COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Napoli sentenza n. 9001 sez. 33 del 14 ottobre 2016

IRPEF – VINCITE DA GIOCHI D’AZZARDO – ALTRI STATI MEMBRI DELL’UE – NON SOGGETTE A IRPEF

TESTO:

Il Sig. … impugnava l’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2010 con il quale l’Agenzia delle Entrate, contestava l’omessa dichiarazione di euro 14.083,00 ai sensi dell’art. 38 del DPR n. 600/73, considerando, ai fini dell’imposizione diretta in Italia, le vincite a poker conseguite in Slovenia per euro 3.633,00 ed il corrispettivo di euro ” 10.450,00 conseguito dalla “.. spa” per promuovere l’immagine della società e dei suoi prodotti e servizi.

Il ricorrente eccepiva la violazione dei principi fondamentali dell’Unione Europea e precisamente del principio di uguaglianza in quanto l’ufficio avrebbe qualificato come redditi imponibili ai fini IRPEF le vincite conseguite in altri paesi senza tenere conto che esse già avevano subito una tassazione sostitutiva alla fonte presso i casinò esteri, mentre si escludeva da ulteriore imposizione diretta in Italia le vincite conseguite presso i casinò italiani, anche essi assoggettati ad imposta sostitutiva alla fonte. A tal fine il ricorrente invocava la disapplicazione della norma di cui all’art. 67 co. 1 lett. d) del TUIR qualora interpretato come fatto dall’Ufficio o il suo vaglio costituzionale in quanto instaurava un regime differenziato, del tutto ingiustificato, tra vincite in Italia, tassate secondo l’aliquota massima del 20% mediante ritenuta alla fonte e le vincite all’estero che, invece, subirebbero la tassazione proporzionale degli scaglioni IRPEF fino all’aliquota del 43%.

In ordine al contratto stipulato con la ? spa il ricorrente lamentava di non aver mai ricevuto alcun corrispettivo ma soltanto un rimborso spese di euro 2.000,00.

Con la sentenza emessa il 4 febbraio 2015 e depositata il 17 febbraio 2015 la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, Sezione n. 23, rigettava il ricorso, compensando le spese.

Secondo i giudici di primo grado non sussisteva alcuna disparità di trattamento con i redditi della medesima natura conseguiti in Italia e sottoposti a ritenuta alla fonte nella minore misura stabilita dall’art. 30 comma 2 del DPR n. 600/73 rispetto ad una potenziale imposizione del 43% secondo l’aliquota massima prevista per gli scaglioni IRPEF. La questione, pur apprezzata favorevolmente dalla Corte di Giustizia con la pronuncia del 22/10/2014 richiamata dal ricorrente, non assumeva alcun rilievo nella vicenda in esame in quanto risultava applicata l’aliquota del 23% e quindi, di fatto, conforme a quella prevista dall’art. 30, variabile tra il 20 ed il 25%.

In ordine ai corrispettivi versati dalla società .. spa essi trovavano riscontro nelle informazioni rese dalla stessa società all’Amministrazione Finanziaria e costituivano esecuzione delle clausole del contratto stipulato dal contribuente per cui in tal modo dovevano essere qualificati i versamenti di danaro in favore del ricorrente e cioè redditi imponibili soggetti a tassazione. Avverso la predetta sentenza formulava rituale appello il contribuente per i seguenti motivi: 1) violazione delle norme di diritto comunitario con particolare riferimento alla sentenza EU:C:2014:2311 del 22 ottobre 2014; 2) omessa, carente, apparente e/o contraddittoria motivazione, ovvero violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento ai motivi di ricorso riguardanti l’eccezione pregiudiziale di costituzionalità; 3) violazione e/o falsa applicazione di leggi, in relazione alle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, con riferimento a quelle stipulate tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Slovenia le cui norme devono considerarsi prevalenti su quelle ordinarie interne; 4) omessa motivazione con riferimento ai motivi di ricorso riguardanti il difetto di motivazione e la violazione del diritto di difesa; 5) omessa, carente, apparente motivazione con riferimento ai motivi di ricorso riguardanti l’assoggettamento a tassazione delle somme percepite dalla ?. spa, in relazione alla scrittura privata datata 16.01.2010; 6) omessa motivazione con riferimento ai motivi di ricorso riguardanti la disapplicazione delle sanzioni.

Infine l’appellante chiedeva l’addebito delle spese di giudizio alla controparte previo accoglimento dell’impugnazione.

L’Agenzia delle Entrate si costituiva presentando proprie controdeduzioni con le quali sosteneva le ragioni poste a fondamento della legittimità del proprio operato.

Con atto depositato il 22 aprile 2016 il contribuente depositava memorie illustrative con le quali ribadiva le ragioni a sostegno dell’appello ed inoltre allegava decisioni di Commissioni Tributarie favorevoli alla tesi sostenuta.

All’odierna udienza pubblica la controversia veniva trattata e decisa come da relativo verbale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Commissione, valutate le risultanze di causa, ritiene fondato l’appello del contribuente.

Per quanto riguarda la parte dell’avviso di accertamento all’esame relativa alla tassazione delle vincite conseguite all’estero e precisamente in Slovenia, il Collegio rileva che sul punto si è espressa la Corte di Giustizia dell’Unione Europea che con la sentenza del 22 ottobre 2014, allegata all’impugnazione, ha espressamente sancito l’illegittimità dell’ipotesi di tassazione di vincite da giochi d’azzardo realizzate in case da gioco situate in stati membri, con esonero dal pagamento dei tributi per le vincite che provengano da case da gioco situate nel territorio dello Stato.

Peraltro va considerato che l’attività in questione come può comportare vincite così può comportare perdite anche di importi significativi ed in tale contesto, alla luce del principio di cui all’art. 53 della Costituzione, secondo il quale tutti sono tenuti a concorrere alla spesa pubblica in ragione della loro capacità contributiva, non sarebbe legittimo tassare i proventi derivanti da gioco d’azzardo escludendo le perdite che possono derivare dagli stessi giochi.

Diventa inevitabile pertanto, assoggettare le vincite in questione a ritenuta d’imposta e non al tributo progressivo tramite dichiarazione dei redditi, così come previsto dal legislatore nazionale e da quello sloveno.

A conferma di una siffatta interpretazione, da considerarsi ormai pacifica, il contribuente ha allegato alle memorie illustrative alcuni provvedimenti di annullamento in autotutela di avvisi di accertamento in materia adottati dagli Uffici di Udine, Trieste, Venezia ed Imperia.

Per quanto riguarda la contestazione relativa alla omessa dichiarazione della somma complessiva di euro 10.450,00 che sarebbe stata corrisposta al contribuente dalla società ?. spa in ragione del contratto stipulato in data 16 gennaio 2010, la Commissione rileva che se effettivamente la predetta società avesse versato delle somme al contribuente a titolo di corrispettivi avrebbe dovuto rilasciarne certificazione contabile o quanto meno produrne copia all’Agenzia delle Entrate quando questa ha chiesto conto dei pagamenti effettuati a favore del ricorrente.

Peraltro non appare possibile operare un recupero a tassazione esclusivamente sulla base di una email non certificata, senza data, non firmata né timbrata e perciò priva di qualunque valore certificativo.

E comunque il predetto documento non appare idoneo a smontare o contraddire l’assunto del contribuente secondo il quale le somme indicate nella email non sono state corrisposte al ?.. a titolo di corrispettivi bensì versate direttamente dalla società alle case da gioco a titolo di iscrizione ai rispettivi tornei di poker.

Ed infatti l’art. 4 del contratto stipulato tra il ?. e la società predetta prevede che “… si impegna a rimborsare a ?. un importo massimo di. ….” per cui non appare peregrino ipotizzare che le somme asseritamente pagate al contribuente non costituiscono danaro incassato ma danaro pagato ai casinò quali iscrizioni ai tornei di poker.

In effetti il contratto stipulato prevedeva la cessione dei diritti di immagine ed obblighi di fare in cambio dell’eventuale vincita conseguita dall’appellante a seguito della partecipazione ai tornei le cui spese correlate venivano sostenute direttamente dalla società.

Una valutazione complessiva della vicenda porta alla verosimile conclusione che l’intera somma di euro 10.450,00 sia stata versata dalla ?. per pagare le iscrizioni ai tornei cui il ….. doveva partecipare per contratto e che quindi non ha costituito un corrispettivo ma al massimo un mero rimborso di un costo.

In conclusione il Collegio ritiene di accogliere l’appello proposto dal contribuente con conseguente riforma della sentenza impugnata.

Quanto alle spese del giudizio, la Commissione ritiene di doverle compensare sia perchè la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 22 ottobre 2014 è intervenuto dopo, l’instaurazione del contenzioso, sia per la particolare complessità della materia trattata.

P.Q.M.

accoglie l’appello e compensa le spese.