Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, sezione n. 19, sentenza n. 5332 depositata il 23 dicembre 2019
La presenza di un testimonial presso gli studi televisivi, per il tempo strettamente necessario allo svolgimento dell’attività collaborativa concordata con la società presso cui offre le proprie prestazioni televisive, non dimostra che lo stesso abbia base fissa in Italia, per cui trova applicazione la ritenuta dell’8% in base al disposto dell’art. 14 della Convenzione Italia – Regno Unito.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Considerato che:
la Commissione Tributaria Provinciale di Milano, con Sentenza n. 1763/23/17, depositata in data 01/03/2017, ha accolto parzialmente il ricorso presentato dalla ., con socio unico (in seguito società per brevità) avverso l’avviso d’accertamento n.XXXXX, che è stata rimossa dal parser emesso dalla AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE REGIONALE DELLA LOMBARDIA – UFFICIO GRANDI CONTRIBUENTI ai fini dell’I.R.PE.F., con aggravio di sanzioni, interessi ed accessori, anno d’imposta 2010.
La società ha contestato l’atto impositivo con cui l’Agenzia ha recuperato a tassazione ritenute a titolo impositivo nella misura pari al 30% sui compensi corrisposti all’ex calciatore XXXXXX- residente nel Regno Unito, per prestazioni televisive, effettuate, quale opinionista commentatore, nello Stato italiano, in studi televisivi della società, rispetto alla misura dell’8%, con riferimento al disposto ex art. 14 della Convenzione Italia – Regno Unito, ritenute riferibili a prestazioni di testimoniai, per sfruttamento dell’immagine del medesimo ex calciatore volto a finalità promozionali – pubblicitarie. Ancora, la società ha eccepito a) preliminarmente la nullità dell’avviso d’accertamento per violazione dei disposti ex art. 42, d.P.R. 600/1973, ex art. 21, septies, legge 241/1990 ed ex art. 5, comma 2, legge 212/2000, in assenza di prove, da cui risultasse la sottoscrizione di soggetto validamente delegato; b) l’illegittimità dell’avviso d’accertamento parziale per violazione del disposto ex art. 41bis,d.P.R.600/1973;c) la violazione della normativa/principio del contraddittorio preventivo, per carenza di preventiva contestazione delle violazioni riscontrate in esito ispettivo. violazione e falsa applicazione dell’art. 25, comma 2, d.P.R. 600/1973, in combinato disposto con l’art. 14, comma l, della Convenzione Italia – Regno Unito, stante l’assenza di un obbligo di effettuazione di ritenute fiscali, per assenza assoluta di base fissa nello Stato da parte dell’ex calciatore, nonchè l’irrogazione delle sanzioni.
La Commissione adita, disattese le eccezioni, in diritto, della ricorrente, ha accolto parzialmente il resto, disponendo l’applicazione delle sanzioni in misura di cui alla più favorevole formulazione dell’art.2, d.lgs. 471/1997, come introdotta dall’art.15, d.lgs 158/2015, con compensazione delle spese processuali.
La società, rappresentata e difessa dall’Avv. Prof. XXXXX, ha presentato atto d’appello e, successivamente rappresentata e difesa dagli avvocati XXXXX e XXXXX in sostituzione dei precedenti difensori, ha presentato memoria illustrativa, con nota spese, cui nulla oppone fondatamente l’Agenzia controdeducente;
La Commissione, tenuto conto di quanto esposto e motivato, in diritto e nel merito, in narrativa, nonchè della normativa ivi evidenziata, cui fa espresso e specifico riferimento ai fini del decidere nella presente sede d’appello, osserva che l’accertamento parziale, ex art. 41 bis, d.P.R. 600/1973 risulta legittimo e rispondente al disposto ex art. l, comma 17, legge 220/2010. Ancora, l’atto impositivo in oggetto non rientra tra quelli per i quali è obbligatorio il contraddittorio endoprocedimentale, che, per altro, è avvenuto sostanzialmente con l’invio di un questionario con richieste precise da parte dell’Ente impositore.
Nel merito, con riferimento all’omessa effettuazione delle ritenute, in violazione del disposto ex art.25, comma 2, d.P.R. 600/1973, la società sostiene l’assenza di una base fissa dell’ex calciatore nello Stato italiano, in opposizione alla tesi dell’Agenzia, secondo cui i compensi di lavoro autonomo, percepiti dal signor-per prestazioni artistico/professionali rese nello Stato stesso, devono essere assoggettati a ritenuta impositiva nella misura pari al 30%.
Per contro le tesi dell’Agenzia sono infondate ed illegittime, in riferimento al preciso disposto ex art.14 della Convenzione Italia- Regno Unito, considerando che la presenza del signor- presso gli studi della società -, è limitata nel tempo strettamente necessario allo svolgimento dell’attività collaborativa concordata con la società medesima, presso cui lo stesso non ha una base fissa, nè si avvale della struttura della società, di un ufficio, di personale, di linee telefoniche dedicate o d’altro, stante la mera presenza in date concordate tra le due parti. Inoltre sussiste una clausola di esclusiva, stabilita nel contratto di collaborazione, in base alla quale il signore può ricevere clienti, nè rilasciare interviste ad altri operatori televisivi, per cui non sussiste alcuna autonomia nello svolgimento dell’attività presso la società. Quanto testè esposto dimostra palesemente la carenza di una base fissa, presso la società, nello Stato Italiano.
Ciò premesso e considerato, le tesi del contribuente vanno pienamente accolte;
- le spese processuali sono poste a carico dell’Agenzia soccombente
- ogni altra deduzione trova assorbenza nella parte motiva esposta;
In riforma della Sentenza impugnata, l’avviso d’accertamento, emesso dall’Agenzia delle Entrate, va totalmente annullato; le spese processuali, liquidate in Euro 19.296,86 (diciannovemiladuecentonovantasei /86), sono poste a carico dell’Agenzia delle Entrate soccombente.
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