CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 marzo 2018, n. 4971
Tributi – ICI – Variazione catastale con procedura DOCFA – Determinazione nuova rendita – Applicazione alle annualità precedenti la notifica, ma successive alla variazione – Legittimità
Fatto
Par. 1. Il comune di Ischia notificava alla società la N. S.a.s di M. F. & C., in persona del legale rappresentante, avviso di accertamento per maggiore Ici relativamente agli anni 2003 e 2004.
La contribuente impugnava i predetti avvisi in quanto privi di motivazione in ordine alle maggiori somme dovute e di riferimenti ad atti dai quali inferire i presupposti di fatto e di diritto che avevano determinato una maggiore imposta.
Deduceva di aver presentato procedura DOCFA in data 1.07.2003 per una diversa distribuzione degli spazi interni conseguenti ad una ristrutturazione e che l’Agenzia del Territorio in data 11.06.2004 modificava la rendita, senza provvedere alla relativa notifica al contribuente. Eccepiva la prescrizione del diritto al pagamento per il decorso del termine previsto per l’emissione dell’avviso di accertamento.
La CTP di Napoli accoglieva il ricorso della società.
Il Comune di Ischia e l’Agenzia del Territorio interponevano gravame avverso la prima sentenza, sostenendo che la notifica non era stata possibile per la trasformazione della società “La N.”; l’ente comunale sosteneva la sufficiente motivazione degli avvisi di accertamento, contenenti l’indicazione dei dati catastali.
La CTR della Campania accoglieva il ricorso sostenendo la non necessità della previa notifica della modifica della rendita catastale.
Avverso la sentenza n. 60/32/12 depositata il 10.02.2012, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Gli enti resistevano con i rispettivi controricorsi.
Diritto
Par. 2. Con il primo motivo di ricorso, si denuncia omessa, insufficiente e contradditoria motivazione in ordine al fatto controverso decisivo per il giudizio, error in procedendo ex artt. 360 n. 4 e 5 c.p.c.; violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia- ultrapetizione ed extrapetizione – nullità della sentenza e del procedimento, censurando la sentenza dei giudici di appello per aver
ritenuto la legittimità degli avvisi di accertamento, nonostante l’omessa notifica della rendita catastale rettificata dall’ufficio e per aver esaminato la correttezza del procedimento di stima diretta adoperato dall’Ufficio, nonostante l’omessa proposizione della relativa domanda.
La contraddittoria motivazione circa il fatto controverso riguarda, ad avviso del ricorrente, la circostanza che i giudici di appello abbiano valutato circostanze non oggetto di domanda e non inferibili dalla prodotta documentazione (la procedura di individuazione della rendita) e abbiano ritenuto che rendita applicata dall’ufficio fosse corrispondente a quella proposta con Docfa dal contribuente, con la conseguenza dell’irrilevanza della notifica della rendita rettificata dal Comune di Ischia.
Ciò non di meno, il ricorrente, pur eccependo il vizio di extrapetizione della motivazione nella parte in cui ha esaminato la correttezza della rettifica della rendita, sostiene che l’accertamento dell’ufficio fondato sull’eventuale raffronto con unità abitative similari doveva essere “motivato” e portato a sua conoscenza ( attraverso le operazioni di notifica), al fine di consentirgli l’esercizio del diritto di difesa e l’impugnazione del provvedimento di rettifica.
Par..3 Con il secondo motivo, genericamente formulato, denuncia violazione di legge dell’art. 74 dello statuto del Contribuente, omessa motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 e violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., asserendo che la tutela del diritto di difesa del contribuente esigeva la notifica della rendita catastale, alla stregua del D.M. 1994/701 e della Circolare dell’Agenzia n. 7 del 2005.
In particolare, deduce la società “La Ninfea s.a.s di M. F. & C” che l’avviso del comune non conteneva l’avvertimento della possibilità di impugnare la rettifica dell’Agenzia entro 60 giorni dalla notifica.
In via preliminare deve essere scrutinata l’eccezione sollevata dall’Agenzia delle entrate in merito alla inammissibilità del primo motivo di ricorso in cui risultano illegittimamente uniti sia il vizio di nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 n. 4 c.p.c. che il vizio di motivazione ex art. 360 n. 5.
Par..4 In materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. 9100/2015).
Nella specie, risulta che la violazione del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. è stata dedotta con riferimento all’omessa (o contraddittoria) motivazione circa un punto decisivo per il giudizio (rendita rettificata e non corrispondente a quella indicata nella procedura Docfa); mentre la violazione di legge ex art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. è stata prospettata con riferimento ad un vizio di extrapetizione.
Nell’illustrazione del motivo, sono stati indicate le questioni che i giudici di appello hanno esaminato, in contrasto con le norme citate, secondo la tesi della ricorrente.
Par.. 5 II primo motivo relativo alla violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c., da scrutinarsi unitamente a parte del secondo motivo, in quanto intimamente connessi, è fondato, atteso che effettivamente risulta con chiarezza anche dalle difese dei controinteressati e dal ricorso originario del contribuente che l’Ufficio aveva rettificato le rendite indicate nella procedura Docfa.
Tuttavia, detto errore non elide la correttezza della decisione.
La sufficienza motivazionale deve essere intesa come necessità di concreta e completa esposizione della ratio decidendi, sicché ogni vizio che inficia il ragionamento giustificativo, sia per incompletezza dei dati che per difetto di rigore logico, si traduce in una motivazione non idonea a fornire adeguata giustificazione della decisione (cfr. Cass. 2007/15489; Cass. 2007/2272).
Par..6 Sennonché, nella più recente giurisprudenza di questa Corte prevale l’affermazione per cui la mancanza di motivazione o la contraddittoria motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. Ili, secondo comma, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo, quale la motivazione omessa o contraddittoria, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto della domanda perché erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (così, S.U. 2017/2731; Cass. 2017/276; Cass. n. 28663/13; 8622/12; Cass. n. 23989/14).
Di qui la possibilità di correggere la motivazione della sentenza impugnata, ove lacunosa, nei termini che seguono.
La giurisprudenza di legittimità ha statuito (con riguardo a diversa fattispecie ma con enunciazioni di principi applicabili anche al caso di specie) che “In tema d’ICI, l’art. 74 della I. n. 342 del 2000, nel disporre che gli atti attributivi o modificativi della rendita sono efficaci a partire dalla loro notifica da parte dell’Agenzia del territorio, si interpreta nel senso che dalla notifica decorre il termine per l’impugnazione, ma ciò non esclude affatto l’utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, a fini impositivi anche per annualità d’imposta “sospese”, ovverosia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso, stante la natura dichiarativa e non costitutiva dell’atto attributivo della rendita” (Cass. 2017 n. 14402; Cass. 2016 n. 18056; 2016 n. 12330; Cass. 2012 n. 12753; Sez. U, Sentenza n. 3160/11;; Cass.23600/11).
Par.. 7 La notificazione della rendita attribuita, in definitiva, costituisce il presupposto (oltre che per l’impugnazione da parte del contribuente) per l’utilizzo della stessa da parte dell’amministrazione comunale che agisca per il pagamento dell’Ici; e ciò con riguardo anche alle annualità pregresse (ed a maggior ragione per quella ancora in corso al momento della notificazione) in ordine alle quali la posizione Ici non risulti essere stata definita proprio in attesa dell’attribuzione della rendita notificata: “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini del computo della base imponibile, il provvedimento di modifica della rendita catastale, emesso dopo il primo gennaio 2000 a seguito della denuncia di variazione dell’immobile presentata dal contribuente, è utilizzabile, a norma dell’art. 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342, anche con riferimento ai periodi di imposta anteriori a quello in cui ha avuto luogo la notificazione del provvedimento, purché successivi alla denuncia di variazione. Stabilendo, infatti, con il citato art. 74, che dal primo gennaio 2000 gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, il legislatore non ha voluto restringere il potere di accertamento tributario al periodo successivo alla notificazione del classamento, ma piuttosto segnare il momento a partire dal quale l’amministrazione comunale può richiedere l’applicazione della nuova rendita ed il contribuente può tutelare le sue ragioni contro di essa, non potendosi confondere l’efficacia della modifica della rendita catastale – coincidente con la notificazione dell’atto – con la sua applicabilità, che va riferita invece all’epoca della variazione materiale che ha portato alla modifica” (Cass. 13443/12; così Cass. 20775/05).
In continuità con tale orientamento, si è specificato che da detta interpretazione consegue che “la determinazione della base imponibile, tanto per i fabbricati non iscritti in catasto, quanto per quelli in relazione ai quali siano intervenute variazioni permanenti, va sempre effettuata, anche per le annualità pregresse, in base alla rendita catastale, a prescindere dall’epoca di notificazione o di definitiva attribuzione” , e ciò in quanto gli atti attributivi della rendita sono privi di forza costitutiva, ma hanno funzione meramente accertativa della concreta situazione catastale dell’immobile (cfr. 12029 del 25 maggio 2009; n. 16031/2009; Cass. n. 4335 del 2015 Cass. ord. n. 14773 del 2011; Cass. n. 23600 del 2011; 12753 del 2014; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 23600 del 11/11/2011; Cass. S.U. n. 3160/2011; Cass. n. 18056/2016; n. 12320/2016; n. 12753/2014; n. 9203/2007; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18056 del 14/09/2016; Cass. n. 14402 del 2017).
Par..8 Tornando alla vicenda in esame, dalla pronuncia oggetto di ricorso per cassazione risulta evidente che il contribuente non ha provveduto ad impugnare la nuova rendita catastale attribuita dall’Agenzia del Territorio, dolendosi il predetto dell’omessa notifica della rendita al solo fine di ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso dall’amministrazione comunale; con la conseguenza che l’attribuzione della rendita catastale è divenuta definitiva. La disciplina prevista dall’art. 74, comma 3, della legge 21 novembre 2000, n. 342, in particolare, dispone che la notifica dell’atto impositivo ai fini ICI vale anche come atto di notificazione della rendita attribuita, comportando l’obbligo di impugnazione autonoma dell’atto modificativo della rendita catastale nei 60 giorni dalla data della notifica, stante l’autonomia tra i giudizi di impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita catastale e dell’atto impositivo emanato dall’ente locale (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25550 del 2014; Cass. 2010, n. 10571 e Cass. 2007, n. 9203).
Ne deriva la regola generale, in tema di Ici, ricavabile dal d.lgs 1997/504 art. 5 comma 2 secondo la quale le risultanze catastali divenute definitive per mancata impugnazione hanno efficacia a decorrere dall’anno di imposta successivo a quello nel corso del quale sono state annotate negli atti catastali.
Detto principio patisce eccezione per la sola ipotesi in cui le variazioni costituiscano correzioni di errori materiali di fatto (come tali riconosciuti dalla stessa Amministrazione) incorsi nel classamento che sostituiscono; ovvero conseguano a modificazioni della consistenza o della destinazione dell’immobile denunciate dallo stesso contribuente, dovendo allora esse trovare applicazione dalla data della denuncia, in quanto il fatto che la situazione materiale denunciata risalga a data anteriore non ne giustifica un’applicazione retroattiva rispetto alla comunicazione effettuata all’Amministrazione; ciò in quanto il riesame delle caratteristiche dell’immobile da parte del medesimo ufficio comporta, previa correzione degli errori materiali, l’attribuzione di una diversa rendita con decorrenza dall’originario classamento rivelatosi erroneo o illegittimo (Cass.n. 21310 del 2010; Cass. n. 13018/2012; Cass. 3168 del 2015 Cass. n. 11844 del 2017; Cass. n. 27024 del 2017).
Par..9 Nel caso in esame, il ricorrente ha dedotto, per la prima volta, nel ricorso per cassazione che la DOCFA era stata proposta solo per una diversa distribuzione interna dei locali (ultima pagina del ricorso), circostanza questa che non risulta allegata nel ricorso originario del contribuente né emerge dalla pronuncia impugnata.
Sennonché, nel caso in cui una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, indicando altresì in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, così da permettere alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.
Indicazione che risulta del tutta omessa nel caso concreto.
Nel contenzioso tributario, del resto, le mere difese deducibili per la prima volta anche in sede di giudizio di cassazione sono solo quelle che – è non questo il caso – non siano tali da alterare completamente il tema di decisione ( Cass. 2012/4938; Cass. 2014/15330).
Dette considerazioni conducono, dunque, all’inammissibilità della nuova deduzione difensiva della ricorrente relativa alla causa dell’iniziativa secondo procedura DOCFA.
Ne consegue che la rettifica della rendita catastale decorre, secondo le disposizioni legislative citate e i principi giurisprudenziali affermati, dalla data della denuncia (Docfa) comunicata all’Agenzia il primo luglio 2003.
Par..9 Quanto al vizio di extrapetizione lamentato secondo il paradigma dell’art. 360 n. 4 c.p.c, con la seconda parte del primo motivo, anch’esso appare fondato, in quanto effettivamente sia dalla sentenza impugnata che dalle difese del ricorrente non risulta che l’atto di rettifica della rendita sia stato impugnato con l’avviso di accertamento emesso dall’amministrazione comunale né che alcuna domanda sia stata formulata con riguardo alla procedura adottata per la stima degli immobili.
Tuttavia, la questione risulta priva di rilevanza, essendo l’atto di rettifica divenuto definitivo per omessa impugnazione.
Par..10 Infine, con il secondo motivo, genericamente formulato, il contribuente lamenta che l’avviso di accertamento non conteneva l’avviso al contribuente del diritto di impugnare la rettifica dell’Agenzia entro 60 giorni dalla notifica.
Anche in questo caso, il ricorrente ha proposto la suddetta questione solo in sede di legittimità, con la conseguente sua inammissibilità (Cass. 2012/4938; Cass. 2014/15330).
Il ricorso va dunque respinto.
Alla soccombenza segue la condanna del ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso;
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite del giudizio di legittimità che liquida in favore del Comune di Ischia in euro 3.500,00 per compensi, oltre rimborso forfettario, iva e epa come per legge; in favore dell’Agenzia in euro 3.500,00;
– Si dà atto dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis del cit. art. 13.
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