COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sez. 6 sentenza n. 148 depositata il 25 gennaio 2017
Accertamento, liquidazione e controlli – Prelievo erariale unico – Concessionario di rete – Possessore dei locali – Soggetto installatore dell’apparecchio – Responsabilità solidale – Sussiste – Loro identificazione – Irrilevanza.
Massima:
In tema di prelievo erariale unico (PREU), il Concessionario di rete, titolare di nulla osta ministeriale, risponde del PREU in solido con il possessore dei locali e con il soggetto installatore dell’apparecchio da gioco anche nell’ipotesi in cui questi ultimi siano stati identificati. Ciò in quanto l’individuazione del soggetto passivo di imposta presuppone, da una parte che l’illecito sia attribuibile ad un soggetto che ha causato la mancata trasmissione alla rete telematica dei dati relativi alle giocate, con conseguente evasione del PREU e, dall’altra, la violazione degli obblighi della concessione, riguardanti la vigilanza sulla quotidiana trasmissione dei dati di gioco. (G.T.)
Riferimenti normativi: art. 110 T.U.L.P.S.; art. 39 bis, comma 2, del D.L. 269/2003 (conv. in L. 326/2003); art. 22 legge 289 del 2002.
Testo:
Con ricorso del 14 marzo 2013 la B.P. G. L. L. (una delle grandi società concessionarie del servizio pubblico di rete e di raccolta del c.d. gioco lecito in Italia) impugnava, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Roma, l’avviso di accertamento n. 180/12 con provvedimento di irrogazione sanzioni, per l’importo complessivo di euro 4.518,29 – a titolo di PREU (Prelievo Erariale Unico), interessi, sanzioni e spese di notifica – emesso, per l’esercizio 2007, dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) – Ufficio regionale del Lazio, in relazione alla collocazione e gestione di un apparecchio da intrattenimento (c.d. new slot) con vincite in denaro (materia regolata dall’art. 110 TULPS) avente il codice identificativo n. D00449159HE, di proprietà del gestore XXXX sas di C. G., sequestrato il 17 luglio 2007 in Solaro (Mi) presso l’esercizio commerciale, denominato YYYY di cui era titolare C. A.
In particolare, la contribuente – previa formulazione di ben 21 motivi di ricorso (in rito e nel merito) – chiedeva, in via principale, a vario titolo, l’annullamento dell’avviso di accertamento n. 180/12 (definito integrativo ed emanato in sostituzione del precedente avviso n. 91/12) e che era stato posto a suo carico quale Concessionario e soggetto passivo solidale di imposta, nonché, in subordine, la rideterminazione dell’imposta PREU applicata dall’Ufficio e, comunque, l’annullamento e/o la riduzione delle sanzioni.
Si costituiva l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ( già AAMS) sollecitando la conferma dell’avviso di accertamento impugnato – emesso in sede di autotutela (e, quindi, non come accertamento integrativo) per avvenuta evasione dell’imponibile da parte del Concessionario di rete – con conseguente rigetto del ricorso.
Con sentenza n. 18929/38/15, pubblicata il 23 settembre 2015, la Commissione Tributaria provinciale (CTP) di Roma, Sezione 38, accoglieva – con spese compensate – il ricorso della contribuente, sul presupposto che, nella fattispecie, tenuto al pagamento del PREU fosse soltanto il Gestore (identificato) dell’apparecchio (che ne aveva la completa disponibilità senza limite temporale) e non anche il Concessionario, con conseguente illegittimità dell’avviso di accertamento elevato nei confronti di quest’ultimo.
Detta decisione era appellata, innanzi a questa Commissione Tributaria Regionale (CTR), dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli- Ufficio per il Lazio (già AAMS) che – con atto notificato a controparte il 24 marzo 2016 – chiedeva, in totale riforma della decisione di prime cure, la conferma dell’avviso di accertamento n. 180/12 con annesso provvedimento di irrogazione sanzioni.
Si costituiva la G. S. L. (già B. P. G. L. L.), sollecitando il rigetto del gravame e la conferma della sentenza impugnata.
All’esito dell’udienza del 21 novembre 2016 il Collegio decideva come da dispositivo.
L’appello è fondato e deve essere accolto.
Per la ricostruzione in fatto della controversia ed in relazione alle posizioni espresse dalle parti nel presente contenzioso, si rinvia, per evidenti ragioni di economia espositiva, alla analitica narrativa, contenuta nella sentenza della CTP.
Passando al merito della vertenza giova subito precisare che i primi giudici hanno accolto il ricorso del contribuente sul presupposto che l’avviso di accertamento fosse stato notificato solo al Concessionario di rete (rectius, B. P. G. L. L.) – ritenuto sostanzialmente carente di legittimazione passiva – e non anche al gestore, considerato l’unico vero responsabile dell’illecito.
Peraltro, in motivazione di sentenza, la CTP travisava le risultanze istruttorie, facendo erroneo ed inspiegabile riferimento alla verifica effettuata su due apparecchi da gioco – identificati con appositi codici numerici (C00066646HH e D00478124HK) e privi dell’obbligatorio collegamento alla rete telematica del concessionario – ma che non avevano, in realtà, nulla a che fare con l’unico apparecchio scollegato (codice D00449159HE), sequestrato in Solaro (Mi) ed effettivamente oggetto del presente contenzioso PREU (per l’anno 2007).
Tanto detto, i giudici di prime cure escludevano, come sopra anticipato, ogni responsabilità della società ricorrente e concessionaria B. P. G. L. L., atteso che ” l’art. 39 bis comma 2 del D.L. 269/2003.. .prevede per gli apparecchi in esame che la responsabilità solidale tributaria del concessionario intervenga solo laddove l’obbligato principale non sia identificabile, mentre laddove l’obbligato principale risulta identificabile, l’atto notificato soltanto al concessionario risulta illegittimo”.
Sicché, nella fattispecie, a giudizio della CTP, soltanto il Gestore identificato (e non anche il Concessionario) era tenuto al pagamento del PREU ( e delle relative sanzioni) in quanto la responsabilità del Concessionario per omesso pagamento del PREU sarebbe scaturita solo nel caso in cui non fosse stato identificato il proprietario e/o il gestore degli apparecchi.
Da tali premesse discendeva l’accoglimento del (quarto motivo) del ricorso.
Tanto detto, prima di esaminare l’unico e complesso motivo di appello principale dell’Ufficio – con cui si è ribadita la responsabilità solidale del Concessionario per l’omesso versamento del maggior PREU – occorre sgomberare il campo dai motivi dedotti in primo grado dalla ricorrente, non esaminati dalla CTP perché rimasti assorbiti – per il principio della motivazione più liquida – nella decisione favorevole per la contribuente e che da quest’ultima sono stati in parte reiterati avanti a questa CTR, a norma dell’art. 23, u.c., d.lgs n. 546/1992, a titolo di eccezione riconvenzionale.
All’uopo, per dare ordine espositivo e numerico alle argomentazioni del Contribuente appellato, è utile segnalare che dei ventuno motivi dedotti in primo grado dal contribuente (e che in sede di controdeduzioni in appello – pp. 3/4 – sono stati autoridotti a nove) solo sei di questi sono stati formalmente reiterati in fase di gravame ( e che di seguito si esaminano) con la conseguenza che – escluso il quarto iniziale motivo, sulla carenza di legittimazione passiva del Concessionario (accolto dalla CTP) – gli altri quattordici motivi devono intendersi abbandonati e, quindi, rinunziati.
Ciò posto, con il primo motivo – per così dire riconvenzionale (p. 14 delle controdeduzioni all’atto di appello) – la contribuente ha eccepito la illegittimità dell’avviso di accertamento, per asserita infondatezza della maggiore pretesa erariale, a titolo di PREU, stante la inattendibilità del numero delle maggiori giocate, accertate dall’Ufficio, come da lettura presunta e maggiorata delle schede degli apparecchi da gioco e del relativo contatore, non essendovi state manomissioni tra il momento dell’apposizione dei sigilli di sequestro degli apparecchi, da parte della Guardia di Finanza di Morbegno (So) e la lettura dei contatori da parte dei funzionari dell’AAMS.
Il primo motivo – che la stessa contribuente ha testualmente inteso “riformulare” (ibidem , p. 14 , prima riga) – è inammissibile per la totale novità del suo contenuto ex art. 57 d.lgs.n. 546/1992.
Ed, invero, da un raffronto testuale tra il primo motivo del primigenio ricorso avanti alla CTP (pp. 2/4) ed il primo motivo riformulato in fase di gravame avanti a questa CTR, è agevole rilevare come la contribuente abbia totalmente rielaborato ex novo l’iniziale censura, contestando la lettura presunta e maggiorata dei contatori.
Avanti alla CTP la contribuente aveva, infatti, sollevato la eccezione di illegittimità dell’avviso di accertamento n. 180/12, definito integrativo, per asserita insussistenza della sopravvenuta cognizione di fatti nuovi che giustificassero la sostituzione del precedente avviso di accertamento n. 91/12 dell’Ufficio (che, in realtà, aveva agito nel legittimo esercizio di poteri di autotutela, ampliando la platea dei soggetti di imposta, ma senza alcuna maggiorazione della pretesa impositiva – conforme, v. Cass. 15874/2009).
In tale contesto, non sembra dubitabile che la contribuente abbia rinunziato alla precedente e mirata eccezione procedurale (sulla pretesa illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato, a torto, definito integrativo) contestando tutt’altra circostanza e cioè che l’Ufficio avesse presuntivamente ed erroneamente calcolato in aumento i valori delle letture dei contatori della macchine da gioco.
In ogni caso, nel merito, se si voglia intendere la censura della contribuente come implicito richiamo al 13° ( e non al 1°) motivo del ricorso – contenente la critica della attendibilità della lettura dei contatori, da parte dell’Ufficio, a distanza di anni dal sequestro amministrativo delle apparecchiature – è facile rilevare come le operazioni di verifica amministrativa e di sequestro dell’apparecchio, nonché la lettura dei contatori siano avvenute contestualmente il 26.9.2007.
Ne deriva che l’accertamento dell’evasione dell’imponibile, ai fini dell’imposta PREU, da parte dell’Ufficio, non è stato forfettario e/o presunto, come ipotizzato dalla contribuente, ma basato su elementi numerici di lettura del contatore, avvenuta in contraddittorio tra i funzionari dell’AAMS e l’esercente, nominato custode giudiziario dell’apparecchio, alla data su riferita del sequestro del macchinario (26.9.2007).
E’, quindi, rimasta nel campo delle mere ed unilaterali congetture di parte la tesi della Concessionaria, secondo cui l’apparecchio era rimasto funzionante anche dopo il sequestro amministrativo e che, perciò, vi potessero essere state giocate non registrate, arbitrariamente calcolate dall’Ufficio.
Se tali sono le risultanze processuali, il primo motivo, spiegato in via riconvenzionale dalla contribuente, deve essere respinto perché inammissibile e/o infondato.
Con il secondo motivo dedotto in via riconvenzionale (ibidem, pp. 15/16) la contribuente ha eccepito la tardività dell’emissione e della notifica dell’atto impositivo (che, a suo dire, ai sensi dell’art. 39 bis e ter DL 269/2003, avrebbe dovuto essere emanato entro il 31.12.2011, mentre, invece, era stato emesso nel 2012) e, comunque, la carenza di motivazione, per omessa indicazione della norma di riferimento e regolamentazione della procedura di controllo.
L’eccezione è infondata.
Risulta, infatti, per tabulas, che l’imposta in discussione (accertamento del PREU per evasione di imponibile) inerisce pacificamente all’anno 2007 e, quindi, l’operato dell’Ufficio – che ha emesso l’avviso di accertamento n.180/12 il 14.12.2012 – risulta essere stato del tutto tempestivo e legittimo, nel pieno rispetto del termine decadenziale quinquennale di accertamento, previsto dall’art. 39 quater d.lgs. n. 269/2003 ( conv. con successive modifiche nella 1. 326/2003) nonché, in via generale, dall’art.20 del d.lgs. n. 472/1997 e scadente nella fattispecie il 31.12.2012.
Quanto poi al preteso vizio di motivazione dell’avviso di accertamento, il Collegio non può esimersi dal rilevare la infondatezza ictu oculi della censura, in quanto l’Ufficio ha esplicato l’iter logico, sotteso all’atto impositivo, nonché il metodo matematico utilizzato, permettendo alla contribuente – dotata di elevate ed indiscusse qualità imprenditoriali e di specifiche conoscenze tecniche in materia (trattandosi di società Concessionaria AA.MS. del servizio di rete e di raccolta del gioco lecito in tutta Italia) – di ricostruire l’imponibile da assoggettare ad imposta e di verificare l’importo esatto del tributo PREU, contestato come evaso e non versato dal Concessionario, ai sensi dell’art. 39 quater d.lgs. n. 269/2003 cit.
Anche il secondo motivo, dedotto in fase di gravame dal contribuente, a titolo di eccezione riconvenzionale, deve, perciò, essere respinto.
Con il terzo motivo, proposto in via riconvenzionale, a p. 16 e ss. delle controdeduzioni in appello, la G. S. L. ha nuovamente eccepito la violazione degli artt. 7 e 12 dello Statuto del contribuente (1. 212/2000), nonché la violazione del principio del contraddittorio preventivo endoprocedimentale (avente valenza comunitaria, in forza di sentenze interpretative della Corte europea di Giustizia) a seguito dell’omessa notifica dell’atto presupposto (PVC della Guardia di Finanza) e con conseguente impossibilità, per essa contribuente, a fare valere le proprie ragioni, prima della notifica dell’atto impositivo.
La censura non coglie nel segno.
All’uopo, con riferimento alla pretesa nullità dell’atto impositivo per violazione dell’art. 12 della L. n. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente) – per lesione del diritto di partecipazione dell’interessato alla fase preliminare delle indagini ed al PVC – il Collegio non ritiene di doversi discostare da quanto statuito da Cass. 28423/2015 che ha escluso l’esistenza di un obbligo generalizzato del c.d. contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente in capo all’Amministrazione fiscale.
Pertanto, la relativa critica deve essere respinta poiché la mancata partecipazione del contribuente all’attività di verifica non è suscettibile di incidere sull’efficacia dell’atto impugnato che, nel caso di specie, risulta essere stato ritualmente notificato alla società.
Resta, quindi, confermata la legittimità dell’avviso di accertamento, con reiezione del terzo motivo, spiegato in via di eccezione riconvenzionale dalla contribuente.
Ancora: con il quarto complesso motivo, articolato in sede di controdeduzioni in appello (ibidem, pp.21/23) , la G. S. L. ha eccepito la illegittimità dell’atto impositivo per carenza della motivazione o , in subordine, della prova, in relazione alle ragioni ed alle modalità di quantificazione della pretesa impositiva del PREU.
Le doglianze non sono condivisibili.
L’Ufficio, nell’atto impositivo in questione, ha, infatti, chiarito che la contestazione tributaria era relativa all’imposta PREU dovuta per l’esercizio 2007 ( e di ciò si dato atto nella narrativa della sentenza impugnata) ed ha sicuramente consentito alla Contribuente di difendersi e fare valere in modo completo ed ampio, in rito e nel merito, le proprie ragioni ( se solo si pensi ai 21 motivi di ricorso, spiegati in primo grado).
In ordine, poi, alla omessa indicazione delle modalità di quantificazione della pretesa impositiva, è agevole rilevare come – pur nell’uso del linguaggio e del lessico squisitamente tecnico utilizzati dall’Ufficio (e di cui la contribuente, proprio per le sue specifiche qualità imprenditoriali di Concessionario di settore, è stata bene in grado di comprendere la portata) – la verifica sia consistita nella ricostruzione dell’imponibile da assoggettare ad imposta e nella determinazione del tributo non versato mediante un mero procedimento matematico esposto nell’atto di accertamento.
Ad ogni buon conto, del tutto apodittica si appalesa la tesi sostenuta dalla contribuente secondo cui l’apparecchio possa avere funzionato anche successivamente al sequestro e che, quindi, si sia omesso di indicare l’ultima lettura del contatore prima che questo risultasse non collegato.
In proposito, si è già ricordato come la lettura del contatore si sia cristallizzata alla data del 26.9.2007, senza possibile incidenza alcuna di ulteriori consumi per periodi successivi, sicché la pretesa erariale dell’Ufficio, lungi dal realizzare, sulla scorta di letture forfettarie, un calcolo falsato della base imponibile, come ipotizzato dalla contribuente, è stata espressa in termini attuali, effettivi, rispondenti e comprensibili. Anche il quarto motivo deve, perciò, essere rigettato.
Con il quinto motivo (ibidem, p. 23 e ss.) la G. S. L. ha eccepito la illegittimità dell’atto impositivo per errata determinazione del maggior PREU asseritamente dovuto per l’anno 2005 (rectius, 2007), secondo la formula: “CINOTTIN: 100 x aliquota PREU relativa al periodo considerato”.
A dire della contribuente tale metodo di calcolo era errato e non rispettoso dei criteri previsti dalla norma secondaria di settore che lo regolava ( art. 4, comma 1, lett. a del decr. dir. 12.4.2007).
Segnatamente, nella prospettazione della contribuente, l’AAMS, in forza di detto metodo contabile, aveva omesso di considerare una serie di valori e di volumi (a titolo esemplificativo, di partite giocate, di introiti, di dati del contatore), come previsti dal D.D. 12.4.2007 citato, per la disciplina del fenomeno ludico, impedendo così alla società non soltanto di stabilire in quale anno fossero state effettuate le giocate non comunicate per via telematica (in relazione alle quali fosse dovuto un maggior PREU) ma anche di verificare se AAMS avesse accertato il maggior PREU tempestivamente (tenuto conto dei termini di accertamento).
In tale scenario, per la contribuente “…AAMS avrebbe dovuto, se necessario, integrare la propria attività istruttoria per rispettare il citato decr. Dir. ” (ibidem, p.25).
L’eccezione appare generica ed inammissibile, traducendosi sostanzialmente nell’esortazione rivolta all’Ufficio di integrare, se necessario, la propria attività istruttoria, per meglio calcolare il PREU.
In realtà, nel merito, l’AAMS, sulla base delle verifiche svolte, ha determinato e quantificato esattamente il PREU, dovuto per l’esercizio 2007 dal Concessionario di rete, calcolato sulla base imponibile rappresentata dalla “somme giocate e registrate sugli appositi contatori di ciascun apparecchio di gioco ” (art.2 del D.D. n. 515 dell’8.4.2004) e tenendo conto dell’imposta già versata.
Del tutto infondata appare, quindi, l’affermazione della contribuente, secondo cui stante il mancato collegamento dell’apparecchio alla rete telematica, essa Concessionaria sarebbe stata inammissibilmente soggetta al pagamento di un PREU forfettario; in realtà, come già detto, la lettura del contatore è stata eseguita il giorno stesso del sequestro ed è stato, quindi, possibile accertare, nell’attualità, l’esatto ammontare delle giocate raccolte e per le quali si è determinato il PREU dovuto all’Erario.
Alla stregua di quanto sopra esposto, anche detta censura è andata fuori bersaglio e deve essere rigettata.
Infine, con il sesto ed ultimo motivo – fatto valere in via riconvenzionale (ibidem, p. 25 e ss.) – la contribuente ha eccepito la illegittimità dell’atto di irrogazione sanzioni, per asserito difetto di motivazione, ai sensi degli arti. 16 e 17 d.lgs. n. 472/1997, relativamente sia alla norma sanzionatoria applicata, sia all’elemento oggettivo, sia all’elemento soggettivo dell’illecito de quo.
Più precisamente, con riferimento alla norma sanzionatoria applicata dall’Ufficio, la G. S. L. ha osservato che, negli atti impositivi, questa era stata identificata nell’art. 13, comma 1, d.lgs. n.471/1997, sul presupposto della presentazione di una dichiarazione di debito di imposta cui non corrispondeva un versamento di importo sufficiente.
Sicché, non risultando precisato nell’atto impositivo quale fosse stata la dichiarazione presentata dalla società, con l’indicazione di un importo a debito non versato, nella fattispecie si configurava sul punto una carenza assoluta di motivazione.
L’eccezione è inammissibile per novità.
Infatti, da un semplice raffronto degli scritti difensivi della contribuente, si può notare come nel dodicesimo motivo del ricorso introduttivo (pp. 31/32), la società avesse dedotto la violazione degli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 472/1997 (in materia di liquidazione di imposte), con conseguente preteso vizio di motivazione dell’atto di irrogazione sanzioni, ma senza fare alcun riferimento all’art. 13, comma 1, d.lgs. 472/1997, tardivamente citato in fase di gravame, per fare valere la omessa presentazione della dichiarazione, con indicazione di un importo a debito non versato, posta a fondamento dell’accertamento di tributi evasi.
In ogni caso, nel merito, l’Ufficio ha dato atto (p. 3 dell’atto di appello) che era già stata versata dalla Concessionario, a titolo di liquidazione automatizzata PREU, per l’apparecchio D00449159HE, la somma di euro 714.155,50, non comprensiva, però, delle successive giocate non registrate nel periodo di scollegamento della macchina da gioco con la rete telematica.
Ancora: la contribuente ha lamentato la carenza dell’elemento oggettivo della sanzione, in quanto, a suo dire, nell’atto impositivo, non era stato indicato l’illecito in concreto commesso da essa società, tenuto conto che gli apparecchi erano risultati scollegati presso l’esercente e che era stata proprio essa Società a fornire ad AAMS i dati richiesti, poi utilizzati per la contestazione.
La doglianza è del tutto destituita di fondamento.
L’illecito – di cui la contribuente ha avuto piena contezza – è consistito nel fatto che l’apparecchiatura da gioco, oggetto dell’accertamento tributario dell’Ufficio, è risultata priva del prescritto ed obbligatorio collegamento alla rete telematica del Concessionario, anche se quest’ultimo era dotato del necessario nulla-osta per la sua messa in esercizio.
Infatti, ai sensi dell’art. 22, comma 1, L. 289/2002 e dell’art. 39 DL n. 269/2003, gli apparecchi da gioco leciti, disciplinati dall’art. 110, comma 6, TUPS, come introdotti e regolamentati dal legislatore nazionale, oltre ad essere soggetti al rilascio del nulla-osta ministeriale al Concessionario, sono caratterizzati dalla successiva connessione alla rete telematica dell’Amministrazione finanziaria, gestita da più Concessionari (tra cui l’odierna società appellata) al fine di consentire il monitoraggio delle raccolte delle giocate.
All’evidenza, il requisito del collegamento alla rete telematica del Concessionario sottintende ope legis esigenze di liceità e di tracciabilità delle giocate, per la determinazione dell’imponibile, rappresentato dal totale delle somme giocate su cui applicare, previa lettura dei dati della raccolta risultanti dal contatore delle schede di gioco, l’aliquota vigente dell’imposta dovuta al Fisco, a titolo di PREU.
Nella fattispecie, lo scollegamento dell’apparecchio alla rete telematica del Concessionario non è stato contestato e, quindi, sotto l’aspetto oggettivo, l’illecito tributario (al pari di quello amministrativo ex art. 110, co. 9, lettera c, TUPS, oggetto di separata ordinanza di irrogazione sanzioni ex 1. 689/1981, per lo stesso fatto storico, alla WWWW, dante causa dell’odierna appellata) resta pienamente integrato.
Considerazioni similari negative per la contribuente devono farsi valere in relazione alla pretesa e totale mancanza dell’elemento soggettivo della colpevolezza. .
Le argomentazioni della contribuente, a sostegno della sua asserita buona fede, non sono convincenti e non possono, quindi, essere accolte.
La società Concessionaria era, infatti, tenuta a mettere in blocco l’apparecchio che non trasmetteva dati da una settimana ed, invece, come accertato dall’Ufficio, tale doverosa condotta, ispirata a necessari canoni di diligenza e perizia imprenditoriale, nel l’ambito dei rapporti con l’Amministrazione, non è stata posta in essere dall’interessata.
All’uopo non si dimentichi che in forza della Concessione 14.7.2004 tra lo Stato ed i soggetti aggiudicatari, vincitori della relativa gara europea, costoro (tra cui l’odierna appellata) avevano assunto l’obbligo convenzionale di realizzare la rete telematica e di garantire il collegamento delle slot- machine al sistema di controllo di AAMS, con la trasmissione dei dati delle raccolte delle giocate, in modo da permettere al Fisco di eseguire il corretto prelievo delle imposte.
In tale prospettiva il Concessionario si interponeva tra AAMS e la filiera degli operatori (rectius, i proprietari- gestori degli apparecchi ed i titolari degli esercizi commerciali presso cui gli apparecchi potevano essere installati) rispondendo in solido con gli stessi, per il mancato collegamento delle slot con la rete telematica .
In conclusione, l’atto di irrogazione sanzioni è stato legittimamente emesso dall’Ufficio ed anche quest’ultima censura, spiegata in via riconvenzionale dalla contribuente, deve essere disattesa.
Epurato così il thema decidendum da tutte le questioni ed eccezioni sollevate in via riconvenzionale dalla contribuente, si può passare a valutare il motivo di appello dell’Ufficio.
In proposito, quest’ultimo si è giustamente doluto della pronunzia della CTP la quale – sulla base di un isolato (ed, ovviamente, non vincolante) “precedente” di AAMS Veneto – aveva inopinatamente interpretato l’art. 39 bis, comma 2 DL 269/2003 (conv. in L. 326/2003) – posto a fondamento dell’avviso di accertamento impugnato – affermando il principio che il Concessionario di rete, titolare di nulla- osta ministeriale, non rispondesse del PREU – in solido con il possessore dei locali e con il soggetto installatore dell’apparecchio da gioco – laddove costoro, come nel caso di specie, fossero stati identificati.
Il ragionamento dei primi giudici è erroneo e si pone in evidente contrasto con la disposizione di cui all’art. 39 quater, comma 2, DL . 269/2003, richiamato nell’avviso di accertamento (sostitutivo e non integrativo) n. 180/12, emesso dall’Ufficio ed ora sub iudice.
Detta disposizione , infatti, individua un solo presupposto per la individuazione del soggetto passivo di imposta ai fini del PREU (Prelievo Erariale Unico) è cioè l’essere stato, detto soggetto, autore dell’illecito (civile e/o penale e/o amministrativo) per effetto del quale si è verificata la raccolta di giocate senza trasmissione dei dati alla rete telematica, con conseguente evasione del PREU.
Ma vi è di più: detta norma (applicabile ratione temporis, trattandosi di evasione risalente al 2007) contempla espressamente una responsabilità solidale del Concessionario per il fatto stesso di essere, quest’ultimo, titolare del relativo nulla-osta ministeriale
Ciò posto, fermo restando che -per lo stesso fatto – l’avviso di accertamento impugnato ha menzionato ed allegato l’ordinanza n. 11642 di irrogazione della sanzione amministrativa di euro 6.000,00 a carico del Concessionario B. P. G. L. L. (cui è succeduta G. S. L.) per violazione dell’art. 110 TUPS (omessa attivazione della procedura di blocco nell’uso di apparecchio da gioco scollegato alla rete telematica), non sembra dubitabile che nella fattispecie sia applicabile alla società appellata la previsione di cui all’art. 39 quater, comma 2, cit., a torto ignorata dalla CTP.
Più precisamente, B P. G.L. L. (e, per essa, G. S. L.) ha contravvenuto agli obblighi della Concessione, omettendo di vigilare sulla quotidiana trasmissione dei dati di gioco e di bloccare tempestivamente l’apparecchio D00449159HE, installato nell’esercizio- bar di Solaro (MI), e che non trasmetteva dati da una settimana.
In forza di tale norma di legge, la Concessionaria è, quindi, tenuta a rispondere, a titolo di responsabilità solidale passiva, del PREU suppletivo, richiesto dall’Ufficio con l’avviso di accertamento (sostitutivo) qui impugnato.
Alla luce di quanto sopra esposto, il gravame deve essere accolto.
In definitiva, la sentenza impugnata è meritevole di riforma, con conseguente integrale conferma dell’avviso di accertamento di cui trattasi.
Le spese di lite del doppio grado – liquidate complessivamente, come da dispositivo, in favore dell’Ufficio, in base al valore della controversia – seguono la soccombenza di G. S. L.
accoglie l’appello. Condanna il contribuente al pagamento delle spese del doppio grado, liquidate in euro 3.500,00 oltre accessori.
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- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 31 maggio 2019, n. 14962 - In tema di PREU sulle somme giocate mediante apparecchi e congegni da intrattenimento privi del prescritto nulla osta, ex art. 110, comma sesto, del TULPS, il possessore dei locali in cui essi…
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