COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE MILANO – Sentenza 21 giugno 2013, n. 82

Tributi – Imposte sui redditi – Accertamento – Società di capitali a ristretta base societaria

Con proprio atto di ricorso depositato il 3 agosto 2012, l’appellante ufficio interponeva Appello alla sentenza n. 13/43/12, pronunciata dalla Sezione 43 della C.T.P. di Milano con cui il giudice di prime cure accoglieva i ricorsi riuniti, promossi dalla parte qui appellata, per l’annullamento di n. 2 avvisi di accertamento emessi in materia di IRPEF, annualità 2003 e 2004 e della cartella esattoriale relativa all’iscrizione a ruolo provvisoria in pendenza di giudizio.

Con tali atti impositivi l’ufficio, qui appellato, procedeva al controllo parziale della posizione fiscale del contribuente per gli anni 2003 e 2004., attribuendo allo stesso presunti utili extrabilancio.

Il contribuente era infatti socio con quota del 95% della società C.C. s.r.l., società di capitali a ristretta base azionaria e, per tale motivo, era stato inserito nel piano controlli a seguito degli accertamenti ai fini IRES, IRAP ed IVA emessi dall’ufficio di Lucca, per gli anni 2003 e 2004, nei confronti della società partecipata, sopra menzionata. Tali accertamenti venivano poi richiamati dall’ufficio come parte integrante degli avvisi di accertamento notificati in capo al contribuente.

In particolare, l’AdE, preso atto dell’accertamento induttivo nei confronti della società, aveva provveduto ad imputare al contribuente tali maggiori redditi, che, in via presuntiva, riteneva imputabili al socio, sulla base della presunzione di distribuzione extracontabile ai soci in quanto in presenza di società di capitali a ristretta base azionaria.

Successivamente, in data 30 gennaio 2011 veniva notificata allo stesso anche la relativa cartella esattoriale, contenente l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio degli importi indicati negli atti accertativi.

Avverso tali atti, il contribuente proponeva ricorsi, eccependo la nullità degli atti impositivi per carenza di motivazione. In riferimento ai presunti utili extrabilancio, il contribuente eccepiva che l’ufficio non poteva presumere un reddito di partecipazione in capo allo stesso socio, poiché la società era amministrata da altro soggetto, Sig. G.B.A. eventuale beneficiario, a suo dire, di utili illeciti non contabilizzati.

L’ufficio proponeva proprie controdeduzioni.

La causa, discussa dalla Sez. 43 della C.T.P. di Milano, si concludeva con un accoglimento integrale dei ricorsi riuniti, con compensazione delle spese.

Rilevava il Consesso giudicante chele eccezioni di parte ricorrente erano fondate, mentre l’ufficio non aveva dato prova né dell’onere della motivazione né dell’avvenuta notifica dell’avviso di accertamento a carico della società anche a nome del socio.

Con proprio ricorso in Appello, depositato il 3 agosto 2012, l’appellante ufficio impugnava il pronunciamento di prime cure, eccependo la contraddittorietà ed il contrasto con il dettato normativo della pronuncia di primo grado.

Riteneva, infatti, ben motivati gli atti accertativi emessi e dimostrata la presunzione di distribuzione di utili extracontabili.

Per tali motivazioni, l’appellante ufficio chiedeva, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del proprio appello

Con controdeduzioni depositate il 19 dicembre 2012, il contribuente si costituiva in giudizio controdeducendo e richiamando quanto già esposto nel precedente grado di giudizio. Eccepiva l’infondatezza dell’atto di appello dell’ufficio e ribadiva l’illegittimità e la nullità degli avvisi di accertamento impugnati e già annullati dalla C.T.P. di Milano.

Rilevava, a tal proposito, che la motivazione della sentenza di prime cure non era affatto contraddittoria, come invece eccepito dall’A.F.

Ancora, sottolineava come i primi Giudici avessero correttamente rilevato la tardività della produzione documentale dell’ufficio che, in quanto tale, non aveva consentito l’analisi da parte degli stessi Giudici e della parte ricorrente.

Nel merito della questione, parte appellata ribadiva che la società era in realtà gestita dal fratello G.B., che ne era l’effettivo proprietario; per tale motivo, il contribuente spiegava di non avere avuto alcuna contezza di eventuali illiceità compiute da quest’ultimo e di cui ne era estraneo.

La presunzione dell’ufficio di distribuzione di utili extrabilancio in società di capitali a ristretta base azionaria era, pertanto, da ritenere infondata e non dimostrata.

Chiedeva, pertanto, il rigetto dell’appello, con conseguente conferma della sentenza impugnata. Presenti le parti all’udienza che hanno insistito nelle loro richieste ed eccezioni.

La Sezione giudicante così decide. La sentenza emessa dal primo giudice appare prima facie completa ed esaustiva in ogni suo particolare e, quindi, non può essere oggetto di censura da parte dell’ufficio. Il fatto essenziale della questione, qui in esame, è relativo alla circostanza che al contribuente, odierno appellato, non sono mai stati notificati gli avvisi di accertamento emessi dall’ufficio in capo alla società stessa, per le annualità 2003 e 2004. La presunzione sostenuta dall’ufficio che riguarda il fatto che l’attuale contribuente, pur non avendo ricevuto gli avvisi di accertamento riguardanti la società, avrebbe potuto consultare la documentazione notificata alla società e, quindi averne visione, nel caso promuovendo azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore, non può essere accolta da questo Collegio.

L’ufficio doveva notificare dettagliatamente gli atti della società anche al socio, perché erano questi atti dai quali discendevano i redditi da imputare ai singoli soci, e solo in questo modo, l’ufficio avrebbe messo in condizioni il contribuente di poter entrare nella conoscibilità degli atti stessi, in modo lecito.

L’ufficio ha lavorato per relationem, in quanto nell’avviso di accertamento in capo al socio, odierno appellato, ha solo richiamato le risultanze numeriche dell’accertamento emesso dall’ufficio di Lucca, che ha emesso gli accertamenti a carico della società. L’ufficio di Milano, nel proprio operato (che ha esteso l’avviso in capo al socio) non ha riprodotto, neppur lontanamente il contenuto essenziale degli avvisi di accertamento della società stessa.

Ebbene, l’atto impositivo emesso nei confronti della società era un atto sconosciuto all’odierno contribuente, quindi era un atto allo stesso non noto, e così deve essere eccepita la carenza di motivazione dell’atto impositivo al medesimo notificato.

A questo punto, questo Giudice conferma quanto sostenuto nella sentenza del primo Giudice, pag. 6, laddove sostiene che “non vi è stata alcuna prova dell’avvenuta notifica dell’avviso di accertamento a carico della società anche a nome del socio “.

Essendo questi i fatti, la motivazione della sentenza non è contraddittoria e, pertanto, le argomentazioni poste a difesa dell’ufficio, nel proprio appello, non possono essere accolte.

L’ufficio avrebbe dovuto notificare gli atti della società anche ai soci e, solo così, avrebbe potuto pretendere la tassazione anche in capo alle persone fisiche titolari di quote della società.

Gli avvisi in capo alla società diventano troppo importanti per i soci, in quanto dai numeri che stessi contengono, ne discende una tassazione in capo agli stessi. Alla stregua di ciò, l’operato dell’ufficio viene meno in capo all’odierno socio in quanto non è stato messo nelle condizioni di conoscere gli atti della società, dai quali poi sarebbero discesi i redditi allo stesso attribuiti.

L’odierno contribuente ha dato la prova sulla propria impossibilità a conoscere i valori accertati in capo alla società medesima. Le argomentazioni di difesa evidenziate dall’appellato trovano totale accoglimento.

La parte di merito sollevata dal contribuente riguarda il fatto della doppia presunzione, della illegittimità delle così dette presunzioni a catena.

Sul punto questo Giudice si riporta e si accosta a quanto scritto dal primo Consesso giudicante nella propria pronuncia.

Le spese di lite trovano piena compensazione fra le parti medesime.

 

P.Q.M.

 

Conferma la sentenza impugnata. Spese compensate.