CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 settembre 2017, n. 21265
Consorzio di bonifica – Contratto di lavoro subordinato a termine – Conversione a tempo indeterminato – Divieto di nuove assunzioni – Normativa regionale – Nullità
Rilevato
che con sentenza deposita il 27 giugno 2011 la Corte di appello di Palermo, in riforma della pronuncia del Tribunale di Trapani, ha respinto la domanda presentata da A.P. nei confronti del Consorzio di bonifica di Trapani per la conversione del contratto di lavoro a tempo determinato stipulato il 4.12.2000 in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, dovendosi escludere – anche alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità nonché della pronuncia n. 347 del 1999 del giudice delle leggi – la possibilità di conversione del contratto a termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato in considerazione del divieto di nuove assunzioni previsto dalle leggi regionali (artt. 6 e 7 della legge n. 4 del 1958 e, da ultimo, la legge n. 45 del 1995) e della conseguente nullità dei contratti conclusi;
che avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il P. prospettando un motivo di ricorso e sollevando questione di legittimità costituzionale delle leggi Regione Sicilia, artt. 32 della legge n. 45 del 1995 e della legge n. 76 del 1995 e dell’intera legge n. 14 del 1958.
che il consorzio è rimasto intimato;
Considerato
che con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 32 della legge Regione Sicilia n. 45 del 1995, 3 della legge Regione Sicilia n. 76 del 1995, 1 e 3 della legge n. 230 del 1962, 1, 4 e 5 della legge n. 368 del 2001 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, trascurato di valorizzare l’art. 3 della legge regionale n. 76 del 1995 che ha autorizzato i consorzi, in presenza di “comprovate esigenze funzionali” a stipulare contratti a tempo determinato. I contratti stipulati non possono, pertanto, ritenersi nulli e, a fronte della mancanza di una delle ipotesi previste dalla legge n. 230 del 1962 deve conseguire la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, posto che una interpretazione diversa – che non prevedesse tutela avverso il ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato – sarebbe contraria sia alla normativa comunitaria (direttiva 99/70/CEE) sia ai principi costituzionali (artt. 3, 24, 111, 117), posto che la legge regionale non prevede alcuna sanzione né può applicarsi l’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 (trattandosi di ente pubblico economico).
che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso perché la sentenza impugnata è conforme ai principi di diritto affermati da questa Corte secondo cui il divieto di nuove assunzioni, fuori organico e a tempo indeterminato, previsto dall’art. 32 della L.R. n. 45 del 1995 implica che i rapporti di lavoro instaurati in violazione del detto divieto sono affetti da nullità e vanno pertanto considerati come rapporti di mero fatto, con le conseguenze previste dall’art. 2126 cod.civ. (cfr. Cass. n. 10376/2001 e ivi ulteriori rinvii), divieto di nuove assunzioni che cede esclusivamente di fronte al diritto di assunzione dei disabili in ragione dei limiti alla potestà legislativa regionale stabiliti dall’art. 17 dello Statuto della Regione (cfr. Cass. n. 4895/2012);
che la L.R. n. 76 del 1995 – che rinvia alla legge regionale n. 45 del 1995 con riguardo agli oneri finanziari da affrontare per la stipulazione di contratti a tempo determinato – prevede due specifiche ipotesi di assunzione a termine (in caso di “comprovate esigenze funzionali”, art. 3, comma 1, e ove “occorrente per l’esecuzione di lavori definiti e predeterminati aventi carattere stagionale od occasionale”, art. 4), da svolgersi ai sensi della legge n. 230 del 1962 e non si pone in contrasto con il divieto di assunzione a tempo indeterminato dettato dall’art. 31 della L.R. n. 45 del 1995, bensì in linea di continuità sistematica, in quanto la legge n. 45 del 1995, riducendo drasticamente gli enti consortili, ha, da una parte, inteso regolarizzare (assumendo stabilmente) tutti coloro che hanno prestato attività lavorativa a tempo determinato nel precedente triennio e, dall’altra, ha – in maniera controbilanciata – posto un divieto di ulteriori nuove assunzioni a tempo indeterminato, cosicché la legge immediatamente successiva (n. 76) ha ritenuto di mantenere nel sistema circoscritte ipotesi di assunzione a tempo determinato, rinviando alla legge statale n. 230 del 1962;
che rispetto alle predette norme, che sono espressione della potestà legislativa della Regione, non può essere configurata – con riguardo a rapporti instaurati a termine fuori delle ipotesi previste dalla legge n. 230 del 1962 – una situazione di conflitto con la citata legge dello Stato, atteso che questa attribuisce solo efficacia a tempo indeterminato ai contratti di lavoro stipulati a termine fuori delle ipotesi espressamente e tassativamente consentite, senza però, alcuna possibilità di sanatoria, per tale via, di rapporti invalidi sin dall’origine;
che, inoltre, non possono rinvenirsi profili di violazione delle norme comunitarie, non contemplando, la direttiva del 70/1999/CE, alcuna ipotesi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato così lasciando agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia, potendo il legislatore di uno Stato membro sanzionare il ricorso abusivo al contratto a termine con altre misure diversamente dissuasive e parimenti efficaci ed essendo già stata positivamente vagliata (con riguardo allo speciale regime dell’art. 36, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001) la compatibilità comunitaria del divieto di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato in caso di violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori (cfr. ordinanza 12 dicembre 2013, Papalia, C-50/13, che richiama precedenti enunciati della stessa Corte);
che dal canto suo, il giudice delle leggi ha, da una parte, ritenuto incostituzionali disposizioni della legge della Regione Sicilia che consentivano immissioni di personale a tempo indeterminato senza l’espletamento di congrue procedure selettive (Corte Cost. n. 127/1996 con riguardo alla declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana il 16 maggio 1995) e, dall’altra, ha valorizzato la sussistenza dei divieti di assunzione a tempo indeterminato quale presidio a tutela di indiscriminate stabilizzazione di pregressi rapporti precari (Corte Costituzionale n. 347/1999);
che, pertanto, l’attività lavorativa prestata con inosservanza dei limiti stringenti posti dagli artt. 3 e 4 della L.R. n. 76 del 1995 per il ricorso al contratto a tempo determinato da parte dei consorzi di bonifica della Regione Sicilia – che sono enti pubblici economici regolamentati, finanziati, e vigilati dalla regione, come espressamente risulta dalla legge regionale siciliana n. 45 del 1995 e n. 76 del 1995 – produce per il lavoratore i diritti previsti dall’art. 2126 cod.civ. per le prestazioni di fatto (5617-00, 7745-91, S.U. 2991-86) nonché, in caso di abusivo ricorso a tale fattispecie contrattuale (che nel caso di specie non è stata prospettata), l’applicazione della regola generale della responsabilità contrattuale posta dagli artt. 1218 e ss. cod. civ., tenuto conto dei principi in materia di agevolazione della prova e di reiterazione nella stipulazione affermati, rispettivamente, da Cass. Sez. U. n. 5072/2016 e Cass. Sez. U. n. 11374/2016, con esclusione, peraltro, di un danno consistente nella perdita del posto di lavoro a tempo indeterminato perché una tale prospettiva non c’è mai stata, a fronte del divieto di assunzione a tempo indeterminato dettato dall’art. 32 L.R. n. 45 del 1995;
che, infine, il ricorso ai canoni generali di determinazione e liquidazione del risarcimento del danno (artt. 1218 e ss cod.civ.) e alle leggi dettate per i lavoratori del settore privato (legge n. 183 del 2010) non inficia la postestà legislativa (da ritenersi concorrente ai sensi dell’art. 17 della Regione Sicilia) prevista in materia di “rapporti di lavoro”, considerato il limite rappresentato dai principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, i quali – come è stato da ultimo precisato da Cass. 3-6-2011 n. 12131 – “costituiscono un punto di riferimento che deve essere valorizzato in un’interpretazione costituzionalmente orientata dalla legislazione regionale”;
che, pertanto, il ricorso va rigettato; nulla sulle spese di lite in assenza di difesa del Consorzio;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, nulla sulle spese.
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