CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 agosto 2017, n. 19957
Tributi – Accertamento – “Spalmatura” dei maggiori ricavi accertati – Irregolarità contabili – Operatività delle presunzioni legali
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di Cavaliere Italo (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia Sezione staccata di Foggia n. 229/25/2016, depositata in data 29/01/2016, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di avvisi di accertamento emessi, a carico del contribuente esercente l’attività di trattoria, per maggiori IRPEF, IRAP ed IVA, dovute in relazione agli anni d’imposta 2007, 2008 e 2009, a seguito di verifica fiscale iniziata “in data 23/04/2010” e della contestazione di maggiori rimanenze contabili, rispetto a quelle constatate, con presunzione di cessione, ai sensi degli artt. 1 e 4 DPR 441/1997, e di conseguenti ricavi non dichiarati, imputate, prò quota, per ciascuno degli anni anteriori 2007, 2008 e 2009, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva solo parzialmente accolto il ricorso del contribuente. In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame del contribuente, annullando integramente gli avvisi di accertamento, hanno sostenuto che era illegittimo il metodo utilizzato dall’Ufficio, di “spalmatura” dei maggiori ricavi accertati, per effetto della presunzione legale di cessione, prevista dagli artt. 1 e 4 DPR 441/1997, nel triennio anteriore al 2010, nel quale era avvenuto l’accesso, in violazione del chiaro disposto dell’art.4 citato, la cui ratio consiste nella necessità di “ancorare gli effetti della presunzione ad un preciso momento”, così da evitare “di essere alla mercé delle parti, che, a loro piacimento, potrebbero imputare la presunzione ad un periodo d’imposta e/o a più periodo di imposta”.
A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
Ragioni della decisione
1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art.39 DPR 600/1973 e dell’art. 2697 c.c., non avendo la C.T.R. tenuto conto del fatto che l’Ufficio era legittimato a procedere, a fronte delle constatate irregolarità contabili, alla ricostruzione induttiva del reddito del contribuente, sulla base delle presunzioni di cessioni delle merci, in correlazione all’ammontare delle differenze inventariali, ripartendo i maggiori ricavi nella misura del 30% per ciascuno dei tre anni anteriori e nella misura del 10% per l’anno 2010.
2. La censura è, in parte, inammissibile, laddove, nella rubrica e nel corpo del motivo, fa riferimento all’operatività delle presunzioni legali in caso di accertamento con metodo induttivo, a fronte di irregolarità contabili, ai sensi dell’art.39 DPR 600/1973, non cogliendo la ratio della decisione impugnata, incentrata sulla illegittimità dell’operato dell’Ufficio, in quanto, ad avviso della C.T.R., la presunzione di cessione, di cui agli artt. 1 e 4 DPR 441/1997, non poteva operare anche per esercizi diversi, precedenti, a quello della verifica nel quale la differenza inventariale era stata riscontrata.
Tuttavia, la censura, con riguardo alla seconda parte (pag. 11) di articolazione del motivo, laddove si sostiene che le differenze quantitative derivanti dal raffronto tra le risultanze delle scritture obbligatorie di magazzino e le consistenze delle rimanenze registrate possono rilevare anche per i periodi precedenti di imposta, se le differenze permangono anche in tali annualità, è fondata.
Questa Corte (Cass. 3949/2002) ha già chiarito che “in tema di IVA, gli effetti della presunzione di cessione dei beni acquistati, importati o prodotti, prevista dall’art. 53 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, operano – come successivamente chiarito anche dall’art. 4 del d.P.R. 10 novembre 1997, n. 441 – con riferimento al momento di inizio delle operazioni di verifica ed al periodo d’imposta oggetto di controllo”. Ne deriva che non è consentito “al contribuente”, al fine di superare la presunzione, alterare il presupposto della norma mediante una “spalmatura” delle riconosciute cessioni in frode all’imposta, sugli anni anteriori a quello dell’accertamento, e che si rendono irrilevanti le vicende tributarie relative a quegli anni”.
Questa Corte (Cass. 13120/2012) ha poi precisato che, in tema di accertamento dell’IVA e delle imposte sui redditi, in base all’art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 441 del 1997, “le eventuali differenze quantitative derivanti dal raffronto tra ¡e risultanze delle scritture ausiliarie di magazzino di cui all’art. 14, comma 1, lett. d) d.P.R. n. 600 del 1973 o della documentazione obbligatoria emessa e ricevuta, e le consistenze delle rimanenze registrate costituiscono presunzione di cessione o di acquisto per il periodo d’imposta oggetto del controllo, presunzione che è relativa e superabile non con qualunque mezzo di prova, ma solamente con le prove tassativamente indicate dagli articoli 1 e 2 del citato D.P.R.”.
Al comma 1, del citato articolo 4 viene precisato che gli effetti delle presunzioni di cessione e di acquisto, conseguenti alla rilevazione fisica dei beni, operano esclusivamente al momento dell’inizio degli accessi, controlli e verifiche (“1. Gli effetti delle presunzioni di cessione e di acquisto, conseguenti alla rilevazione fisica dei beni, operano ai momento dell’inizio degli accessi, ispezioni e verifiche”). La norma, quindi, presuppone implicitamente una verifica fiscale da parte degli organi accertatori e stabilisce che le presunzioni in oggetto operano limitatamente al periodo d’imposta coincidente con l’anno solare nel corso del quale è effettuata la verifica.
Tuttavia, al comma 2 del medesimo articolo 4, viene previsto che le “eventuali differenze quantitative derivanti dal raffronto tra le risultanze delle scritture di magazzino di cui al D.P.R. n. 600 del 1973 o della documentazione obbligatoria emessa e ricevuta e le consistenze delle rimanenze finali registrate dallo stesso contribuente”, costituiscono “presunzioni di cessione o di acquisto per il periodo d’imposta oggetto del controllo”. In tal caso, quindi, le presunzioni di cessioni e di acquisto operano anche per i periodi d’imposta precedenti all’anno in corso, ma comunque oggetto del controllo, qualora emergano in relazione a tali annualità le differenze quantitative di cui sopra.
Ne deriva, nella specie, che la presunzione di oggetto, a fronte delle riscontrate differenze inventariali, operava, secondo il dettato letterale normativo, per tutto il periodo d’imposta accertato (dal 2008 al 2010) e, quindi, per tutti gli anni d’imposta oggetto di controllo, in quanto il “periodo d’imposta accertato”, nel quale permanevano, secondo l’Ufficio, le differenze quantitative inventariali riscontrate, non coincideva con l’anno (2010) in cui era avvenuto l’accesso da parte dei verificatori.
3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Puglia in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Puglia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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