COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Liguria sez. 1 sentenza n. 336 depositata il 8 marzo 2017
ACCERTAMENTO – fatto notorio – definizione – accertamento analitico induttivo – agente – ruolo di manager di campioni sportivi – scarso reddito dichiarato – rilevanti compensi dei propri clienti – antieconomicità – sussistenza – pretesa impositiva – legittimità
Massima:
Conformemente a Cass., ord. n. 2808/2013, il “fatto notorio“, derogando al principio dispositivo ed a quello del contraddittorio e dando luogo a prove non fornite dalle parti e relative a fatti da esse non vagliati e controllati, dev’essere inteso in senso rigoroso, cioè come fatto acquisito con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile, e non quale evento o situazione oggetto della mera conoscenza del singolo giudice. Conseguentemente, per aversi fatto notorio occorre, in primo luogo, che si tratti di un fatto che si imponga all’osservazione ed alla percezione della collettività, di modo che questa possa compiere per suo conto la valutazione critica necessaria per riscontrarlo, sicchè al giudice non resti che constatarne gli effetti e valutarlo soltanto ai fini delle conseguenze giuridiche che ne derivano; in secondo luogo, occorre che si tratti di un fatto di comune conoscenza, anche se limitatamente al luogo ove esso è invocato, o perchè appartiene alla cultura media della collettività, ivi stanziata, o perchè le sue ripercussioni sono tanto ampie ed immediate che la collettività ne faccia esperienza comune anche in vista della sua incidenza sull’interesse pubblico che spinge ciascuno dei componenti della collettività stessa a conoscerlo. Così qualificato, il ruolo di primissimo piano ricoperto dal contribuente accertato nell’attività di gestione dei più importanti piloti di motociclismo deve ritenersi un “fatto notorio”, considerato che lo stesso contribuente si è sempre qualificato in articoli di giornali e riviste specializzate quale manager di famosi piloti. Tale circostanza, unitamente all’antieconomicità dei compensi da lui dichiarati fronte dei guadagni milionari dei propri clienti, integrano quegli elementi gravi precisi e concordanti che consentono l’emissione di un accertamento analitico-induttivo.
Testo:
L’Agenzia delle Entrate di Genova appella avverso la sentenza n. 413/13/2015 della Commissione Tributaria provinciale di Genova che aveva accolto il ricorso della società S.P.R .DI C. P. SAS, eccependo quanto segue. La questione riguarda l’avviso di accertamento notificato in data 8/5/2013, con il quale l’Agenzia delle Entrate di Genova rettificava la dichiarazione presentata dalla società S.P.R. sas, in prosieguo SPR, per l’anno d’imposta 2008, che accertava un reddito d’impresa da imputare ai soci pari a Euro 68.170,00, a fronte del reddito dichiarato di Euro 31.051,00. A seguito di segnalazione da parte della Direzione Regionale dell’Emilia Romagna l’Agenzia delle Entrate avviava un controllo nei confronti di SPR, svolgente formalmente attività di enti e organizzazioni sportive, con sede in Genova, prima in via e dal 23/3/2010 in Genova, via ..
Il motivo della segnalazione consisteva nel fatto che SPR , data la tipologia dell’attività propriamente connessa alla gestione dei rapporti con importantissimi piloti del circuito di motociclismo, dichiarava redditi non in linea con i guadagni plurimilionari dei piloti che rappresenta, primo fra tutti L.C.. In via preliminare l’appellante ufficio evidenzia che l’attività dichiarata dal contribuente con codice attività 92.62.1, ossia Enti ed organizzazioni sportive promozione di eventi sportivi, tipica del CONI e delle diverse federazioni sportive, non ha nulla a che vedere con l’attività realmente esercitata, che può essere meglio inquadrata nel codice 74.90.94, ossia agenzie ed agenti e procuratori per lo spettacolo e per lo sport.
L’attività erroneamente dichiarata, sulla base della quale sono stati compilati i parametri al fine di verificare la congruità degli studi dichiarati, ha evitato al contribuente di dovere compilare lo studio di settore proprio dell’attività realmente esercitata ed è comunque indice di un tentativo di sottrarsi ai controlli che, se mirati al settore dei manager e procuratori, non avrebbero riguardato il contribuente che si nascondeva dietro altra attività del tutto diversa. L’ufficio è arrivato a controllare SPR collegandola all’attività svolta solo grazie alla notorietà del rappresentante legale della stessa C. P. e del pilota da lui assistito L.C.
La società in questione, pur avendo la gestione di notissimi piloti, dichiara redditi decisamente modesti, così come lo stesso P.
I redditi derivanti da ingaggi sportivi e sponsorizzazioni percepiti dal solo L.C. sono risultati essere percepiti tramite società estere e comunque sono stati ricostruiti dall’Agenzia delle Entrate, la quale, per l’anno 2008, dati i compensi percepiti dal C. per il tramite della società olandese A. T. & L. B.V ammontanti a Euro 2.342.383,00, come risulta dall’autorità fiscale olandese, ha ritenuto attendibili provvigioni percepite da SPR pari a Euro 117.119,00, ossia al 5% dei compensi accertati al pilota di cui sopra.
In tale contesto SPR emetteva solo due fatture nei confronti della società olandese di cui sopra, da cui risultava un compenso forfettario percepito di Euro 80.000,00, assolutamente inattendibile.
Veniva pertanto accertato un maggior reddito d’impresa non dichiarato di Euro 37.119,00 (117.119,00-80.000,00).
L’ufficio inoltre appurava che la prestazione era stata fatturata fuori campo Iva, senza averne titolo ai sensi dell’art. 7 del DPR 633/72.
Ai fini Iva veniva quindi recuperata sia l’imposta non addebitata sul compenso dichiarato di euro 80.000,00, sia l’imposta sui maggiori compensi di euro 37.119,00.
L’Agenzia contesta la sentenza di l’grado, affermando che SPR opera nel campo dello sport agonistico di alto livello, offrendo la propria competenza sia in qualità di procuratrice degli sportivi professionisti, sia offrendo consulenza sul campo ai medesimi professionisti, con particolare specializzazione nel mondo del motociclismo.
Più precisamente C. P. è il manager di L.C., nonché di altri importanti piloti, ed è molto noto nell’ambiente motociclistico; infatti, come si evince dalla lettura di qualsiasi rivista specializzata o dalla visione di programmi televisivi, il sig. P.si rappresenta e si qualifica come uno dei manager in assoluto più quotati del panorama del motomondiale.
Richiama al riguardo l’ordinanza N. 2808 del 6/2/2013 della Corte di Cassazione, a supporto del fatto che il sig. P. ricopriva e ricopre tuttora un ruolo di primissimo piano nell’attività di gestione e di promozione di alcuni campioni del motociclismo.
I redditi dichiarati da SPR e dal P. non risultavano in linea con i guadagni plurimilionari dei piloti per i quali di fatto lavora.
La società dichiarava un reddito di poco più di Euro 30.000,00, mentre il P. dichiarava un reddito complessivo di Euro 40.000,00.
L’Agenzia afferma che l’attività dei manager dei piloti di motociclismo riguarda in genere l’assistenza nei contratti con le scuderie per la partecipazione al motomondiale e la definizione degli accordi economici relativi all’ingaggio e ai premi; il manager procura al pilota le sponsorizzazioni sportive o pubblicitarie personali, assistendolo nei contratti di sponsorizzazione, seguendo il pilota nei gran premi e tenendo i rapporti con il team e gli sponsor.
Per tale attività è noto che la retribuzione del manager avviene in percentuale rispetto agli ingaggi e sponsorizzazioni dei piloti che rappresenta, e nel settore del motociclismo, risulta che le provvigioni riconosciute dal pilota al proprio agente ammontano a un importo compreso tra il 55 e il 15% dei compensi lordi.
Per l’anno 2008 i compensi percepiti dal C., come detto, tramite la società olandese di cui sopra, ammontavano a Euro 2.342.383,00, sui quali, calcolando il 5%, l’ufficio considerava attendibile l’importo provvigionale di Euro 117.119,00.
Contesta quanto affermato dal contribuente, secondo cui l’incarico conferito al sig. P. non avrebbe attribuito alcun potere di rappresentanza e si sarebbe limitato esclusivamente all’assistenza in pista.
Contesta la sentenza di 1° grado, la quale affermando che non sarebbe superabile il dato documentale, secondo cui il contratto in essere tra SPR e la società olandese non attribuisce alcun potere di rappresentanza alla SPR, ha annullato l’avviso di accertamento.
L’Agenzia afferma in primo luogo che il contribuente non ha prodotto il contratto esistente tra la società olandese eC.; inoltre gli accertamenti compiuti dalla DR Emilia Romagna erano proprio volti a dimostrare comeC. interponesse tra sé e la scuderia di riferimento una serie di società aventi sede in regimi a fiscalità privilegiata, al fine di sottrarre ad imposizione i compensi altrimenti tassabili in Italia.
Osserva l’Ufficio che, ai fini dell’inquadramento dell’attività svolta dalla società a favore di C., non risulta dirimente il reperimento di un contratto scritto, ma la disamina dei concreti rapporti fattuali tra le parti.
Al riguardo richiama sentenza n. 8853 del 13/4/2007 della Corte di Cassazione, ed evidenzia che la copia del contratto tra P. e la società olandese messa a disposizione dell’ufficio risulta priva di data certa e redatta in lingua inglese, senza traduzione giurata. Comunque, dalla documentazione esibita, risulta che al sig. P. viene proprio attribuito l’incarico di meglio sviluppare e gestire i contatti necessari al fine di proteggere ed implementare l’immagine dei piloti nonché la loro attività sportiva, il che va oltre la semplice assistenza ai piloti, ma implica un mandato esplorativo a tutto campo.
Contesta le argomentazioni al proposito dei primi giudici, ed afferma che l’accertamento societario e quindi quelli personali sui soci si basano, da un lato, sull’attività di promozione di immagine di svariati piloti svolta da P., e dall’altro sull’irrisorietà dei compensi dichiarati per tale attività.
Il fatto che l’incarico di intermediazione non fosse stato conferito in esclusiva e che la società olandese si riservasse di essere informata e di curare la normalizzazione dei termini economici, non può sminuire l’importanza della figura ricoperta dal P. nella gestione dei piloti mondiali. L’ufficio richiama l’antieconomicità del comportamento posto in essere dal contribuente, in assoluto contrasto con i canoni dell’economia, affermando che era perfettamente legittimo il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’Amministrazione, ai sensi degli artt. 39 del DPR 600/73 e 54 del DPR 633/72, con inversione dell’onere della prova, a carico quindi del contribuente.
L’ufficio afferma inoltre che la sentenza impugnata è in contrasto pure con la sentenza della CTR di Genova n. 28/13/2013, relativa all’accertamento per il 2004; la sentenza richiamata, mentre evidenzia che l’Agenzia non avrebbe provato che il P. svolgeva un’attività riconducibile a quella di agente del C., afferma che esistono elementi gravi, precisi e concordanti tali da rendere attendibile la presunzione che l’importo fatturato fosse inferiore al valore della prestazione effettivamente resa.
L’ufficio afferma inoltre che tale sentenza, parzialmente favorevole al contribuente, non è passata in giudicato.
Circa l’assoggettamento ad Iva delle operazioni in questione, come detto, l’ufficio riteneva che la prestazione fosse stata fatturata alla società olandese fuori campo Iva senza averne titolo, ai sensi dell’art. 7 del DPR 633/72, come vigente nel 2008.
Contesta la sentenza di l° grado al proposito, affermando che la medesima è priva di motivazione, in quanto i primi giudici non hanno esplicitato quale norma della disciplina Iva abbiano inteso applicare.
Infatti, ammesso e non concesso che i giudici abbiano inteso uniformarsi alla decisione della CTR del 28/13/2013 relativa all’accertamento per il 2004 citata da controparte, la sentenza è in ogni caso erronea in quanto la Commissione ha annullato il rilievo Iva in base alla legge vigente nel 2010 e non in base a quella vigente nel 2004 e anche nel 2008.
La nuova disciplina Iva definisce il requisito della territorialità delle prestazioni di servizi in base al luogo di stabilimento del committente, anziché in base al luogo di stabilimento del prestatore, come prevedeva la previgente disciplina, con alcune eccezioni non ricorrenti nel caso di specie. Inoltre non può essere accolta neppure la tesi, sviluppata nella memoria illustrativa, secondo cui l’accertamento in esame ai fini Iva sarebbe erroneo, in quanto le prestazioni di SPR a favore della società olandese sarebbero fuori campo Iva, trattandosi di attività di consulenza e pubblicità, ai sensi dell’art. 7 comma 4 lett. D) del DPR 633/72.
L’ufficio afferma che tale disciplina peculiare che, in deroga alla regola ordinaria, statuiva nel 2008 la non imponibilità delle prestazioni pubblicitarie e di consulenza rese da soggetto iva italiano a soggetto iva comunitario non appare applicabile nel caso di specie.
Come detto precedentemente la stessa fattura emessa da SPR, prodotta in fase di accertamento con adesione, portava la dicitura generica “attività di assistenza professionale” e non è stata prodotta documentazione comprovante che l’attività svolta da SPR a favore della società olandese avesse un riferimento diretto a prestazioni pubblicitarie, di consulenza e assistenza tecnica e legale.
I primi giudici hanno poi omesso di prendere in esame le argomentazioni sviluppate dall’ufficio volte ad evidenziare come comunque la prestazione fosse stata solo formalmente svolta nei confronti di soggetto olandese, riguardando di fatto il pilota C. ed essendo stata comunque utilizzata in Italia.
Alla luce di quanto sopra chiede, in riforma dell’impugnata sentenza, la legittimità degli avvisi di 5 accertamento, con vittoria delle spese di giudizio.
Controdeduce parte contribuente, che preliminarmente eccepisce che, sia i primi giudici per il 2008, che quelli della CTR che ha già giudicato gli anni pregressi, cioè il 2004,2005 e 2006, sia i primi giudici per il 2007 sono sempre arrivati alla stessa conclusione, ossia che l’incarico conferito a SPR ha natura di consulenza, è senza mandato di esclusiva e non conferisce alcun potere di rappresentanza, dichiarando la non imponibilità Iva.
L’ufficio fonda le sue affermazioni su alcuni articoli di stampa, nei quali si parla incidentalmente del sig. P. come del manager di C., affermando che P. è molto noto nell’ambiente delle competizioni di motociclismo e che è un personaggio tra i più carismatici dei manager del circuito.
Il fatto, secondo l’appellata, è affermato sulla scorta di un’asserita vox populi, del presunto carisma del P. e della sua competenza come commentatore televisivo, elementi che non possono costituire prova, ma nemmeno indizio di un preciso rapporto contrattuale.
Quello di cui parla l’ufficio, ossia l’esistenza di un rapporto contrattuale tra P. e C., non è notorio, ma più semplicemente il fatto che l’ufficio avrebbe dovuto provare, ma non l’ha fatto.
Per quanto riguarda il contratto tra SPR e la società olandese, tale contratto non le conferisce il ruolo di agente del pilota, in quanto alla società ricorrente è stato attribuito l’incarico di meglio sviluppare e gestire i contatti necessari al fine di proteggere e implementare l’immagine dei piloti.
Per quanto riguarda i profili Iva dell’operazione richiama l’art. 7 vigente ratione temporis nel 2008, che prevedeva l’imponibilità delle prestazioni svolte da soggetti italiani, ma fissava delle deroghe per talune prestazioni di servizi: infatti il quarto comma, alle lettere d) ed e) disponeva un’eccezione per le prestazioni di consulenza e assistenza tecnica, per la quale determinate prestazioni svolte da un soggetto passivo italiano in favore di un soggetto passivo residente o domiciliato in un altro Stato della Comunità non sono rilevanti ai fini Iva e non vanno assoggettate ad imposizione.
Richiama la prassi costante dell’Agenzia delle Entrate, secondo la quale si considerano attività di consulenza quelle in cui sia preminente la valutazione personale del soggetto che la effettua e il profilo intellettuale della prestazione.
Richiama le sentenze n. 26-27-28/2013 della CTR di Genova relativamente alle altre annualità accertate e, sulla presunta interposizione fittizia della società olandese tra l’esponente e il C., afferma che il pilota è il beneficiario delle prestazioni della società olandese, la quale a sua volta si serve della professionalità della SPR per la realizzazione dell’oggetto della propria attività, con riguardo al pilota C., e ciò emerge con chiarezza dal contratto.
Alla luce di quanto sopra chiede la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza di l ° grado, con vittoria delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
DIRITTO
L’appello dell’ufficio è parzialmente da accogliere, relativamente alla fondatezza della pretesa erariale per il conseguimento di maggiori ricavi, mentre è da respingere relativamente all’assoggettamento ad Iva delle operazioni in oggetto.
Al fine di esplicitare l'”iter” logico-giuridico che ha consentito di pervenire all’esito di cui sopra la Commissione rileva preliminarmente che l’accertamento è stato effettuato alla luce dell’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale l’amministrazione Finanziaria può sindacare l’antieconomicità dei comportamenti tenuti dai contribuenti.
E’ quindi assolutamente legittimo l’accertamento induttivo di cui all’art. 39 comma 1 lettera d) del D.P.R. 600/73, con spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente, ove le dichiarazioni fiscali del medesimo evidenzino un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell’economia, come nella fattispecie all’esame, in cui la società in oggetto ha dichiarato ricavi per Euro 80.000,00, e i redditi dichiarati dalla società SPR non risultano assolutamente essere in linea con i guadagni milionari dei piloti per i quali lavora, come C., e ha lavorato in passato.
Come anche affermato dai secondi giudici nelle sentenze richiamate dal contribuente, esistono elementi di fatto incontestabili quali articoli di giornali e di riviste specializzate, nelle quali il sig. P. veniva qualificato e si qualificava come un manager dei più importanti piloti motociclisti.
Al riguardo la Commissione cita l’Ordinanza n. 2808 del 6 febbraio 2013 della Corte di Cassazione, la quale ha tra l’altro precisato che, per fatto notorio, si deve trattare in primis di un fatto che si imponga all’osservazione e alla percezione della collettività di modo che questa possa compiere per suo conto la valutazione critica necessaria per riscontrarlo, sicché al giudice non resti che constatarne gli effetti; in secondo luogo occorre che si tratti di un fatto di comune conoscenza, anche se limitatamente al luogo dove esso è invocato, o perché appartiene alla cultura media della collettività, o perché le sue ripercussioni sono così ampie che la collettività ne faccia esperienza comune anche in vista della sua incidenza sull’interesse pubblico che spinge ciascuno dei componenti della collettività stessa a conoscerlo. Dagli elementi sopra considerati emergeva chiaramente che il sig. P. ricopriva un ruolo di primissimo piano nell’attività di gestione di campioni di motociclismo.
Al di là quindi del fatto che l’ufficio non ha prodotto elementi da cui risulti la qualifica di agente di C., l’incongruità dei compensi dichiarati, in contrasto con la comune esperienza e l’esistenza di elementi noti al pubblico come gli articoli sui giornali e le interviste concesse dal P., fanno individuare quegli elementi gravi, precisi e concordanti che consentono l’accertamento ex art. 39 comma 1 lettera D) del DPR 600/73 (accertamento analitico-induttivo).
Appare quindi attendibile la ricostruzione effettuata dall’Agenzia delle entrate di compensi percepiti da SPR per l’anno 2008 di Euro 117.119,00, ossia al 5% dei compensi accertati a C. per lo stesso anno di euro 2.342.383,00.
Pertanto, sul punto, l’appello dell’ufficio è da accogliere, con la conferma dell’accertamento dallo stesso effettuato di un reddito d’impresa di Euro 68.170,00 da imputare ai soci, a fronte del reddito dichiarato di Euro 31.051,00.
Per quanto riguarda l’assoggettamento ad Iva delle operazioni in questione, l’appello dell’Ufficio, sul punto, è da rigettare e da confermare, con le seguenti motivazioni, la sentenza di 1° grado. Al riguardo la Commissione conviene con le affermazioni dell’ufficio circa il fatto che la disciplina in vigore ratione temporis per il 2008, che definisce il requisito della territorialità delle prestazioni di servizi in base al luogo di stabilimento del prestatore, anziché quello di stabilimento del committente, come in vigore dal 2010, ma il quarto comma dell’art. 7 del DPR 633/72, alle lettere d) ed e) riguardava le prestazioni di consulenza tecnica.
In base alla lettera e) del DPR 633/72 i servizi di consulenza tecnica si considerano territorialmente rilevanti nello Stato e ivi soggetti a tassazione con applicazione dell’imposta nazionale se il committente non è un soggetto identificato ai fini Iva nello Stato comunitario di domicilio o di residenza.
Nella fattispecie non può dubitarsi che trattasi di servizi di consulenza, in quanto, come sostiene la stessa Amministrazione Finanziaria nei suoi documenti di prassi, rientrano in tale categoria quelle attività che si estrinsecano in giudizi, precisazioni, chiarimenti e pareri, nelle quali è preminente la valutazione soggettiva del prestatore del servizio, in ordine ai risultati che vengono conseguiti, e tale fattispecie si attaglia perfettamente con l’attività di SPR, che pone l’esperienza e le conoscenze del P. a disposizione della società olandese.
Viceversa, se il committente è un soggetto passivo in altro Stato membro, come nella fattispecie, l’operazione non è rilevante in Italia ma è tassata a destinazione. Peraltro, nella fattispecie, non può essere individuato, come sostiene, l’ufficio, l’introduzione di un motivo aggiunto, in quanto la controversia investe tutto l’art. 7 del DPR 633/72, e la Commissione richiama al riguardo la sentenza della Corte di Cassazione n. 461 del 17/1/2002, secondo la quale, affinché si verifichi il mutamento della causa petendi, che determina il mutamento della domanda, deve essere introdotta una pretesa nuova rispetto a quella fatta valere in primo grado, e non uno sviluppo delle tesi difensive.
Alla luce di quanto sopra l’appello dell’ufficio è da accogliere circa la fondatezza della pretesa erariale in punto conseguimento maggiori ricavi ed è da rigettare sull’assoggettamento ad Iva delle operazioni in discorso.
Per quanto riguarda le spese di giudizio, trattandosi di soccombenza reciproca, sono da compensare.
PQM
La Commissione accoglie l’appello dell’ufficio circa la fondatezza della pretesa erariale del reddito accertato di euro 68.170,00, rigettandolo relativamente all’assoggettamento ad IVA Spese compensate.
Genova 20 febbraio 2017
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