COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Milano sentenza n. 3217 del 9 luglio 2015
PROCESSO TRIBUTARIO – DEPOSITO RICORSO IN APPELLO ENTRO 30 GIORNI – DECORRONO DALLA SPEDIZIONE DEL GRAVAME (E NON DALLA CONSEGNA O RICEZIONE)
A seguito di ricevimento di AA per gli anni 2007 e 2008 la contribuente presentava i ricorsi che venivano riuniti.
Gli avvisi contestati scaturivano dalla richiesta formulata dall’ufficio e inerente la capacità contributiva per gli anni dal 2007 al 2010, richiedendo altresì la provenienza della somma di Euro 202.099,00 a mezzo assegno bancario per l’acquisto di un immobile e la provenienza della somma di Euro 13.000,00 circa per l’acquisto di una autovettura.
Affermava la parte che per la autovettura aveva acceso un mutuo per 8.000,00 per cui restavano solo 5.000,00 Euro per gli eventuali chiarimenti e riteneva nulli gli atti per la illegittima applicazione dell’accertamento sintetico che era entrato in vigore solo a decorrere dal 2009.
Con riferimento poi ai 202.000,00 ribadiva che l’assegno non era stato riscosso come risultava dalla produzione dello stesso.
L’ufficio riteneva il proprio operato legittimo ribadiva un indiscutibile passaggio di proprietà dell’immobile e, con riferimento a quanto dichiarato dalle parti all’atto notarile chiedeva la conferma degli atti impugnati.
Con sentenza n 95 del 27 marzo 2014 la CTP di Cremona respingeva i ricorsi riuniti e condannava la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 600,00.
La ricorrente oggi appellante contesta la sentenza di primo grado per:
– Nullità degli AA per gli anni 2007 e 2008 per applicazione art. 38/600/73 abrogato nella vecchia formulazione non più vigente;
– Violazione dell’art. 2729 c.c. nonostante le eccezioni della PA che ritiene che la parte abbia introdotto le eccezioni del quo solo in sede di appello, mentre in realtà la presunzione rilevata dalla parte è stata introdotta già in primo grado;
– Inesistenza dei presupposti legittimanti l’accertamento sintetico del reddito del contribuente;
– Inammissibilità dell’accertamento sintetico de quo;
– Nullità e illegittimità degli atti impugnati;
– Inesistenza e inveridicità del c.d. fatto vero (pagamento assegno bancario di Euro 202.099,00) con conseguente preclusione della configurabilità giuridica di una presunzione semplice e della deduzione del fatto ignoto (presunzione di maggior reddito);
– Assenza di negoziazione dell’originale assegno bancario e assenza di negoziazione e incasso del medesimo, accertando e dichiarando l’inesistenza di una spesa/pagamento di Euro 202.099,00 e dunque esistenza di prova contraria in favore del contribuente;
– Con accoglimento della impugnazione della appellante con condanna della PA alla rifusione dei danni da responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio;
– Nullità dell’AA per violazione dell’art. 112 c.p.c. per applicazione art. 38 comma 4 e 5 DPR 600/73 (in quanto era stato applicato l’abrogato art. 38 e non quello in vigore) illegittima e non formulata nella precedente procedura di mediazione modificata tardivamente e quindi incompatibile in palese violazione art. 7 legge 212/2000 (la vecchia formulazione prevedeva la applicazione dell’accertamento sintetico solo “in base ad elementi e circostanze di fatto certi” cosa non accaduta;
– Violazione art. 2729 c.c. in quanto si è utilizzata la praesumpto de praesumpto.
L’ufficio contesta le dichiarazioni di parte, ribadisce quanto già affermato in primo grado e ritiene corretta la propria posizione in merito all’applicazione dell’articolo 38 comma 4 e 5 del D.P.R. 600/73, legittimo l’accertamento notificato, corretto il proprio comportamento e ineccepibile la sentenza che avrebbe preso in considerazione fatti evidenziati nell’atto impugnato e non viziata da ultra petizione ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., chiedendo la condanna della ricorrente alle spese di giudizio.
Con memoria del 4 marzo 2015 la PA faceva rilevare l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 53 comma 2 del D.Lgs. 546/92 in quanto l’appello era stato notificato a mezzo posta in data 17/09/2014 mentre l’appellante aveva provveduto alla costituzione in giudizio oltre il termine di 30 giorni e cioè in data 20/10/2014.
La contribuente presentava una memoria integrativa con la quale affermava la correttezza del proprio operato e, come ribadito da molte sentenze della Corte di Cassazione la cui ultima la numero 12027 del 28/05/2014 della sezione VI, evidenziava che “in tema di contenzioso tributario, il termine entro il quale la copia del ricorso spedito per posta deve essere depositata nella segreteria della Commissione Tributaria adita, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, decorre non già dalla data di spedizione, bensì da quella della ricezione dell’atto da parte del destinatario”.
Motivazioni
Va primariamente evidenziata la questione sollevata dall’ufficio e che è preliminare all’esame della vertenza qui oggetto di lite e che riguarda la richiesta di inammissibilità ai sensi dell’art. 53 comma 2 del D.Lgs. 546/1992 e che qui viene riassunta.
1. Il ricorso in appello viene spedito, per via postale, all’Agenzia delle entrate il 17 settembre 2014;
2. L’agenzia delle entrate riceve la notifica dell’atto di appello in data 19 settembre 2014;
3. La costituzione in giudizio avviene in data 20 ottobre 2014, lunedì (in quanto in Caso di termine che scade il sabato, la domenica o in un giorno festivo come sancito dall’art. 155 c.p.c. la notifica viene prorogata “al primo giorno seguente non festivo”).
Con riferimento alla presunta inammissibilità dell’appello presentato oltre i termini di 30 giorni presso questa Commissione Tributaria rispetto alla data di presentazione presso gli uffici finanziari, va detto che, secondo un orientamento recente sancito dalla Corte di Cassazione n. 12027 del 28 maggio 2014, il termine entro il quale, ai sensi dell’art. 22 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, la copia del ricorso spedito per posta deve essere depositata nella segreteria della Commissione Tributaria adita deve ritenersi decorrente dalla data della ricezione dell’atto da parte del destinatario. Tale regola risulterebbe contenuta nel primo periodo dell’ultimo comma dell’articolo 16 D.Lgs. 546/92, secondo il quale “qualunque comunicazione o notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione”, è volta ad evitare che eventuali disservizi postali possano determinare decadenze incolpevoli a carico del notificante. Riferendosi con ciò ai termini nei quali la notifica stessa deve intervenire. La conseguenza di quanto sopra evidenziato rappresenterebbe il momento iniziale di un termine, secondo cui la notificazione si perfeziona con la conoscenza legale dell’atto da parte del destinatario.
Deve essere anche rilevato che il primo periodo dell’ultimo comma dell’articolo 16 D.Lgs. 546/92 (al cui disposto si conforma l’art. 20, secondo comma, dello stesso D.Lgs. 546/92, prevede: “Qualunque comunicazione o notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione”) è seguito da un secondo periodo, per il quale “i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto”. E’ pertanto da tale rilievo che viene tratta la conseguenza che il termine di trenta giorni fissato dall’art. 22 D.Lgs. 546/92 decorre dalla data di recapito postale dell’atto al destinatario, così come avviene per il termine assegnato per la costituzione dell’amministrazione resistente (art. 23, comma 1). Con riferimento poi all’articolo 22 D.Lgs. 546/92, va detto che lo stesso prevede che l’attore, per costituirsi, deve produrre, con la copia del ricorso spedito per posta, la ricevuta di spedizione postale, e non l’avviso di ricevimento e ciò significherebbe soltanto che il ricorrente si può costituire in giudizio anche prima e indipendentemente dall’avvenuto ricevimento dell’atto da parte del destinatario e che dalla spedizione inizi a decorrere, a pena d’inammissibilità, il termine per costituirsi (senza neppure poter conoscere gli esiti della notifica postale).
Tra i due orientamenti descritti, pare a questo Collegio più convincente quello tratto dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 20787/13 per quanto già evidenziato, oltre che per i motivi di séguito esposti.
Infatti già in precedenza e in ben due sentenze successive, la Corte Costituzionale già nel 2002, con la sentenza n. 477/2002 ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’articolo 149 c.p.c. inerente la notificazione a mezzo del servizio postale “nella parte in cui prevedeva che la notificazione si perfezionasse per il notificante olla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario” e il principio relativo alla notifica enunciato dalla Corte Costituzionale è stato poi riaffermato ancora con la sentenza n. 28/2004.
Va anche osservato che in caso di notifica a mezzo del servizio postale l’ufficiale giudiziario restituisce al notificante l’atto con l’attestazione della spedizione e non quella di ricevimento e non può ritenersi corretto legare il decorso del termine di costituzione in giudizio del ricorrente alla data di spedizione e non alla data di ricezione del ricorso che potrebbe fare trovare il ricorrente in una situazione negativa a causa di una procedura di iscrizione a ruolo promossa dalla PA e legittimata dal fatto che la stessa avrebbe proceduto ancora prima di verificare il buon esito della notifica che oggi è prassi frequente e che le norme di procedura civile hanno superato attraverso l’istituto della rinnovazione della notifica, ma che vedrebbe in caso contrario delle situazioni di grave carenza in capo al contribuente che potrebbe vedere lesi i propri diritti, a parere di questa Commissione, nel caso sancito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 12027/2014. In conclusione, l’appello, secondo questa Commissione, è stato proposto oltre il termine perentorio fissato dalla legge e questo fatto ne provoca la inammissibilità preliminare e sostanziale, che non consente la trattazione della motivazione nel merito, ma in funzione della particolare e difficile questione qui trattata si ritiene legittimo compensare le spese di giudizio del presente grado.
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità dell’appello. Compensa le spese del grado.
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