COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Sardegna sentenza n. 2 sez. 4 depositata il 17 gennaio 2017
Massima
L’oggettiva incertezza della normativa sull’applicazione dell’IVA sui diritti portuali riscossi dalle compagnie di navigazione e devoluti all’Autorità portuale ha convinto i giudici cagliaritani a ritenere esente dal pagamento delle sanzioni l’appellante società di navigazione. La CTR, pur ritenendo l’imposta dovuta e l’appello infondato, accoglie l’impugnazione relativa alle sanzioni, sostenendo l’applicabilità dell’art. 6 comma 2 del D.Lgs. 472/97 che dispone la non punibilità dell’autore della violazione contestata, quando questa è determinata da obiettive incertezze sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni.
Fatto
La Società M. spa, incorporante con effetto dal 1° settembre 2007 — Compagnia di Navigazione, per il tramite di difensori tecnici, propone ricorso in appello avverso la sentenza n. 323/2/07, pronunciata il 15/11/07 della CTP di Cagliari che ha respinto il ricorso presentato dalla società contribuente contro l’avviso di accertamento n. —, riferito a IVA 2003, con il quale l’Agenzia delle Entrate, Ufficio —, aveva rettificato la dichiarazione annuale IVA presentata per l’anno 2003, accertando una maggiore imposta rispetto al dichiarato pari ad euro 53.891,00, irrogando sanzioni ai sensi dell’art. 5, co. 4^ D.Lgs. 471/97 per pari importo.
La pretesa impositivo traeva origine da una unica contestazione avente ad oggetto il regime IVA applicabile ai diritti portuali; in particolare l’U.F. aveva contestato che la Società avesse determinato il proprio comportamento fiscale al di fuori della corresponsione dell’IVA in considerazione della natura tributaria e non patrimoniale dei “diritti portuali” riscossi, nonché della mera funzione esattoriale svolta dalla medesima per conto dell’Ente portuale prestatore del servizio.
La Società aveva anche richiesto che, ricorrendo la causa di non punibilità di cui all’art. 6 co. 2 D.Lgs. 472/97, venissero annullate le sanzioni irrogate.
L’Agenzia aveva invece ritenuto i diritti portuali costi inerenti alla prestazione del trasporto e, come tali, sottoposti ad imponibile IVA ex art. 13 DPR 633/72.
La sentenza ha accolto tale ultima impostazione e con ampia motivazione ha rigettato il ricorso a suo tempo proposto.
L’appellante Società contribuente sottolinea e censura il provvedimento sopra indicato deducendo:
a) nullità e/o illegittimità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 36, co. 2 n. 4 D.Lgs. 546/92 su uno dei motivi di contestazione e degli artt. 3, 12, 13 del DPR 633/72, poiché la sentenza ribadendo la natura remunerativa dei diritti portuali, escludendone la natura tributaria, avevano fatto riferimento improprio ai diritti di imbarco aeroportuale, per i quali la ricorrente società aveva sottolineato invece la natura di onere posto a carico del vettore come componente del costo del servizio prestato. Sul punto poi la sentenza non aveva dato risposte al ruolo di riscossione svolto all’epoca dal — nell’ambito della gestione dei diritti portuali;
b) irrilevanza dell’IVA sui diritti portuali in considerazione della loro natura tributaria e patrimoniale, stante anche l’inesistenza del carattere di accessorietà degli stessi rispetto alla prestazione principale costituita dal mero trasporto e conseguente inapplicabilità nella fattispecie dell’art. 13 DPR 633/72;
c) erronea esclusione del rapporto contrattuale tra Ente Portuale e Società di trasporto qualificabile come mandato senza rappresentanza per violazione e falsa applicazione degli artt. 3 com. 3 ult. parte e 9 punto 6 DPR 633/72, per il fatto che la società di trasporto interviene nei confronti dei passeggeri per la riscossione dei diritti che vengono devoluti all’Ente Portuale, direttamente in quanto esattore dei diritti portuali e non certo come fruitore dei servizi connessi al transito nell’area portuale; motivo per cui i diritti in questione risulterebbero in ogni caso non imponibili ex art. 9 punto 6 DPR 633/72;
d) erroneo rigetto da parte della sentenza impugnata della richiesta di non applicazione delle sanzioni formulata ai sensi dell’art. 6 D.Lgs. 472/97, in quanto l’eventualità della insussistenza di obiettive cause di incertezza sull’ambito e sull’applicazione della normativa non potrebbe rinvenirsi nella risoluzione ministeriale n. 164 del 31 luglio 2003 che aveva trattato problematiche similari con riferimento ai diritti aeroportuali.
La parte ha concluso chiedendo la riforma integrale della sentenza impugnata, con conseguente dichiarazione di inefficacia dell’avviso di accertamento ed in via strettamente subordinato la riforma della stessa, dichiarando non dovute le sanzioni irrogabili (rectius irrogate) per il configurarsi nella fattispecie delle cause di non punibilità di cui all’art. 6 co.2 D.Lgs 472/97.
E’ stata richiesta la trattazione in pubblica udienza.
L’Ufficio ha controdedotto in data 30 marzo 2009 con comparsa di costituzione nella quale sono state ribattute puntualmente tutte le eccezioni sollevate dalla parte soprattutto sottolineando come la determinazione di una tariffa portuale riferibile a ogni passeggero o mezzo trasportato rappresenta una componente di un costo generale per i servizi che l’Ente portuale presta in favore dei fruitori del servizio ossia delle Compagnie di navigazione nel loro interesse diretto e prioritario, mentre il criterio di fissazione dell’importo tariffario rappresenta esclusivamente un parametro di riferimento, con diritto delle Compagnie medesime di rivalsa nei confronti dei passeggeri medesimi.
Da quanto detto il passeggero non è affatto destinatario di alcuna obbligazione giuridica nei confronti dell’Autorità portuale e per tale motivo appare “difficilmente configurabile tra l’ente portuale e il passeggero un contratto” il che comporterebbe un ruolo attivo in capo al passeggero, ponendosi come controparte dell’ente portuale nella pretesa giuridica di far valere un diritto all’adempimento di una obbligazione eterogenea di fare, da parte dell’ente portuale medesimo.
Di tal che devono essere attratte a tassazione, quale base imponibile IVA, tutte le componenti che costituiscono elementi della controprestazione, ivi compresi gli importi addebitati in via di rivalsa, coerentemente a quanto previsto, anche in sede Unione con la Direttiva CEE n. 388 del 17 maggio 1977.
In punto sanzioni, l’Ufficio Finanziario sottolinea la insussistenza di incertezze sulla portata della norma di riferimento proprio per le indicazioni di cui si è fatta carico la sentenza appellata.
Ha concluso per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado, con riconoscimento di spese ed onorari.
Parte appellante ha presentato in data 16/11/2016 memorie aggiuntive di puntualizzazione dei motivi di appello, in particolare contestando il riferimento alla risoluzione n. 164 del 31/7/2003 pronunciata in merito al regime IVA applicabile ai diritti di imbarco in ambito aeroportuale, estesa in termini anomali ai diritti portuali; è stata poi ribadita la inapplicabilità delle sanzioni proprio per il principio generale ribadito dall’art. 6 D.Lgs. n.472/97, che la sentenza di primo grado ha considerato irrilevante proprio in virtù del richiamo operato dalla risoluzione predetta, che è stata però adottata esclusivamente per l’ambito aeroportuale.
All’udienza di discussione parte appellante è rimasta assente (si è poi dato atto, a discussione avvenuta, della presentazione di un legale in rappresentanza della M. spa, che ha richiesto di poter interloquire; facoltà non concessa come da verbale, in considerazione dell’avvenuta chiusura della fase di discussione: infatti nel momento dell’intervento si stava già discutendo altro Procedimento).
L’ufficio ha confermato integralmente le controdeduzioni.
Motivazione della decisione
L’appello proposto è infondato, mentre si ritiene che Possa essere accolta l’impugnazione relativamente alla irrogazione delle sanzioni, sussistendo obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della normativa alla quale le sanzioni si riferiscono.
La questione della natura giuridica di quanto dovuto dalla nave o dall’aeromobile, per l’utilizzazione dello scalo portuale o aeroportuale rispettivamente, risulta complessa e ampiamente dibattuta in dottrina e giurisprudenza.
Senza dover scendere funditus nel merito delle divergenti correnti di pensiero sia in giurisprudenza che in dottrina, è ormai assolutamente acclarato che i proventi per i servizi portuali (quali devono essere considerati nel caso in questione i diritti portuali relativi alle due ordinanze emanate dall’Autorità Portuale di Piombino) devono essere ricondotti nella categoria dei corrispettivi, essendo percepiti dai fornitori (l’Ente portuale) per la copertura del costo del servizio reso a fronte di rapporto contrattuale tra società di navigazione (la contribuente) e l’Autorità portuale, dovendosi distinguere questi dai proventi per servizi tecnico-nautici, che sono tariffe stabilite con criteri e meccanismi di formazione da parte del Ministero competente su istruttoria prevista dall’art. 14 co. l bis L. 84/94.
In effetti i proventi per le operazioni portuali, nonostante l’impropria terminologia utilizzata dal legislatore della riforma portuale, non sono tariffe, bensì prezzi liberamente determinati dalle imprese portuali, le quali hanno solamente l’obbligo di renderli pubblici e di comunicarli all’Autorità Portuale ovvero (ove questa manchi) all’Autorità marittima.
Tutto ciò fa ritenere che i diritti portuali di cui si discute rientrino nel campo di applicazione dell’IVA.
Dunque, se si escludono le tasse portuali, che effettivamente sono da sussumere nella natura di tributo, i proventi portuali (ed aeroportuali sui quali il contribuente condivide) sono inquadrabili nella categoria dei corrispettivi con la precisazione che, allorquando il fornitore del servizio si trova in una posizione di monopolio, il corrispettivo viene fissato o approvato dall’Autorità pubblica competente all’evidente scopo di evitare abusi di posizione dominante da parte del fornitore stesso, mentre nel caso di più fornitori i prezzi derivano dall’incontro di mercato tra domanda e offerta.
Tutto ciò esclude che non possa neppure essere suffragata l’ipotesi prospettata dalla difesa dell’esistenza di una sorta di “mandato senza rappresentanza”, che farebbe presupporre da parte del contribuente un suo disinteresse alla riscossione, mentre sappiamo che ciò non può essere proprio perché il contribuente-vettore ha interesse diretto alla fornitura dei servizi che l’Autorità portuale gli mette a disposizione ed il vettore paga per il soddisfacimento delle esigenze dei propri clienti (ossia i passeggeri trasportati).
Del pari non possono essere seguite le analisi difensive che richiamano l’applicazione dell’art. 9 punto 6 del DPR 633/72 che esclude l’applicazione dell’IVA per “i servizi prestati nei porti, … che riflettono direttamente il funzionamento o la manutenzione degli impianti … ecc.”: la disposizione di specie fa riferimento a servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali e, quindi, è estranea al rapporto intercorrente tra Vettore e Autorità Portuale che (come sopra si è cercato di spiegare) fa riferimento a quelle utilità di cui l’utente del Vettore fruisce e che il Vettore medesimo ha contrattato per il migliore soddisfacimento del proprio servizio, senza che costui sia poi destinatario di alcuna obbligazione giuridica nei confronti dell’Autorità Portuale (Cass. n. 5362 del 7/3/2014 con riferimento al diritto di imbarco dei passeggeri riscosso dalla compagnia aerea).
Resta da verificare l’ultimo punto dell’appello riguardante l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 6 co. 2 D.Lgs. 472/97, che parte appellante ha invocato fin dal primo grado di giudizio. Il motivo di impugnazione ad avviso questa Commissione può essere accolto.
L’art. 6 D.Lgs. 472/97 che detta disposizioni in tema di sanzioni amministrative in materia tributaria dispone la non punibilità dell’autore della violazione contestata quando questa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni.
La disposizione consente al giudice, qualora sia invocata e adeguatamente motivata di escludere l’applicazione di sanzioni in condizioni di incertezza della normativa, cui si possono aggiungere situazioni di fatto che riguardano il comportamento del contribuente che abbia agito ad esempio in conformità ad indicazioni contenute in atti della A.F.; ovvero nel caso in cui l’errore sia stato determinato da incompletezza o mancanza di precise direttive fornite dall’A.F. stessa.
In sostanza quindi le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della normativa si determinano nel caso in cui la norma violata (nel caso di specie l’omesso versamento IVA con riferimento alle tariffe di imbarco passeggeri) risulti di incerta interpretazione.
Nel caso de qua, per una corretta determinazione del comportamento posto in essere dalla società contribuente occorre, in primis, fare riferimento al momento in cui l’obbligazione è sorta (imposta IVA anno 2003) per stabilire se con riferimento alle indicazioni all’epoca emergenti vi fosse una incertezza obiettiva sulla portata della disposizione che si ritiene violata.
Parte appellante, nelle memorie di replica, sostiene che í diritti portuali sono disciplinati in termini difformi rispetto ai diritti aeroportuali e sottolinea che mentre per questi ultimi la riscossione dei diritti risulta esplicitamente dal riferimento normativo di cui alla L. 324/1976 art. 5; in ambito marittimo la regolamentazione dei diritti portuali a livello nazionale si conforma secondo le disposizioni riguardanti i servizi resi in ambito portuale dagli enti previsti dalla legge n.84/1994 istitutiva delle autorità portuali.
In particolare occorre considerare come ancora nel 2003 parte della giurisprudenza di merito e amministrativa e dottrina consideravano tassa i proventi portuali: la sentenza Cass. SS.UU. n. 7944 del 20 maggio 2003 ne indicava la natura tributaria, mentre la sentenza SS.UU. n. 22245 del 17/10/2006 affermava “l’attribuzione del Potere di accertamento e riscossione dei diritti e la totale devoluzione del loro gettito alla società concessionaria non può comportare … il venir meno di una caratteristica essenziale dell’entrata tributaria e cioè la sua destinazione a far fronte alla spesa pubblica”.
In definitiva si può certamente convenire con parte appellante che, all’epoca cui si riferiscono i fatti in contestazione, sussisteva incertezza normativa oggettiva sulla applicazione dell’IVA sui diritti portuali riscossi dalle compagnie dì navigazione e devoluti all’Autorità portuale, ragione per cui si può convenire sulla causa di esenzione dalla responsabilità amministrativa tributaria da parte dell’appellante società di navigazione con conseguente esclusione della sanzione a suo tempo irrogata.
A motivo del parziale accoglimento dell’appello proposto, le spese del presente grado di giudizio devono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale in parziale riforma della sentenza appellata annulla il provvedimento impugnato, limitatamente alla irrogazione di sanzioni.
Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Cagliari 21 novembre 2016
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