COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sez. 1 sentenza n. 4118 depositata il 10 luglio 2017
TITOLARE DI AUTOCARROZZERIA – FATTURE ATTIVE – PEZZI DI RICAMBIO – FATTURE PASSIVE – ALTRI MATERIALI ACCESSORI – RIDETERMINAZIONE DEL REDDITO D’IMPRESA – DIMINUZIONE – SUSSISTE
FATTO
L’Agenzia delle Entrate di Roma, in data 11/11/13, notificava al Sig. OD esercente attivita’ di carrozzeria e riparazione autoveicoli, l’Accertamento in epigrafe, emesso ex art. 38 e art. 39, co 1 lett. d), nonche’ ai sensi dell’art 41-bis del DPR 600/73, con il quale si accertava, per l’anno di imposta 2008, maggior reddito di impresa pari ad euro 119.343,00, derivante dall’omessa contabilizzazione di maggiori ricavi pari ad euro 97.980,00.
Avverso l’atto proponeva ricorso il contribuente lamentandone l’illegittimita’, in primo luogo per omessa sottoscrizione da parte del Direttore dell’Ufficio; inoltre per violazione dell’art. 12, co. 7 della L. 212/00; altresi’ per difetto di motivazione, posto che l’Ufficio, pur trovandosi di fronte ad uno studio di settore congruo, illegittimamente ometteva il preventivo contraddittorio nel corso del quale, peraltro, si sarebbe potuto chiarire come le fatture attive prese in considerazione, non si riferissero solo ai pezzi di ricambio, ma contenessero l’ulteriore voce forfettariamente indicativa della mano d’opera; infine per infondatezza della presunta percentuale di ricarico del 30% sulla merce e per mancata applicazione dello Studio di Settore evoluto, piu’ favorevole al contribuente, in quanto applicabile gia’ dal 2011.
L’Ufficio chiedeva il rigetto del ricorso, ritenendo infondate tutte le avverse doglianze.
La C.T.P. di Roma adita rigettava il ricorso.
Avverso la sentenza, con atto spedito in data 14/12/16, propone appello la parte contribuente lamentandone l’illegittimita’ per omessa pronuncia su motivi di doglianza decisivi e ripropone le doglianze di illegittimita’ dell’atto impugnato.
Con proprie controdeduzioni l’Ufficio, in via pregiudiziale, chiede dichiararsi la inammissibilita’ del proposto appello per tardi vita, posto che lo stesso e’ stato notificato in data 14/12/16, ossia un giorno dopo la scadenza dei sei mesi dal deposito della sentenza, avvenuto in data 13/5/16. Nel merito ribadisce l’infondatezza delle avverse doglianze.
Durante la discussione pubblica la parte insiste sulla tempestivita’ dell’appello e, nel merito, ribadisce l’illegittimita’ dell’impugnata sentenza per omessa pronuncia sulla mancanza della delega alla sottoscrizione dell’atto accertativo, da parte del Direttore dell’Ufficio, nonche’ sul mancato rispetto dei termini per l’emissione dell’Accertamento, in violazione dell’art. 12, co. 7 della L. 212/00. Nel merito ribadisce che l’Ufficio, pur trovandosi di fronte ad uno studio di settore congruo, ha illegittimamente omesso il preventivo contraddittorio nel corso del quale si sarebbe potuto chiarire il contenuto delle fatture attive prese in esame, anche in relazione alle fatture passive, invece non richieste. L’Ufficio ribadisce che sussistevano costi non contabilizzati e chiede conferma della sentenza.
DIRITTO
La Commissione, preso atto di quanto dedotto e prodotto dalle parti, pregiudizialmente dichiara la tempestivita’ del proposto appello ai sensi degli artt.155 cpc e 2963 cc secondo cui, nel computo dei termini a mesi e ad anni non deve essere ricompreso il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine, ossia il c.d. dies a quo; orbene, pertanto, poiche’ la sentenza gravata di appello veniva depositata in data 13/5/16, dies a quo da non computarsi nei sei mesi previsti per la proposizione dell’appello, la proposizione del medesimo appello nella data del 14/12/16 (mercoledi’) deve ritenersi tempestiva.
Cio’ posto, con riguardo alle doglianze riproposte dalla parte appellante, si ritengono infondati i motivi di censura dell’impugnata sentenza concernenti l’illegittimita’ dell’atto accertativo, osservandosi che in relazione ad essi il primo giudice ha espresso ampia motivazione, invero condivisibile, a fondamento del rigetto. Si ritiene infatti che l’atto sia stato sottoscritto da soggetto delegato dal Direttore dell’Ufficio, con mera delega di firma che come tale non deve essere allegata all’atto accertativo stesso e contenuta nell’ordine di servizio n.40/13 prodotto dall’Ufficio. Si ritiene altresi’ che gli accertamenti “a tavolino”, come quello nella specie, che non comportano accessi nei luoghi del soggetto accertato e non si concludono con rilascio di copia del pvc, non siano soggetti ai termini di garanzia del contribuente previsti dall’art. 12, co.7 della L. 212/00 (Cass. SS.UU. n. 24823/15). Si ritiene infine che l’Accertamento in oggetto sia adeguatamente motivato, talche’ la parte ha potuto svolgere ampiamente le proprie difese e si ritiene corretta la percentuale di ricarico individuata nel 30% dall’Ufficio, posto che la stessa e’ inferiore a quella del 140% rilevata nelle fatture attive emesse dalla parte contribuente.
Nel merito della pretesa impositiva si osserva tuttavia che la doglianza di parte contribuente, relativa al metodo di calcolo seguito dall’Ufficio che non ha tenuto in alcun conto le fatture passive di acquisto dei materiali necessari all’espletamento dell’attivita’ dell’autocarrozzeria, limitandosi a considerare i costi dei soli pezzi di ricambio individuabili dalle sole fatture attive, merita un parziale accoglimento in termini di rideterminazione del maggior reddito accertato. Infatti, benche’ non si possa condividere in toto la ricostruzione della parte, secondo cui gli euro 180.056,48, indicativi della mano d’opera, ricomprendessero altresi’ euro 75.369,00 di materiali di consumo accessori ai pezzi di ricambio e cio’ sia perche’ si tratterebbe proprio della differenza che l’Ufficio ha presunto riferirsi ai beni ceduti in evasione di imposta e sia perche’ somma oggettivamente esagerata nel rapporto con le altre somme (in specie quella di euro 125.670,00 relativa ai ben piu’ costosi pezzi di ricambio), tuttavia e’ di comune esperienza (il dato notorio di diretta conoscenza anche per il giudice si puo’ porre a fondamento della decisione, ex art. 115, co.2 cpc) che l’attivita’ di autocarrozzeria si completa con l’utilizzo di molteplici ulteriori materie di consumo necessarie alla lavorazione rispetto ai soli pezzi di ricambio, e non vi e’ dubbio che tali ulteriori costi, peraltro meglio individuabili dall’Ufficio con l’esame delle fatture passive, avrebbero dovuto essere considerati nella ricostruzione accertativa, con l’effetto di determinare una riduzione del presunto importo di beni ceduti in evasione di imposta. Orbene, in considerazione di quanto esposto, si ritiene che tale voce di costo riguardante materie di consumo necessarie alla lavorazione, da aggiungersi a quella individuata dall’Ufficio, si possa ritenere forfettariamente pari ad euro. 25.000,00, nel rapporto proporzionale con le altre voci di costo.
Conseguentemente il proposto appello deve essere parzialmente accolto e le spese di giudizio, per il parziale accoglimento, si compensano tra le parti.
P.Q.M.
Accoglie in parte l’appello del contribuente come in motivazione. Spese compensate.
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