Corte di Cassazione sentenza n. 795 del 14 gennaio 2011
FISCO – AVVISO BONARIO EX ART. 6, COMMA 5, LEGGE N. 212 DEL 2000 – OBBLIGO DI INVIO DA PARTE DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA – PRESUPPOSTO – INCERTEZZA SU ASPETTI RILEVANTI DELLA DICHIARAZIONE – LIMITI – QUESTIONI INTERPRETATIVE NON RISULTANTI DALL’ATTO IMPOSITIVO – ESCLUSIONE
massima
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In tema di riscossione delle imposte, l’avviso bonario con cui, ai sensi dell’art. 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, prima di procedere all’iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione di un tributo risultante da una dichiarazione ovvero nel caso in cui emerga la spettanza di un minor rimborso d’imposta rispetto a quello richiesto, si invita il contribuente a fornire chiarimenti o a produrre documenti mancanti, deve essere inviato dall’amministrazione finanziaria, a pena di nullità, nei soli casi in cui sussistono incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione e non anche se non risulti dall’atto impositivo l’esistenza di incerte e rilevanti questioni interpretative.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società SK s.r.l. ricorreva avverso l’iscrizione a ruolo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis recante la liquidazione di Irap, Iva ed Irpeg per l’anno d’imposta 1999; eccepiva, per quanto qui interessa, la nullità dell’atto per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5. Resisteva l’ufficio.
La Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso. Contro la relativa sentenza proponeva appello la contribuente ribadendo le proprie eccezioni; l’ufficio resisteva. La Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello con la sentenza di cui in epigrafe. Avverso tale ultima sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione articolato su di un motivo unico; l’Agenzia ha depositato controricorso e memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il ricorso in esame la contribuente censura l’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5 per avere il giudice dell’appello ritenuto che il mancato invio del c.d. avviso bonario o comunicazione di regolarità, non comporta alcuna decadenza o nullità, “nessuna norma prevedendo ciò”.
A sua volta l’Agenzia controricorrente rileva che l’invocata L. n. 212 del 2000, art. 6 presuppone la sussistenza di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione” in ordine alle quali necessitano chiarimenti o la produzione, da parte del contribuente, dei documenti mancanti, mentre la fattispecie in esame verte sull’omesso versamento in autotassazione delle imposte dichiarate. Il ricorso è manifestamente infondato, invero l’invocata L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5 recita: “Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minore rimborso di imposta rispetto a quello richiesto…..”.
La lettera della norma è chiara nel richiedere, per il sorgere dell’obbligo dell’invito del contribuente, la sussistenza non solo di profili di incertezza ma anche di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. Deve pertanto affermarsi che, a norma della L. n. 212 del 2000, art. 6, l’avviso, previa iscrizione a ruolo di un tributo dopo la liquidazione di una dichiarazione, deve essere inviato a pena di nullità nei soli casi in cui sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione e non anche se non risulti l’esistenza di incerte e rilevanti questioni interpretative. Tanto ne caso di specie manca totalmente: come emerge dall’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito, e non impugnato, l’ufficio con l’atto impositivo controverso, ha soltanto richiesto che venisse corrisposta l’imposta esposta nel Modello Unico e non versata”. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Le spese vengono regolate in dispositivo in applicazione del principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese di giudizio che liquida in Euro 2.200,00 delle quali Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e competenze come per legge. Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011
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