Corte di Cassazione sentenza n. 410 del 10 gennaio 2013
IVA – RIMBORSO – COSTRUZIONE DELL’IMMOBILE DESTINATO ALL’ESERCIZIO DELL’ATTIVITA
massima
______________
Se l’attività non è iniziata non può essere negato il rimborso dell’Iva relativa alla costruzione dell’immobile destinato all’esercizio dell’attività. A meno che non ci siano state condotte fraudolente.
______________
Fatto – Diritto – P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato alla s.a.s. F.lli PRISCO di Fruccio Maria & C, l’AGENZIA delle ENTRATE – premesso che: (1) detta società aveva “chiesto a rimborso” (“mediante mod. VR 99 presentato al…
concessionario della riscossione in data 26 marzo 1999″) il “credito di imposta relativa alla fattura n. 1 dello stesso anno emessa… per opere di completamento di un complesso immobiliare non ultimato” (“che avrebbe dovuto essere destinato all’esercizio dell’attività produttiva”) esposto nella “dichiarazione IVA… per l’anno 1998”;
(2) la “richiesta” era “rimasta sospesa” non avendo l’Ufficio rilevato (dopo “un accesso esterno”) “l’esistenza in concreto della società”, (3) lo stesso Ufficio, essendo emerso (“da ulteriori controlli”) che la società “non ha mai iniziato l’attività produttiva” (anzi aveva deliberato “lo scioglimento e la messa in liquidazione volontaria”), che “nell’anno 1998” la medesima ha “proceduto alla vendita di gran parte dei beni sociali” ed il “15 maggio 1998 ha redatto l’atto di assegnazione ai soci dei beni sociali residui” (“con richiesta di applicazione delle agevolazioni tributarie previste dalla L. n. 662 del 1992, art. 3”), aveva (a) “irrogato” (“atto di constatazione”) “una sanzione… per l’irregolare tenuta delle scritture contabili”, (b) “disconosciuto” (“avviso di accertamento”) “il diritto alla detrazione dell’IVA nell’anno 1998, da cui è derivato il credito richiesto a rimborso” e (c) “espresso” (“provvedimento… del 13 dicembre 2004”) “parere sfavorevole alla erogazione del rimborso richiesto”; (4) “tutti i suddetti provvedimenti sono stati impugnati” -, in forza di cinque motivi, chiede di cassare la sentenza n. 46/52/06 della Commissione Tributaria Regionale della Campania (depositata il 24 maggio 2006) che ha recepito l’appello della contribuente.
La società, benchè ritualmente intimata (notifica del ricorso eseguita il 9 luglio 2007 nel domicilio eletto indicato nell’epigrafe della sentenza impugnata), non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. La Commissione Tributaria Regionale ha accolto “il ricorso della società” osservando:
“la società aveva chiesto il rimborso dell’IVA con riferimento ai beni immobili ammortizzabili (cespiti), per cui nulla rileva se la società abbia o meno dato inizio all’attività prevista dall’oggetto sociale” non potendosi “negare che l’immobile (opificio) è stato realizzato”: “pertanto appare più che legittima la richiesta di rimborso dell’… IVA a suo tempo erogata”.
2. L’Agenzia censura la decisione per cinque motivi:
(1) “violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c.” (essendosi affermata “la sussistenza del diritto di rimborso” con la sentenza “qui impugnata” e “riconosciuto la legittimità del provvedimento con cui l’Ufficio aveva rettificato la dichiarazione annuale da cui risultava il credito chiesto a rimborso” con “la separata sentenza n. 825/01/06”), concluse con il “quesito” ex art. 366 bis c.p.c..
“se la causa proposta contro l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio abbia disconosciuto il credito IVA esposto in dichiarazione abbia carattere pregiudiziale rispetto alla causa proposta contro il provvedimento di rigetto dell’istanza di rimborso dello stesso credito, e se pertanto quest’ultima causa debba essere sospesa ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in attesa della definizione del primo giudizio”;
(2) “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53”, (“controparte avrebbe dovuto impugnare puntualmente” la “decisiva statuizione” con la quale la “C.T.P…. aveva sostenuto” che “l’imposta non era detraibile… perchè riguardava un’operazione non inerente (lavori di completamento di un immobile da destinare all’esercizio di una attività mai intrapresa, risultanti da una fattura emessa dopo la delibera di scioglimento e di messa in liquidazione della società)”), riassunte nel “quesito”.
“se sia inammissibile l’appello contro una sentenza che disconosca il diritto a rimborso di un credito IVA per l’assenta indetraibilità dell’imposta per mancanza del requisito dell’inerenza, allorchè l’appellante non deduca e non dimostri la sussistenza del requisito ritenuto mancante, ma si limiti a sostenere genericamente che il credito inerisce ad un bene ammortizzabile”;
(3) “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione” (in ordine alla prova della “sussistenza del requisito della inerenza”):
– “non ha… verificato… se l’imposta portata in detrazione riguardasse effettivamente un’operazione inerente alla realizzazione di un opificio strumentale all’esercizio dell’impresa”;
– “la parte ha sostenuto di aver ultimato il complesso immobiliare sin dal 27 ottobre 1990” mentre “la fattura…è stata emessa nel 1998, dopo lo scioglimento della società avvenuto il 21 maggio 1997”;
– “i beni sociali sono stati in gran parte venduti nel corso del 1998, e per la restante parte assegnati ai soci”; “l’imposta portata in detrazione avrebbe riguardato pretese opere di completamento” (“non si è chiarito nè in cosa consistessero le opere di completamento… nè come potessero essere ritenuti inerenti ad un bene strumentale i lavori eseguiti allorchè erano state deliberate lo scioglimento della società e la vendita o l’assegnazione dei beni, in mancanza dunque di esercizio di qualunque attività produttiva”);
(4) “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.” (“la CTR… non ha affatto esaminato le ulteriori questioni decisive, poste a fondamento dell’atto impositivo e riproposte… nelle…
difese di primo e secondo grado, concernenti la sussistenza del diritto al rimborso per la condizione di inoperatività della soc. F.lli Prisco, in base alle disposizioni della L. n. 662 del 1996, art. 3, commi 37, 38 43 e 45″), chiedendo (“quesito”) di dire “se incorre nella violazione dell’art. 112 c.p.c., il giudice tributario che accoglie la domanda di rimborso di un credito IVA senza affatto esaminare le eccezioni, ritualmente sollevate dall’Ufficio, secondo cui il rimborso dei credito sarebbe impedito dalle disposizioni” suindicate;
(5) “violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, commi 3 7, 38 43 e 45”, sintetizzate nel “quesito” “se sia ammissibile e fondata la domanda di rimborso presentata ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, n. 3, da una società che non abbia mai svolto attività di impresa e che abbia deliberato il proprio scioglimento prima della data del 31 maggio 1997, fruendo delle agevolazioni previste dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, commi 37, 38 43 e 45, sugli atti di assegnazione dei beni ai soci”.
3. Il primi tre motivi di ricorso sono infondati; il quarto deve essere accolto; il quinto (ultimo) risulta assorbito.
A. La prima censura è inammissibile.
“Come assolutamente pacifico, presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice” (così Cass., 3^, 16 settembre 2008 n. 23720, che richiama “Cass. 1 agosto 2007, n. 16992”), invero, “la sospensione del processo” ex art. 295 c.p.c., “presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra le due cause di cui si tratta sia non solo concreto, ma anche attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale sia tuttora pendente, non avendo altrimenti il provvedimento alcuna ragion d’essere, e traducendosi anzi in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione”.
“Ove”, quindi, “una sentenza venga” (come con il motivo in esame) “censurata in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale”, “incombe al ricorrente l’onere di dimostrare” (a) “che quest’altra causa è tuttora pendente” e (b) “che presumibilmente lo sarà anche nel momento in cui il ricorso verrà deciso” perchè “in difetto, manca la prova dell’interesse concreto ed attuale che deve sorreggere il ricorso, non polendo nè questa Corte… nè un eventuale giudice di rinvio disporre la sospensione del giudizio in attesa della definizione di un’altra causa che non risulti più effettivamente in corso”.
Nel caso la ricorrente non allega neppure la pendenza, al momento della notifica del ricorso per cassazione, se non di un processo – che si assume avere ad oggetto l’impugnazione del “provvedimento con cui l’Ufficio aveva rettificato la dichiarazione annuale da cui risultava il credito chiesto a rimborso” -, almeno del termine per impugnare la sentenza n. “825/01/06” (di cui non si specifica neppure la data del deposito) che sarebbe stata pronunciata nello stesso:
poichè, peraltro, a pag. 5 del suo ricorso per cassazione l’Agenzia afferma che “il ricorso” della contribuente “contro l’accertamento IVA per l’anno 1998 è stato rigettato… con sentenza… confermata dalla CTR di Napoli con sentenza… 526/01/06” (il ricorso avverso la quale è stato definitivamente respinto da Cass., trib., 13 novembre 2009 n. 23959), la doglianza si rivela inammissibile anche per la sua assoluta genericità.
B. La seconda doglianza (“violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53”), a sua volta, è inammissibile:
(1) per violazione dell’art. 366 c.p.c., essendosi la ricorrente limitata ad esporre il suo giudizio sulla portata precettiva della sentenza di primo grado la “C.T.P…. aveva sostenuto” che “l’imposta non era detraibile… perchè riguardava un’operazione non inerente (lavori di completamento di un immobile da destinare all’esercizio di una attività mai intrapresa, risultanti da una fattura emessa dopo la delibera di scioglimento e di messa in liquidazione della società)” e sul contenuto dell’appello proposto dalla contribuente, senza riportare (come detta norma impone, al noto fine di consentire a questa Corte di compiutamente formulare il suo giudizio senza lo scrutinio degli atti del processo di merito: cfr., Cass., 1^, 20 settembre 2006 n. 20405, che richiama “giurisp. costante: ex multis Cass. 2140/2006, 6225/2005, 1170/2004, 5148/2003, 10410/2002”, secondo cui “l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso, per il principio di autosufficienza di esso”) i conferenti brani testuali dei due atti, indispensabili atteso che il giudice regionale si è limitato a scrivere: (a) “la Commissione Tributaria Provinciale… ribadiva che, a fronte di una totale non correlazione tra ì beni acquistati e l’attività produttiva mai iniziata, andava negato il rimborso IVA”; (b) “in appello la società” ha evidenziato “che i giudici di primo grado avevano errato nella mancata applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30”, e richiamato “naturalmente le ragioni dell’originario ricorso”;
(2) conseguentemente, e comunque, per assoluta incongruità del formulato quesito di diritto (“se sia inammissibile l’appello contro una sentenza che disconosca il diritto a rimborso di un credito IVA per l’asserita indetraibilità dell’imposta per mancanza del requisito dell’inerenza, allorchè l’appellante non deduca e non dimostri la sussistenza del requisito ritenuto mancante, ma si limiti a sostenere genericamente che il credito inerisce ad un bene ammortizzabile”) in quanto lo stesso espone soltanto un “fatto” (“sentenza che disconosca il diritto a rimborso di un credito IVA…”; “appellante non deduca e non dimostri la sussistenza del requisito ritenuto mancante”), ovverosia che la sentenza appellata abbia disconosciuto “il diritto a rimborso di un credito IVA per l’asserita indetraibilità dell’imposta per mancanza del requisito dell’inerenza” e che con il gravame l’appellante non abbia dedotto e dimostrato “la sussistenza del requisito ritenuto mancante” ma si sia limitato a “sostenere… che il credito inerisce ad un bene ammortizzabile”, e, quindi non pone un “quesito di diritto” come richiesto dall’art. 366 bis c.p.c.: “il quesito di diritto” previsto da tale norma, infatti, “deve” sempre “compendiare” (Cass., 3^, 8 ottobre 2010 n. 20919), oltre che “la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito”, (2a) “la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice” e (2b) “la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie”, ovverosia elementi nel caso del tutto mancanti essendosi la ricorrente limitata a chiedere a questo giudice di legittimità (come nella richiamata decisione del 2010) “puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione” dell'” D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53″, senza indicare “il principio enunciato” (od anche implicitamente supposto) “dalla sentenza impugnata, nè quello diverso che questa Corte… dovrebbe dichiarare applicabile in sua vece”.
C. L’infondatezza del terzo motivo (vizio motivazionale in ordine alla prova della “sussistenza del requisito della inerenza”) discende dalla natura sostanzialmente giuridica (e non meramente fattuale) del problema della “inerenza”, desunta (in sintesi) dalla “non operatività” della contribuente.
La Corte Giustizia CE (sentenza 29 febbraio 1996 n. 110), come noto, ha statuito che “l’art. 4 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE,… sistema comune d’imposta sul valore aggiunto…, deve essere interpretato nel senso che”:
– “quando l’amministrazione tributaria ha riconosciuto la qualità di soggetto passivo IVA di una società che ha dichiarato la sua intenzione di avviare un’attività economica che da luogo ad operazioni imponibili, ordinare uno studio sulla redditività dell’attività programmata può essere considerato come un’attività economica ai sensi di tale articolo, anche se questo studio ha come fine di esaminare in quale misura l’attività programmata sia redditizia”;
– “salvo nei casi di situazioni fraudolente o abusive, la qualità di soggetto passivo IVA non può essere revocata con effetto retroattivo a tale società, qualora, in considerazione dei risultati di tale studio, si sia deciso di non passare alla fase operativa e di metterla in liquidazione, di modo che l’attività economica prevista non ha dato luogo ad operazioni imponibili”.
Da tale principio si ricava, univocamente, (1) che il mancato inizio (“si sia deciso di non passare”) dell’attività economica divisata (foriera, se intrapresa, di “operazioni imponibili”) – indipendentemente ed indifferentemente dalle ragioni – non è sufficiente, di per se solo, per disconoscere “la qualità di soggetto passivo IVA”, e (2) che i rapporti economici finalizzati a detta attività (quali, nel caso, quelli concernenti il capannone industriale) vanno considerati essi stessi (tenuto conto che il caso esaminato dal giudice comunitario concerneva il costo relativo ad uno “studio sulla redditività dell’attività” addirittura soltanto “programmata”) “attività economica” (quindi a prescindere dal riscontro di una “fase operativa”), “salvo nei casi” di “situazioni fraudolente o abusive”, della cui allegazione, però, non vi è traccia agli atti, non essendo stato nemmeno adombrato un preordinato disegno di tale natura tenuto conto dei tempi di alienazione a terzi e/o di distribuzione dei beni sociali ai soci.
D. Nella sentenza impugnata non vi è traccia di esame e, quindi, di decisione dell’autonomo motivo di diniego del rimborso d’imposta, dato dalle contestazione (espressa già nel “provvedimento… del 13 dicembre 2004”, testualmente riprodotto nel ricorso per cassazione) “del diritto al rimborso per la condizione di inoperatività della soc. F.lli Prisco, in base alle disposizioni della L. n. 662 del 1996, art. 3, commi 37,38 43 e 45”, (contestazione) ribadita dall’Ufficio nelle proprie controdeduzioni depositate nel giudizio di appello.
Attesa l’assoluta evidenza della denunziata violazione dell’art. 112 c.p.c., la sentenza impugnata deve essere cassata per avere omesso ogni pronuncia in ordine alla sussistenza delle condizioni, ostative del richiesto rimborso, previste dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, commi 37, 38, 43 e 43, (“concernenti le società non operative”) addotte dall’Ufficio.
E. Dall’accoglimento del precedente motivo discende l’inammissibilità del quinto (ultimo) atteso che, come naturale, l’accertata omissione di pronuncia sul punto involgente il complesso normativo indicato dalla ricorrente esclude la sussistenza stessa dell’errore ermeneutico denunziato, non avendo il giudice di appello assolutamente esaminato nè applicato quelle norme.
4. In definitiva, la causa, siccome bisognevole dei conferenti accertamenti fattuali, deve essere rinviata a sezione diversa della stessa Commissione Tributaria Regionale che ha emesso la pronuncia annullata affinchè esamini e decida la questione indicata al punto D del precedente n. 3 e provveda anche a regolare le spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta i prime tre motivi di ricorso; accoglie il quarto;
dichiara assorbito il quinto (ultimo); cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 maggio 2021, n. 13044 - La previsione dell'aliquota Iva agevolata del 4% di cui al punto 39 della tabella A del d.P.R. n. 633 del 1972 per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla…
- DECRETO LEGISLATIVO 28 febbraio 2021, n. 38 - Attuazione dell'articolo 7 della legge 8 agosto 2019, n. 86, recante misure in materia di riordino e riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l'esercizio degli impianti sportivi e della…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 33562 depositata il 15 novembre 2022 - In tema di IVA l'imposta addebitata al cedente è detraibile dal cessionario solo nel caso in cui il bene acquistato dal cessionario imprenditore sia concretamente destinato…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 802 depositata il 12 gennaio 2022 - In materia di distanze nelle costruzioni, qualora subentri una disposizione più favorevole al costruttore, si consolida - salvi gli effetti di un eventuale giudicato…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 05 luglio 2019, n. 18091 - Non è di ostacolo all'applicazione delle agevolazioni "prima casa" la circostanza che l'acquirente dell'immobile sia al contempo proprietario d'altro immobile (acquistato senza agevolazioni nel…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 luglio 2020, n. 15512 - L'acquisto dell'area è funzionale alla costruzione del fabbricato, il relativo investimento potrà integrare i presupposti dell'agevolazione soltanto con la completa realizzazione del fabbricato…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…