CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 novembre 2017, n. 27401
Riscossione – Reddito d’impresa – Accertamento analitico-induttivo – Maggiori ricavi accertati – Dimostrabilità prova contraria – Non obbligatorio il contraddittorio endoprocedimentale
Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, nei cui confronti l’Agenzia delle Entrate non ha spiegato difese scritte, il contribuente impugnava la sentenza della CTR della Campania, sezione di Salerno, in tema di accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa, lamentando il vizio di omessa motivazione, ex art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., in quanto, i giudici d’appello non avrebbero censurato la decisione di primo grado perché carente della coincisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, con riguarda all’abbattimento della sola percentuale del 50% dei maggiori ricavi accertati, senza che l’integrazione motivazionale offerta dalla CTR potesse sopperire alle carenze lamentate dall’appellante; con un secondo motivo, viene lamentato il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 39 comma 1 lett. d) del DPR n. 600/73, per mancata instaurazione del contraddittorio preventivo con il contribuente.
Il Collegio ha deliberato di adottare la presente ordinanza in forma semplificata.
Il primo motivo non è fondato, in quanto, l’effetto devolutivo dell’appello, consente ai giudici di secondo grado, di modificare una parte o tutta la motivazione della decisione impugnata, nei limiti dei motivi di gravame, non essendo la ratio deciderteli dei giudici di primo grado vincolante per la decisione del giudice del grado superiore d’appello. Inoltre, l’eventuale nullità della sentenza della CTP per violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. comporta, comunque, la necessità per la CTR di decidere nel merito, per effetto della conversione dei motivi di nullità in motivi di gravame, ex art. 161 c.p.c. (Cass. n. 27516/16).
Il secondo motivo è sia inammissibile che infondato.
In via preliminare, le censure mirano a un’inammissibile revisione del ragionamento probatorio (Cass. n. 11892/16, ord. n. 91/14), in quanto contestano il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove da parte del giudice del merito.
In secondo luogo, la CTR ha chiarito con indagine di fatto insindacabile nella presente sede, se adeguatamente motivata, come nella specie, che l’accertamento era “misto” e non basato unicamente sugli studi di settore, le cui presunzioni possono essere utilizzate dall’ufficio anche in contrasto con le scritture contabili finché non ne sia dimostrata l’infondatezza mediante idonea prova contraria (Cass. n. 9459/17) e, comunque, nel caso di specie, sulla base del predetto accertamento di fatto non era obbligatorio attivare il contraddittorio endoprocedimentale (Cass. n. 9484/17).
Infine, il motivo di ricorso, sul punto, non è autosufficiente (Cass. n. 9536/13), né la censura è stata avanzata per violazione di norme ermeneutiche (Cass. ord. n. 9214/17, secondo cui in tema d’interpretazione degli atti amministrativi – quali anche quelli impositivi – l’accertamento del contenuto del provvedimento si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità, oltre che in ipotesi di motivazione inadeguata, in caso di violazione delle norme ermeneutiche).
I giudici d’appello, pertanto, hanno “ben governato” i principi regolatori della materia.
La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’Agenzia delle Entrate esonera il Collegio dal provvedere sulle spese.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.
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