dichiarata la nullità dell’atto di accertamento, cosi accogliendosi il ricorso originario del contribuente. Sussistono giustificati motivi, data la relativa novità della questione attinente all’istituto del contraddittorio preprocessuale ed altresì di quella propria del valore della citata comunicazione agli enti pubblici ex d.lgs. n.626/1994, per compensare integralmente le spese del giudizio, anche quanto alla presente fase.
P.Q.M.
Accoglie i primi due motivi del ricorso incidentale condizionato, rigetta i motivi terzo e quarto, assorbito il ricorso principale; per l’effetto cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente, annullando l’avviso di accertamento; dichiara integralmente compensate le spese del giudizio, anche per la fase di legittimità.
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