Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sez. 1 sentenza n. 1615 depositata il 13 marzo 2018
LIQUIDAZIONE E CONTROLLI – MOVIMENTAZIONI BANCARIE – CONTI BANCARI PERSONALI – SOCIE – PRESUNZIONE SEMPLICE – ILLEGITTIMITA’ DELL’AVVISO
FATTO
L’Agenzia delle Entrate di Latina, Ufficio Controlli, previa necessarie autorizzazioni, procedeva ad indagini bancarie, ex art. 32 DPR 600/73, sui conti correnti intestati alla società L. s.r.l., esercente attività di commercio di mobili usati e oggetti di antiquariato, nonché sui conti bancari dei due soci al 50%, Sig. R.V. (padre) e R.R. (figlio). La richiesta di effettuazione di indagini bancarie scaturiva dalla esiguità dei redditi dichiarati per gli anni 2009 e 2010 (€. 10.000,00 circa), pur essendo la società in attività dal 2005. In particolare i soci non percepivano alcun reddito dalla società. Conseguentemente, per l’anno di imposta 2009, si accertavano maggiori redditi pari ad €. 176.116,00 e, ai fini Iva, si accertavano maggiori corrispettivi non contabilizzati, pari ad €. 231.577,36.
Avverso l’Avviso di Accertamento, emesso ex art. 41-bis DPR 600/72, proponeva ricorso la società deducendone l’illegittimità per vizi di sottoscrizione, in violazione dell’art. 42, co. 1 Dpr 600/73 e per violazione dell’art. 12, co. 7 della L. 212/00, in quanto emesso prima della scadenza del termine di 60 giorni dal rilascio alla contribuente, della copia del pvc di chiusura delle operazioni ispettive.
Nel merito lamentava l’infondatezza delle risultanze accertative e concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato.
Con proprie controdeduzioni l’Ufficio contestava tutto quanto ex avverso dedotto e chiedeva il rigetto del proposto ricorso.
La C.T.P. di Latina, con sentenza n. 1212/06/15 depositata il 29/9/15, accoglieva il ricorso nel presupposto dell’illegittimità della sottoscrizione dell’Accertamento e della inadeguatezza della prova contraria offerta dall’Ufficio, costituita da una mera delega in bianco. Inoltre i primi giudici ritenevano illegittimo l’Accertamento per violazione dell’art. 12, co. 7 della L. 212/00, perché emesso prima della scadenza del termine di 60 giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle indagini ispettive ed altresì illegittimo, perche emesso in mancanza di un preliminare contraddittorio, impedendo così alla parte di poter interloquire con l’A.F., ed esercitare il proprio diritto di difesa. Infine, nel merito riteneva illegittimo l’Accertamento, in quanto fondato sulle risultanze di indagini finanziarie svolte su conti bancari di terzi, rispetto a quelli della società, in mancanza di elementi gravi precisi e concordanti sul coinvolgimento degli stessi terzi, posto che nel caso di accertamento su conti di terzi, non si tratta di presunzione ex lege di maggiori redditi, ma di presunzione che deve fondarsi su elementi gravi, precisi e concordanti che l’Ufficio ha l’onere di indicare.
Avverso la sentenza propone appello l’Ufficio lamentando l’illegittimità di tutte le pronunce in essa contenute. Osserva infatti, in primo luogo, ai fini della legittimità della sottoscrizione dell’atto accertativo, che era stato prodotto in giudizio l’Ordine di Servizio che è documento sufficiente a dimostrare la legittimazione del sottoscrittore dell’atto e che la delega, in quanto mera delega di firma e non delega di funzioni, poteva anche essere in bianco. Con riguardo poi alla asserita violazione dell’art. 12, co. 7 della L. 212/00, per aver emesso l’Accertamento prima della scadenza del termine di 60 giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle indagini ispettive, eccepisce che la garanzia di cui al richiamato art. 12, co. 7 della L. 212/00, per la chiara lettera della norma, e prevista per il solo caso di verifica con accesso nei luoghi del soggetto accertato, mentre, nella specie, si è trattato di verifica senza alcun accesso; mentre con riguardo all’illegittimità derivante dalla mancanza del preliminare contraddittorio, eccepisce che il contraddittorio, diversamente da come asserito, in realtà c’è stato e ciò e dimostrato dalla corrispondenza allegata dalla parte, nonché dai verbali di contraddittorio del 15/4/14, 16/5/14 e 21/5/14. Contesta infine la fondatezza dell’eccezione relativa all’illegittimità dell’accertamento per l’omessa allegazione dell’atto autorizzativo alle indagini bancarie, in primo luogo perché il primo giudice con tale pronuncia è andato ultrapetita, in violazione dell’art. 112 cpc e comunque perché trattasi di atto interno la cui esistenza non pregiudica il diritto di difesa del contribuente. Nel merito censura l’impugnata sentenza per violazione dell’art. 39, co. 1, lett. c) e dell’art. 41-bis del Dpr 600/73, insistendo sulla correttezza dell’operato accertativo. Osserva infatti che la parte non è stata in grado di fornire elementi giustificativi concernenti le movimentazioni finanziarie e quindi alcuna prova in merito alla non assoggettabilità a tassazione delle stesse, né durante il preliminare contraddittorio, né in sede contenziosa. Con riguardo poi alla parte della sentenza con cui è stata affermata l’illegittima acquisizione dei dati bancari, poiché l’attività accertativa sarebbe stata illegittimamente estesa ai sig. R.V. e R.R. “che nulla hanno a che fare con la società oggetto di verifica”. Osserva infatti sul punto che molti sono gli elementi di contatto tra i conti correnti personali dei sigg. R. e la società accertata e per questo è fondatamente presumibile la riferibilità alla società di tali movimentazioni, peraltro rimaste senza giustificazione, posto altresì che R.V. è amministratore della stessa società. Insiste che la parte non ha assolto al proprio onere della prova, come previsto dall’art. 32 del Dpr 600/73. Conclude per la riforma della sentenza, con conferma della legittimità del proprio operato.
Con proprie controdeduzioni la parte chiede il rigetto del proposto appello insistendo sulla illegittimità della sottoscrizione dell’atto e su tutti i vizi dello stesso, ben evidenziati dai primi giudici. Nel merito ribadisce la fondatezza delle giustificazioni opposte e conclude per la conferma dell’impugnata sentenza, immune dalle lamentate censure.
DIRITTO
La Commissione, preso atto di quanto dedotto e prodotto dalle parti, ritiene infondato nel merito, l’appello proposto dall’Ufficio.
Infatti, con riguardo alla fattispecie dedotta in giudizio, si ritiene che l’appello proposto dall’Ufficio, ed il fatto rileva ai fini della liquidazione delle spese di giudizio, sia condivisibile con riguardo alle censure di illegittimità dell’impugnata sentenza, nelle parti in cui i primi giudici hanno affermato la sussistenza di vizi dell’Atto Accertativo, tali da determinarne la nullità, per violazione delle singole norme richiamate.
In particolare si osserva che è fondata e corretta la censura riguardante l’affermata nullità dell’atto per asserito difetto di sottoscrizione, ex art. 42 del Dpr 600/73, posto che, ai fini della legittimità della sottoscrizione dell’atto accertativo da parte del delegato, era sufficiente l’Ordine di Servizio n. 27 del 24/09/13 che l’Ufficio aveva prodotto e che la delega, in quanto mera delega di firma e non delega di funzioni, poteva anche essere in bianco (conforme giurisprudenza della S.C. venutasi a formare sulla materia, ex pluribus Sent. n. 22800/15).
Si osserva che è altresì fondata e corretta la censura riguardante l’affermata nullità dell’atto per asserita violazione dell’art. 12, co. 7 della L. 212/00, dal momento che l’Accertamento in oggetto era stato eseguito “a tavolino”, ossia senza accesso presso l’azienda del contribuente, mentre la garanzia di cui al richiamato art. 12, co. 7 della L. 212/00, per la chiara lettera della norma, è prevista per il solo caso di verifica con accesso nei luoghi del soggetto accertato (conforme giurisprudenza della S.C., ex pluribus Sent. n. 16354/12).
Si osserva che è altresì fondata e corretta la censura riguardante l’affermata nullità dell’atto accertativo per asserita violazione dello Statuto del contribuente, in merito all’espletamento del contraddittorio posto che, diversamente da come osservato dal primo giudice, il contraddittorio con la parte si è svolto, come risulta dai verbali del 15/4/14, 16/5/14 e 21/5/14.
Infine si ritiene fondata la doglianza di ultrapetizione dell’impugnata sentenza, con riguardo all’omessa allegazione dell’autorizzazione alle indagini bancarie, posto che tale eccezione non era stata mossa dal ricorrente, a tacere del fatto che l’atto di autorizzazione alle indagini bancarie è un atto interno che non deve neppure essere specificatamente motivato e la cui mancata esibizione, lungi dal pregiudicare il diritto di difesa del contribuente tout-court, non costituisce di per sé, motivo di illegittimità dell’Accertamento, salvo che la parte non dimostri il concreto pregiudizio subito (conforme giurisprudenza della S.C., ex pluribus Sent. n. 14023/07, n. 18836/06).
Ciò posto, invece nel merito non si ritiene condivisibile l’operato dell’Ufficio; si osserva infatti che con l’invito n. 100273/2014 (allegato al ricorso di primo grado) l’Ufficio aveva circoscritto il campo delle giustificazioni da offrire da parte della contribuente, alle movimentazioni bancarie risultanti dal conto bancario n. (omissis) (BNL) intestato alla società ed al riguardo, la società medesima aveva prodotto, a supporto della produzione della contabilità sociale e delle scritture contabili, un tabulato che rappresentava l’estrapolazione dalle scritture contabili, dei movimenti bancari in contestazione e nel quale risultano la data di registrazione, l’importo del movimento finanziario, la descrizione dell’operazione; aveva inoltre allegato i documenti della contabilità afferenti ad ogni singola operazione. Conseguentemente si ritiene che la parte abbia assolto il proprio onere probatorio, offrendo prove circostanziate e puntuali, così come previsto dalla norma di riferimento, idonee a vincere la presunzione ex lege nascente dall’esame dei conti bancari del soggetto accertato (nella specie società L.).
Con l’avviso di Accertamento in epigrafe, l’Ufficio ha poi esteso le indagini bancarie ai conti personali dei due soci, assumendo che vi erano molti elementi di contatto tra i conti correnti personali dei sigg. R.R. e R.V. e la società di capitali accertata e concludendo che era fondatamente presumibile la riferibilità alla società di tali movimentazioni, posto che R.V. era amministratore della società oggetto di verifica.
A questo riguardo i primi giudici hanno ritenuto che l’attività accertativa sarebbe stata estesa illegittimamente ai conti bancari personali dei sig. R.V. e R.R. “che nulla hanno a che fare con la società oggetto di verifica”.
Orbene, al di là dell’apodittica affermazione utilizzata dai primi giudici per asserire l’illegittimità dell’Accertamento sul punto, si ritiene tuttavia di condividere nella sostanza la decisione con riconoscimento dell’illegittimità dell’operato accertativo, poiché, per il caso di indagini sui conti di terzi, come nella specie ove la società di capitali è soggetto diverso e terzo rispetto ai soci, si fuoriesce dall’ambito della prova presuntiva ex lege di cui all’art. 32 del Dpr 600/73 e si entra nell’ambito delle prove presuntive semplici, per le quali è onere dell’Ufficio indicare elementi gravi, precisi e concordanti a sostegno della fondatezza del proprio assunto. Ebbene, nel caso di specie, l’Ufficio si è limitato ad indicare una presunzione semplice derivante dal fatto che R.V. è amministratore della società, ma nulla ha provato circa la concreta correlazione esistente tra le movimentazioni bancarie dei conti personali e la gestione societaria, per esempio, più in particolare, dimostrando che un prelevamento effettuato dal socio dal proprio conto bancario fosse correlato ad un costo dell’impresa, ovvero che un versamento effettuato dal socio fosse correlabile a ricavi occulti della società.
L’appello proposto deve essere pertanto respinto nel merito, mentre le spese di giudizio si compensano tra le parti, per quanto avanti precisato sul punto.
P.Q.M.
Rigetta l’appello dell’Ufficio. Compensa le spese.
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