COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 482 sez. XVI depositata il 5 febbraio 2019

Socio – Società a ristretta base familiare e sociale – Finanziamenti infruttiferi – Indagini – Utili societari occultati al fisco – Sussiste

FATTO

Con la sentenza n. 1892/2018 la CTP di Roma ha accolto “nei termini di cui in motivazione” il ricorso della sig.ra D.G., compensando le spese, avverso l’avviso di accertamento n. (omissis) relativo a IRPEF e altri tributi per l’anno d’imposta 2012, con cui, a seguito di esame della documentazione bancaria (intestata alla ricorrente ed alla figlia convivente M.E.B.), non era stata dimostrata, per la Amministrazione, la natura extrareddituale di una parte delle entrate rilevate sui conti correnti bancari per € 575.183,88, con rideterminazione del reddito ad € 645.880 da € 75.403,00.

Secondo la CTP era, in particolare, stato dimostrato dalla signora D. che 420.000 euro erano stati restituiti dalla Immobiliare D. alla socia M.E.B., figlia della contribuente, per un finanziamento da questa erogato.

Avverso la sentenza si grava l’Ufficio, rilevando che, già in fase di accertamento con adesione, venne richiesto alla contribuente di fornire, senza riscontro, le delibere iniziali dell’asserito finanziamento. Inoltre, rileva l’Ufficio che, stante la struttura della società immobiliare di famiglia a ristretta base sociale, gli indizi di cointeressenza e perciò di riferibilità alla attività d’impresa della società possono essere fondati anche sulla circostanza stessa della omessa precisa identificazione della origine e provenienza delle somme transitate sui conti correnti.

Si è costituita la contribuente che contesta l’adeguatezza probatoria delle indimostrate asserzioni dell’Ufficio, chiedendo la reiezione del gravame con vittoria di spese e onorari, e producendo, in data 2.11.2018, anche istanza di sospensione della fase esecutiva del provvedimento.

DIRITTO

L’appello dell’Ufficio è fondato.

Accendendosi al merito della causa, nulla vi è da pronunciare in ordine alla (superata) istanza di sospensione interposta dall’interessata.

Invero, in tema di imposte sui redditi, lo stretto rapporto familiare e la composizione ristretta del gruppo sociale è sufficiente a giustificare, salva la prova contraria, la riferibilità delle operazioni riscontrate sui conti correnti bancari di tali soggetti all’attività economica della società sottoposta a verifica, sicché in assenza di prova di attività economiche svolte dagli intestatari dei conti, idonee a giustificare i versamenti e i prelievi riscontrati, ed in presenza di un contestuale rapporto di collaborazione con la società, deve ritenersi soddisfatta la prova presuntiva a sostegno della pretesa fiscale, con spostamento dell’onere della prova contraria sul contribuente.

Ancora in termini generali, in materia di accertamenti bancari, la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. 5, Sentenza n. 711/2017, id. n. 15S57 dei 29/07/2016; 4829/2015) è ferma nel ritenere che qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili; ciò vale al fine di superare la presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle movimentazioni bancarie poste a carico del contribuente dall’art. 32 del DPR 60/73.

Si è, inoltre, condivisibilmente statuito che la presunzione ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 consente all’Amministrazione finanziaria di riferire de plano ad operazioni imponibili i dati raccolti in sede di accesso ai conti correnti bancari del contribuente, salva la prova contraria da parte di costui (e, aggiungasi, la legittimità della utilizzazione degli elementi risultanti dalle movimentazioni bancarie non è condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell’accertamento, posto che il citato art. 32 prevede quel contraddittorio alla stregua di mera facoltà, non di obbligo, dell’amministrazione tributaria).

Tanto premesso in termini generali, la CTP, nel caso di specie, non ha fatto corretta applicazione, secondo questo Collegio, dei suindicati principi tratti dalla giurisprudenza nomofilattica della Suprema Corte, ed ha accettato acriticamente le fragili giustificazioni addotte dalla contribuente circa le movimentazioni bancarie contestate e la conseguente ripresa a tassazione delle stesse.

Infatti, mentre la CTP ha fatto riferimento, quanto alla giustificabilità degli accrediti a titolo di “rimborso” e di “prestito socio”, alle risultanze dei verbali di assemblea delle società prodotte a valle (dal punto di vista procedimentale) dalla difesa della ricorrente ed al relativo contenuto, nulla ha argomentato in ordine alla fondamentale eccezione, già avanzata dall’ufficio in prime cure e riproposta in questa sede di gravame, secondo la quale l’interessata non aveva fornito riscontro, a monte, alla richiesta di allegazione documentale delle delibere assembleari iniziali di accettazione del finanziamento nonché di ogni prova utile dell’accreditamento a suo tempo effettuato delle somme nel conto corrente della società. D’altra parte, la stessa signora D., in sede amministrativa pre-contenziosa, aveva fatto presente che, trattandosi di società a ristretta base sociale a struttura familiare, non vi era alcuna delibera di autorizzazione così come non vi erano specifici versamenti di importi precisi.

Né vi è prova in atti delle asserite “necessità per la signora M.E.B. di far fronte alle procedure esecutive avviate dagli istituti di credito riguardanti attività paterne non conosciute dagli eredi…” che avrebbero messo in moto tale circolarità di somme in entrata e in uscita in tempi non accertati, ma fideisticamente ritenuti validi dalla CTP.

La nebulosità delle giustificazioni addotte circa la liceità fiscale delle movimentazioni bancarie contestate appare evidente ictu oculi e non supera il vaglio probatorio di questo Collegio.

Acutamente, l’Ufficio osserva (e il Collegio condivide) che la “sostanziale sovrapposizione degli interessi personali e societari” tra la società, i familiari della contribuente e tra gli stessi familiari, “è state valutata dai giudici di prime cure quale giustificazione che ha determinato la circolarità dell’utilizzo delle somme in proprio possesso e tra le due società e le figlie, mentre, per converso, doveva rappresentare piuttosto elemento sintomatico di sottrazione di disponibilità al fisco”.

D’altra parte, un così ampio ricorso a finanziamenti infruttiferi da parte di una società (per giunta a ristretta base sociale e familiare) è da considerare come ulteriore elemento indiziario perlomeno di utili societari occultati al fisco.

Conclusivamente, ancorché la Difesa della contribuente abbia prodotto una pregevole memoria che evidenzia un articolato sforzo argomentativo, il Collegio non accede alle motivazioni ivi addotte, e ritiene assorbite tutte le eccezioni ivi introdotte, anche con riferimento ai punti 3 (“invalidità derivata conseguente alle modalità di svolgimento dell’istruttoria”, atteso che la attività di indagine della GdF si è svolta nell’assoluto rispetto delle procedure) e 4 (pagg. 16 e seguenti) della memoria datata 12.10.2018 e dei relativi allegati della memoria prodotta in data 28.12.2018.

Ogni ulteriore motivo non espressamente affrontato e motivato deve comunque intendersi assorbito e in ogni caso respinto.

La complessità dell’esame degli atti allegati nonché il carattere eminentemente presuntivo dal punto di vista probatorio (ancorché dotato dei fondamentali principi di gravità, precisione e concordanza) della presente decisione giustifica la compensazione integrale delle spese.

P.Q.M.

La Commissione accoglie l’appello dell’Ufficio.

Le spese sono compensate.