COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Cagliari sentenza n. 271 sez. 4 del 29 agosto 2016
RISCOSSIONE – COMUNICAZIONE DI IRREGOLARITA’ – SANZIONI
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 69/01/2010 in data 17.3.2010 la Commissione Tributaria Provinciale di Nuoro ha rigettato il ricorso presentato da M.S.F. contro la cartella di pagamento n. (…) portante iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973, di Euro 23.432 per omesso versamento di IRAP dichiarata per l’anno 2005, oltre sanzioni ed accessori ed ha condannato il ricorrente a pagare le spese del giudizio in favore della Agenzia delle Entrate.
Il M., con il ricorso, aveva dedotto: la illegittimità della procedura seguita dalla Agenzia delle Entrate per la iscrizione a ruolo per omessa notifica dell’invito – comunicazioneprevisto dall’art. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973 con cui avrebbe dovuto fornire i chiarimenti necessari a norma dell’art. 6 comma 5 della L. n. 212 del 2000; non era vero che la notificazione della cartella fosse stata eseguita presso la residenza del ricorrente, mentre invece era stata eseguita presso lo studio professionale dello stesso a mani di una impiegata; la pretesa tributaria era priva di fondamento in quanto non precisava se si trattava di carente o omesso versamento.
La Agenzia aveva opposto che la mancanza di avviso bonario non determinava alcuna nullità poiché aveva solo la funzione di dare al contribuente la possibilità di attenuare le conseguenze sanzionatone della violazione di legge, il che non avrebbe impedito al contribuente di utilizzare la cartella alla stregua dell’avviso bonario, provvedendo al pagamento del dovuto con le sanzioni ridotte. Non vi era alcun vizio di notifica della cartella anche perchè il contribuente la aveva ricevuta e la aveva tempestivamente impugnata. La iscrizione a ruolo era legittima poiché riguardava il mancato versamento di IRAP che il contribuente aveva indicato nella dichiarazione dell’anno 2005 come un importo a credito, ma che peraltro era già stato utilizzato quale eccedenza di imposta, per cui aveva indebitamente omesso il pagamento di parte dell’IRAP dichiarata e dovuta per l’anno 2005.
Con memorie illustrative successive il contribuente aveva replicato assumendo che la mancata notificazione dell’avviso bonario costituiva un vizio della procedura che determinava la nullità del ruolo e che l’Ufficio, nelle sue difese, si era contraddetto affermando da una parte che aveva rettificato il modello unico 2006 e dall’altra che aveva eseguito una rettifica dell’anno 2005.
La CTP ha rilevato che non vi era alcun vizio di notifica della cartella anche perché eventualmente sanato dalla corretta impugnazione nei termini e che la iscrizione a ruolo era correttamente avvenuta, a norma dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973, in difetto dell’avviso bonario, neppure previsto nella specie, trattandosi di imposta dichiarata e non versata per l’importo di Euro 23.432.
Ha presentato appello il M. lamentando:
– La sentenza di primo grado era nulla per irregolare composizione della Commissione giudicatrice ed in particolare nella designazione di giudice relatore, che, come fatto rilevare in udienza, nell’atto inserito in bacheca prima dell’inizio dell’udienza, doveva essere il giudice Buono, mentre poi in udienza in relatore era il giudice Marceddu, ciò in violazione della risoluzione del consiglio di presidenza della Giustizia tributaria in data 25.11.2008 che fissava i criteri automatici per la designazione del relatori e la necessità di un atto formale del presidente che giustificasse la sostituzione. Tanto più che il giudice Marceddu aveva esaminato e proposto il rigetto della istanza di sospensione il che pareva anticipare anche l’esito della valutazione di merito;
– Erroneamente il primo giudice aveva respinto il ricorso nel merito, ritenendo che la cartella potesse sostituire l’avviso bonario, ignorando la sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione n. 5781 del 2008 che avevano disposto come la omessa notificazione di un atto presupposto determinava un vizio procedurale da cui scaturiva la nullità dell’atto consequenziale notificato;
– L’art. 36 bis consentiva poi solo il controllo formale dei dati indicati in dichiarazione e non anche una rettifica basata su dati di esercizi successivi, nella specie il 2006 allorchè sarebbe stato compensato il credito di imposta.
La Agenzia delle Entrate si è costituita anche nel giudizio di appello ed ha controdedotto:
– non era vero che vi fosse una nullità della sentenza per erronea costituzione del giudice anche perché la interrogazione del sito della CTP di Nuoro ( allegata alle controdeduzioni) indicava come giudice relatore Marceddu e non Buono, come erroneamente sostenuto dall’appellante. Pur non avendo l’appellante indicato alcuna norma di legge a sostegno del suo assunto, la norma eventualmente richiamabile sarebbe stata quella di cui all’art. 59 del D.Lgs. n. 546 del 1992 che si riferiva al collegio della commissione tributaria non legittimamente composto con riguardo ad ipotesi completamente diverse, ossia vizi di composizione numerica del collegio ovvero di partecipazione alla deliberazione di un soggetto che non rivestiva la qualità di giudice. La partecipazione del giudice Marceddu al collegio che aveva deciso la istanza di sospensione non costituiva in ogni caso una anticipazione del giudizio poiché la decisione cautelare non pregiudicava il merito e comunque era solo uno dei componenti del collegio;
– quanto alla questione dell’avviso bonario, premesso che dalla cartella di pagamento risultava espressamente che la “la comunicazione è stata predisposta in data 30/06/08 con codice atto n. (…)”, la omissione dell’avviso bonario, come ritenuto dalla Corte di Cassazione, non determinava alcuna nullità della cartella poiché aveva solo la funzione di attenuare le conseguenze sanzionatone della violazione di legge e dalla stessa cartella impugnata risultava comunque la specifica dicitura “Il contribuente, qualora non abbia ricevuto la comunicazione di irregolarità, può entro 30 giorni dalla notifica della presente cartella, rappresentare il disguido al presente ufficio che ha effettuato l’iscrizione a ruolo. L’ufficio esperiti gli opportuni controlli disporrà l’eventuale riduzione ad 1/3 delle somme iscritte a ruolo”;
– la comunicazione di irregolarità non era dovuta nel caso in esame poiché non si trattava di rettifica a seguito di controllo, bensì dell’omesso pagamento di IRPEF disceso dall’utilizzo, in sostituzione, di un credito che però era stato già utilizzato in compensazione, come desumibile dal modello F 24 (allegato 6) in data 20.7.2006. I dati erano sati incrociati e corretti automaticamente dal sistema che aveva rilevato l’omesso pagamento, in sede di versamento delle imposte per il 2005, di parte di quelle risultanti dalla dichiarazioni IRAP e non vi era alcuna confusione – erroneamente supposta dall’appellante – fra i dati del 2005 e quelli del 2006 poiché il modello di dichiarazione Unico era del 2006 ma l’anno di imposta era il 2005.
Non avendo le parti chiesto la discussione in udienza pubblica, l’appello è stato trattato in camera di consiglio e quindi assegnato a decisione sulle conclusioni sopra trascritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è infondato.
Pare che l’appellante abbia abbandonato la questione di nullità della notificazione della cartella esattoriale che peraltro appare infondata e comunque irrilevante. Infatti la notificazione al destinatario dell’atto, dalla quale decorre il termine per il ricorso, non deve avvenire necessariamente a mani del destinatario o almeno presso la sua abitazione, ma, in applicazione il disposto dell’art. 139 cod. proc. civ., può essere validamente eseguita – nell’ambito del comune di residenza – anche presso il suo studio professionale e a mani di persona addetta allo stesso (v. Cass. Sez. U, Sentenza n. 819 del 22/11/1999 Rv. 531376), come è avvenuto nella specie. Tanto più che l’atto è stato ricevuto ed impugnato nei termini dal destinatario, che lo ha depositato al momento della sua costituzione, per cui qualsiasi nullità sarebbe sanata, a norma dell’art. 156 c.p.c, per il raggiungimento dello scopo.
Quanto alla pretesa nullità della sentenza per avere svolto le funzioni di relatore un giudice diverso da quello che sarebbe stato designato nel ruolo affisso in bacheca prima dell’udienza, l’appellante non indica quale sarebbe la norma violata e quali le conseguenze della presunta sostituzione del relatore, peraltro solo supposta dall’appellante, mentre l’ufficio ha depositato la stampa delle risultanze del sito ufficiale della CTP di Nuoro da cui emerge che il relatore stabilito era il giudice Marceddu e cioè proprio colui che aveva svolto tali funzioni come risulta anche dalla sentenza impugnata. La disposizione che disciplina la ipotesi del collegio non legittimamente composto, con specifico riferimento al giudizio tributario è l’art. 59, primo comma, lett. d), del D.Lgs. n. 546 del 1992, in base al quale la commissione tributaria regionale deve rimettere la causa alla commissione provinciale, quando riconosce che il collegio della stessa non era legittimamente composto, e ciò nell’ambito delle ipotesi di nullità della sentenza che determinano la rimessione della causa del primo giudice, al contrario di altre nullità della sentenza, che, così come previsto dal c.p.c., non impediscono la decisione nel merito da parte del giudice di appello che deve sanare di regola le nullità verificatesi nel primo grado, decidendo quindi nel merito.
Non pare quindi che l’art. 59 abbia voluto prevedere ipotesi di nullità per erronea costituzione del giudice diverse da quelle previste dal codice di procedura civile, che si applicano, a norma dell’art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992, in tutti i casi in cui non siano derogate da specifiche norme, anche perché, si ribadisce, la disposizione è stata inserita nell’ambito delle cause di rimessione al primo giudice e quindi in un ambito diverso da quello della disciplina dei casi di nullità della sentenza per erronea costituzione del giudice.
L’Unico caso in tale materia che si rinviene nel massimario ufficiale della Corte di Cassazione è quello deciso da Sez. 5, Sentenza n. 2853 del 05/02/2009 Rv. 606707, così massimato “in tale tipo rientra a fortiori il caso della decisione della causa di primo grado ad opera di un giudice singolo, avvenuta al di fuori delle condizioni (come quella, rilevante nel caso di specie, del valore della causa inferiore a cinque milioni di lire) in presenza delle quali l’art. 72, comma 1 -bis, del D.Lgs. n. 546 del 1992 e l’art. 44-bis del D.Lgs. n. 545 del 1992 disponevano che le controversie dovessero essere trattate e decise da un giudice singolo, anziché, come di regola, da un collegio composto da tre giudici”; il che conferma che le ipotesi di nullità della sentenza per difetto di costituzione del giudice sono, anche nel caso della giurisdizione tributaria, quelle previste dal codice di procedura civile per la giurisdizione ordinaria.
Di regola la partecipazione alla decisione di un magistrato privo della “potestas iudicandi”, per ragioni inerenti alla sua qualità o nomina, determina vizio di costituzione del giudice, ai sensi dell’art. 158 cod. proc. civ., e quindi nullità deducibile a norma dell’art. 161 del codice medesimo, non difetto di giurisdizione, ravvisabile nella distinta ipotesi di radicale diversità di struttura e conseguenziale non identificabilità del collegio giudicante con quello delineato dalla legge (Sez. U, Sentenza n. 5414 del 17/03/2004 Rv. 571259).
La composizione dei collegi giudicanti è invece al di fuori delle ipotesi di nullità. Essa è disposta dal Presidente dell’ufficio giudiziario, secondo le esigenze dell’ufficio stesso, e la circostanza che il collegio cui venga rimessa la causa per la decisione sia composto in modo diverso da quello che, in precedente occasione, aveva preso in decisione la causa rimettendola sul ruolo per adempimenti istruttori, non importa alcuna nullità della sentenza emessa, perché non vi è alcun vizio di costituzione del giudice (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23423 del 04/11/2014 Rv. 633321).
Il vizio di costituzione del giudice ex art. 158 cod.proc.civ. è ravvisabile soltanto quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all’ufficio del giudice, non investita della funzione da detto ufficio esercitata. Ne consegue che il vizio anzidetto non ricorre quando, non essendo stato all’inizio del trimestre predisposto ai sensi degli artt. 113 e 114 disp.att. cod. proc. civ. il decreto di composizione dei collegi giudicanti, questi siano volta a volta formati, secondo le concrete esigenze dell’ufficio (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8737 del 27/06/2000 Rv. 538081). Ancora v. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12969 del 13/07/2004 Rv. 575619: Il vizio di costituzione del giudice “ex” art. 158 cod. proc. civ. è ravvisabile soltanto quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all’ufficio del giudice, non investita della funzione esercitata dall’ufficio.
Se anche fosse vero quanto assume l’appellante ( e cioè che il Presidente avrebbe sostituito in udienza il relatore con altro) non vi sarebbe perciò alcuna nullità per costituzione del giudice, poiché il giudice Marceddu era pacificamente un giudice tributario che faceva parte della Commissione Tributaria di Nuoro ed addirittura della sezione che aveva deciso.
Ugualmente priva di pregio è la questione attinente ad una pretesa incompatibilità del giudice Marceddu per essere stato relatore nella pregressa fase della sospensiva dello stesso procedimento. A parte il fatto che non sussiste alcuna incompatibilità nel giudizio per il giudice che abbia partecipato anche alla udienza di sospensione e che la decisione sulla sospensione, che attiene alle esigenze cautelari, non pregiudica il merito, la pretesa incompatibilità di uno dei giudici che hanno composto il collegio può esser fatta valere soltanto con la ricusazione nelle forme e nei termini di cui all’art. 52 cod. proc. civ. e non dà luogo al vizio di costituzione ravvisabile solo quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all’ufficio (v. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21287 del 10/10/2007 Rv. 59 9695).
Nel merito, l’appellante assume che la mancanza dell’avviso bonario determinerebbe una nullità della cartella e cita Cass. sez unite n. 5781 (rectius 5791) del 2008 che però non dice assolutamente quello che pretende l’appellante.
La citata sentenza prevede che “In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa”.
Tale sentenza è quindi inconferente rispetto al caso in esame in cui, trattandosi di iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973 non è previsto alcun atto presupposto prima della cartella, al contrario della ipotesi di iscrizione a ruolo a seguito di avviso di accertamento e/ o di avviso di liquidazione che sono appunto gli atti della sequenza procedimentale indicati dalle sezioni unite.
In materia di riscossione, ai sensi degli artt. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del D.P.R. n. 633 del 1972, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi dell’art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 462 del 1997 (v., da ultimo, Sez. 5, Sentenza n. 13759 del 06/07/2016 Rv. 640341).
E nella specie, peraltro, come ha fatto rilevare la Agenzia e come si rileva dalla lettura dell’atto impugnato, nella cartella di cui si tratta era stato addirittura indicato l’invio della pregressa comunicazione, pur non dovuta ed era stato avvisato il contribuente che avrebbe potuto chiedere la riduzione delle sanzioni anche pagando dopo la cartella, il che priva di qualsiasi senso tutte le doglianze dell’appellante basate su fatti neppur reali, come la ipotesi che non fosse stata eseguita la comunicazione preventiva.
E’ vero che, in tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del D.P.R. n. 633 del 1972 è ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche, sicché il disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di un credito d’imposta non può avvenire tramite l’emissione di cartella di pagamento avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero di credito d’imposta (v. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11292 del 31/05/2016 Rv. 639864), però nel caso in esame non si trattava di un recupero di un credito che pacificamente era reale ma che, essendo stato già usato in compensazione per altra partita, non poteva essere addotto dal contribuente al fine di non versare l’IRAP dichiarata.
Nel caso in esame si tratta di imposte dichiarate e non versate per cui l’avviso bonario preventivo non era dovuto e comunque era stato inviato.
In realtà, anche nel caso di irregolarità formali, non si sarebbe mai trattato di nullità della cartella per l’assorbente rilievo che nel caso di ruolo ex art. 36 bis non è richiesto un previo contraddittorio, che invece è doveroso nei casi di ruolo ex art. 36 ter, mentre sarebbe spettata la riduzione delle sanzioni anche dopo la notifica della cartella, in assenza del previo avviso (v. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8342 del 25/05/2012 Rv. 622681: In tema di riscossione delle imposte, l’art. 6, comma quinto, della L. 27 luglio 2000, n. 212, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso. Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata che aveva ritenuto invalida, per violazione dell’art. 6, comma quinto, della L. n. 212 del 2000, una cartella di pagamento relativa ad omesso o insufficiente versamento di imposte dirette e indirette dovute in base alla dichiarazione presentata).
E’ opportuno aggiungere che non esiste la confusione fra le annualità 2005 e 2006 addotte dall’appellante poichè si tratta di parziale omesso versamento di IRAP per il 2005 dichiarata, ovviamente, con la dichiarazione Unico 2006.
L’appello del contribuente deve essere pertanto rigettato in quanto infondato sotto tutti i profili addotti.
Segue, per effetto della soccombenza, a norma dell’art. 91 c.p.c., la condanna del M. anche alle spese del presente grado del giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base della tariffa degli avvocati, ridotti gli onorari del 20%, essendo stata la Agenzia rappresentata da un funzionario abilitato.
P.Q.M.
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
Rigetta l’appello proposto da M.S.F. contro la sentenza 69/1/2010 della Commissione Tributaria provinciale di Nuoro che per l’effetto conferma.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del grado in favore della Agenzia delle Entrate che liquida in Euro 1.300,00.