Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sez. 19 sentenza n. 1514 depositata il 8 marzo 2018
SPESE DI CONSULENZA – ABNORMI RISPETTO A RICAVI SOCIETARI – ESTRANEITA’ ALL’OGGETTO SOCIALE E AD ATTIVITA’ IMPRENDITORIALE – CONTRATTI NON REGISTRATI – LEGITTIMITA’ DEL RECUPERO A TASSAZIONE DEL FISCO
FATTO
A seguito dell’invito dell’Agenzia delle Entrate di Frosinone a produrre documentazione contabile ed extracontabile relativa all’anno di imposta 2009, la società M. srl in epigrafe, esercente attività di locazione di beni propri, produceva documentazione parziale e non consegnava bilancio di verifica con piano dei conti e tutti i relativi mastrini, conto di mastro cassa e banca, elenco clienti e fornitori, dettaglio delle rimanenze; dai riscontri emergeva anche che la società aveva omesso, per l’anno in Accertamento, la Dichiarazione Irap, nonché la comunicazione dei dati IVA. Emergevano altresì violazioni sostanziali ai fini delle imposte dirette ed IVA, in particolare, costi indebitamente dedotti, ex art. 109 del Tuir, pari ad €. 2.744,28, oltre iva, costi indebitamente dedotti relativi ad automezzi strumentali a utilizzo non esclusivo, pari ad €. 1.339,92; costi indebitamente dedotti, ex art. 109 del Tuir, pari ad €. 4.166,67 oltre iva, relativi alla fattura n. 26 emessa dalla società “A.A.” in data 5/6/09 ed infine costi indebitamente dedotti, pari ad €. 32.750,00 oltre iva, relativi a fatture ricevute per prestazioni di servizi di consulenza e assistenza tecnica, svolti dalla società R. s.r.l. Pertanto, in data 22/10/14, l’Ufficio emetteva l’Accertamento in epigrafe recuperando a tassazione costi illegittimamente dedotti pari ad €. 41.000,00 ed Iva indetraibile pari ad €. 7.883,54.
Avverso l’atto, in data 24/12/14 proponeva ricorso la società lamentando l’infondatezza dei recuperi e delle riprese a tassazione operati dall’Ufficio e dando altresì conto di aver presentato copiosa documentazione a sostegno delle proprie ragioni. Concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato.
L’ufficio contestava le avverse deduzioni e difendeva la correttezza del proprio operato.
Con memorie di replica la parte contestava le avverse difese.
La C.T.P. adita, tra l’altro, nel presupposto di non poter tenere conto della copiosa documentazione prodotta, giusta mancata esibizione in risposta agli inviti dell’Ufficio, ex art. 32, co. 3 del Dpr 600/73, rigettava il ricorso, osservando come fosse stato disatteso l’onere probatorio sull’inerenza dei costi.
Avverso la sentenza propone appello la parte contribuente lamentandone l’ingiustezza e chiedendone la riforma, in specie contestando le cause di inutilizzabilità previste dall’art. 32 Dpr 600/73, posto che le stesse non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio, in sede contenziosa, la documentazione, dichiarando, come nel caso di specie, di non aver potuto adempiere alle richieste per causa a lui non imputabile, posto che il Commercialista non aveva inteso riconsegnare la documentazione a tempo debito. Ripropone, nel merito, i motivi di doglianza espressi in prime cure e conclude per l’accoglimento del proposto appello.
Con proprie controdeduzioni l’Ufficio preliminarmente fa presente che pochi giorni dopo la sottoscrizione dell’atto di appello, la società si cancellava dal Registro Imprese per fusione ed incorporazione nella società R. s.r.l. e sul punto, pertanto, osserva che non vi è stata una riassunzione da parte della nuova società, rispetto a quella che aveva proposto l’appello.
Nel merito insiste sulla correttezza dell’impugnata sentenza, immune dalle lamentate censure e chiede il rigetto del proposto appello.
Durante la discussione pubblica, la parte ribadisce tutte le motivazioni di difesa addotte in primo grado, in specie quelle relative alle difficoltà di reperimento della documentazione; precisa tuttavia che, comunque, è stato prodotto tutto. Insiste sulla deducibilità dei costi di cui alle fatture, in quanto costi sostenuti per consulenze relative agli impianti fotovoltaici e di energie alternative; precisa altresì che tali costi di consulenza sono stati supportati con idonea documentazione relativa ai pagamenti eseguiti, seppure in contanti, ma comunque sotto il tetto ammissibile, inoltre sulle fatture risultano indicati i pagamenti. Richiama, a sostegno della fondatezza di quanto asserito sulla deducibilità dei costi, l’Ordinanza 22879 22/9/17, già citata nelle Memorie aggiunte.
L’Ufficio ribadisce di aver evidenziato l’intervenuta incorporazione, posto che non vi è stata una riassunzione da parte della nuova società, rispetto a quella che aveva proposto l’appello. Nel merito ribadisce che la documentazione prodotta dalla società non è utile ai fini dell’art. 32, come evidenziato dai primi giudici, posto che la giustificazione, secondo cui i documenti sarebbero stati persi, risulta smentita dalla dichiarazione del commercialista nella quale si afferma l’avvenuta riconsegna della documentazione stessa. Inoltre, a fronte di un utile pari a circa €. 300,00, i costi sono stati pari ad €. 45.000,00. Osserva ancora che, al di là di come la parte assuma di aver prodotto i documenti, la stessa tuttavia non ha dimostrato adeguatamente se i costi abbattuti fossero stati, in effetti, sostenuti e fossero inerenti.
La parte, sulla pregiudiziale mossa dall’Ufficio, contesta l’inammissibilità dell’appello per mancata riassunzione, in applicazione dell’art. 2504-bis c.c.
DIRITTO
La Commissione, preso atto di quanto dedotto e prodotto, nella premessa che l’atto di appello è stato ritualmente proposto ex art. 2504-bis c.c., ritiene tuttavia infondata e non meritevole di accoglimento, la censura mossa dalla parte appellante avverso l’impugnata sentenza.
Osserva infatti, in primo luogo, che del tutto correttamente i primi giudici hanno ritenuto di non poter tenere conto della copiosa documentazione prodotta in giudizio, ex art. 32, co. 3 del Dpr 600/73, posto che la stessa non era stata esibita in risposta agli inviti dell’Ufficio e ciò anche in considerazione del fatto che non era stata addotta alcuna valida prova, circa l’impedimento ad ottenere tale documentazione da parte del commercialista, a tacere che lo stesso commercialista, affermava, per contro, l’avvenuta riconsegna della documentazione stessa.
Ciò posto, si osserva altresì che a tutto voler concedere, la parte contribuente che ne era onerata, avrebbe dovuto produrre ben altra documentazione rispetto a quella prodotta, considerata la natura dei recuperi a tassazione, fondata sulla indeducibilità dei costi e sulla indetraibilità dell’iva; infatti,
– con riguardo alle spese relative alle prestazioni alberghiere e di ristorazione, la documentazione prodotta (fatture di spesa intestate alla società) non è idonea, poiché dalla descrizione dei servizi offerti presso stabilimenti balneari, durante le giornate di sabato e domenica, non si trae l’inerenza del costo con l’attività di impresa, in violazione dell’art. 109 del Tuir.
– Con riguardo ai costi sostenuti per gli automezzi e di cui alle fatture prodotte, si osserva che la mancanza delle necessarie precise indicazioni nelle fatture medesime, conferma la legittimità dell’operato dell’Ufficio circa il recupero a tassazione di tali costi.
– Anche in ordine al recupero dei costi di cui alla fattura n. 26, emessa dalla società A.A. in data 5/6/09, si ritiene, come già osservato in prime cure, che l’operato dell’Ufficio sia stato corretto, poiché la parte non ha esibito i giustificativi della fattura stessa e non ha fornito la prova degli avvenuti pagamenti, con ciò violando l’art. 109 del Tuir che invece contempla descrizioni specifiche delle prestazioni fatturate e requisiti essenziali di certezza e determinabilità della spesa sostenuta.
– Infine, si ritiene del tutto fondato e corretto il recupero a tassazione del costo per servizi di consulenza svolti dalla società R. s.r.l. Si osserva infatti a questo riguardo, in primo luogo, come tali costi, pari ad €. 45.622,00, siano abnormi rispetto ai ricavi complessivi della società, pari ad €. 67.286,00 e che gli stessi, uniti agli altri oneri, determinano, per l’anno in accertamento, un risibile utile di €. 388,00; posta questa premessa, si osserva, concordando con quanto già osservato in prime cure, come la parte non abbia neppure fornito una plausibile giustificazione di logica commerciale per il sostenimento di tali rilevanti spese, peraltro asseritamente sostenute per consulenze in materia di attività del tutto esulanti dall’oggetto sociale e dall’attività imprenditoriale svolta, a tacere poi che le relative fatture contenevano descrizioni generiche e che i costi si fondavano su tre contratti non registrati ed anch’essi ugualmente generici; inoltre, la società non aveva offerto alcuna prova a dimostrazione di un incremento del proprio volume d’affari, connesso a tali prestazioni di consulenza, neppure per gli anni successivi. Né invero, può ritenersi documentazione probatoria idonea, quella extracontabile che la parte ripropone in allegato all’atto di appello, poiché non è tale da sanare la genericità dei documenti di spesa e, comunque, a dimostrare l’inerenza del costo e la coerenza con l’attività di impresa.
L’appello deve pertanto essere respinto e le spese di giudizio che si liquidano in complessivi €. 2.500,00, seguono la soccombenza. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 120/16 e ai sensi dell’art. 1, comma 17, della L. 228/12 che ha modificato l’art. 13, del Dpr n. 115/02, introducendo il comma 1-quater, sussistono i requisiti per il raddoppio del contributo unificato tributario.
P.Q.M.
Rigetta l’appello del contribuente che condanna al pagamento di €. 2.500,00 per spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del Cut.
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