CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 gennaio 2018, n. 1640
Demansionamento – Depauperamento della professionalità acquisita – Risarcimento del danno – Ricorso inammissibile – Esclusione del potere di riesaminare il merito della vicenda processuale – Possibile il controllo, sul piano della coerenza logico-formale e della correttezza giuridica, dell’operato del giudice del merito – Giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni – Esclusione
Rilevato che
la Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia del giudice di prima istanza, condannava la O.M. Oleodinamica s.r.l. ed il direttore generale G.T., al pagamento in favore di D.S., della somma di euro 60.000,00 a titolo di risarcimento del danno da dequalificazione ed indennità sostitutiva del preavviso, confermando nel resto la pronuncia impugnata che aveva respinto le ulteriori domande avanzate dal lavoratore a titolo di risarcimento del danno da mobbing;
nel pervenire a tali conclusioni la Corte distrettuale rimarcava, in sintesi, che il quadro probatorio delineato in prime cure era univoco nel delineare un processo di progressivo demansionamento del dipendente, attuato mediante un depauperamento – protrattosi dall’autunno 2000 sino al febbraio 2003 – della indiscussa professionalità acquisita, e definita dalla preposizione al ramo tecnico aziendale;
la cassazione di tale decisione è domandata con distinti ricorsi da G.T. e dalla società O.M. Oleodinamica rispettivamente sulla base di quattro e di tre motivi, ai quali resiste D.S. con controricorso illustrato da memoria; la O.M. Oleodinamica s.r.l. ha depositato del pari, memoria;
Considerato che
1. con motivi dal primo al terzo, entrambe le parti ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. e dell’art.2730 c.c. in relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c. (primo e secondo motivo), nonché omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 comma primo n.5 c.p.c.;
lamentano che la Corte distrettuale, nell’accertare l’intervenuto demansionamento del lavoratore, abbia tralasciato di considerare una serie di dati istruttori di natura documentale e testimoniale, dai quali era chiaramente evincibile la conservazione del corredo professionale acquisito dal S., ancora nel maggio 2002, e qualificato dalla specifica funzione nel ramo tecnologico, criticando la sentenza impugnata altresì per il mancato conferimento di valenza confessoria, alle dichiarazioni rese dal lavoratore in ordine alla continuità dello svolgimento delle originarie mansioni, protrattosi anche in epoca successiva al conferimento delle nuove; si dolgono altresì, della collocazione temporale di tale supposto depauperamento professionale, nell’autunno del 2000 piuttosto che nel giugno 2002, come dedotto dal medesimo dipendente con dichiarazione dotata di natura confessoria, censurando la relativa statuizione anche sotto il profilo del diretto di motivazione;
2. i motivi, che possono congiuntamente trattarsi per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, vanno disattesi; va in particolare rammentato, con riferimento ai primi due motivi, che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr. ex plurimis, Cass. 11/1/2016 n.195, Cass. 16/7/2010 n.16698);
nella specie, si è realizzata proprio siffatta ultima ipotesi in quanto la violazione di legge è stata dedotta mediante la contestazione della valutazione delle risultanze di causa la cui censura è ammissibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione;
3. peraltro, non può sottacersi che tali doglianze – così come la terza, che denuncia espressamente vizio di motivazione ex art. 360 comma primo n.5 c.p.c. – con le quali si stigmatizza l’impugnata sentenza per il malgoverno dei dati istruttori acquisiti, non appaiono comunque scrutinabili, in quanto tendono a pervenire ad una revisione delle valutazioni e del convincimento della Corte di merito per il conseguimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (vedi ex aliis, Cass. 4/4/2014 n. 8008, Cass. SS.UU. 25/10/2013 n. 24148, e da ultimo, Cass. 7/4/2017 n. 9097);
invero il motivo di ricorso ex art. 360, co.1, n.5, c.p.c. nella versione di testo applicabile ratione temporis, consente il ricorso per cassazione solo per “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”; per consolidata giurisprudenza di legittimità, detta disposizione non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo quello di controllare, sul piano della coerenza logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e la concludenza nonché scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti in discussione, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (tra numerose altre: Cass. 2/7/2008 n. 18119, Cass. 7/1/2014 n. 91); in ogni caso, per considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (fra le tante: Cass. 2/2/2007 n. 2272, Cass. 14/2/2013 n. 3668);
in base ai principi affermati da questa Corte, che vanno qui ribaditi, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (vedi Cass.2/8/2016 n. 16056);
4. nello specifico i ricorrenti si limitano ad esporre un’interpretazione del quadro istruttorio a loro favorevole al solo fine di indurre il convincimento del giudice di legittimità che l’adeguata valutazione di tali fonti probatorie avrebbe giustificato la reiezione della domanda, assunto inidoneo ad inficiare gli approdi ai quali è pervenuta la Corte di merito; l’iter motivazionale dalla stessa percorso appare infatti congruo e completo essendo stato rimarcato che, sin dal decesso del precedente direttore generale, il lavoratore era stato privato di una serie di mansioni tecniche, soprattutto inerenti al controllo qualità, con la precisazione che, al di là delle mansioni sottratte, ciò che rilevava era la mediocre qualità di quelle attribuite in misura risultata temporalmente prevalente e definita, nei tempi descritti, alla stregua dei dati istruttori acquisiti; onde la pronuncia impugnata resiste alle censure all’esame;
5. con il quarto motivo G.T. denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 n.4 c.p.c. ex art. 360 comma primo n.4 c.p.c.; si duole della statuizione di condanna, in solido con la società Oleodinamica, al pagamento della indennità di preavviso in favore del lavoratore, benché la relativa domanda fosse stata da quest’ultimo proposta, ai sensi dell’art. 2119 c.c. per giusta causa di recesso, nei confronti della sola parte datoriale;
6. il motivo è fondato;
premesso che l’obbligazione inerente alla indennità di preavviso, in quanto di natura squisitamente contrattuale, grava esclusivamente sulla parte datoriale nei cui confronti risulta in via esclusiva richiesta dal medesimo lavoratore – come si evince dagli stralci dell’atto di appello riprodotti dal T. per il principio di specificità che governa il ricorso per cassazione – deve ritenersi che la Corte distrettuale sia incorsa in violazione della disposizione invocata a sostegno della critica, giacché, pronunciando ultra petita , ha travalicato i limiti della domanda, laddove ha disposto la condanna anche del T. al pagamento della indennità di preavviso, non richiesta;
in tal senso la pronuncia impugnata deve essere cassata in relazione al quarto motivo di ricorso; per l’effetto, la Corte – decidendo nel merito ex art. 384 comma 2 c.p.c. non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto – deve dichiarare inammissibile la domanda relativa all’indennità sostitutiva del preavviso nei confronti del T.;
7. il ricorso proposto dalla O.M. Oleodinamica s.r.I., al lume delle superiori argomentazioni deve essere, invece, rigettato e la società condannata alla rifusione delle spese inerenti al presente giudizio di legittimità in favore di D.S., nella misura in dispositivo liquidata;
8. G.T. va, infine, condannato alle spese del doppio grado di merito in favore di D.S. nella stessa misura indicata dalla sentenza impugnata, compensandosi le spese del giudizio di legittimità fra il T. medesimo e il S. in considerazione della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo del ricorso di G.T., rigetta gli altri motivi e il ricorso della O.M. Oleodinamica s.r.I.; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la domanda relativa all’indennità sostitutiva del preavviso nei confronti del T.; condanna quest’ultimo alle spese del doppio grado di merito nella stessa misura indicata dalla sentenza impugnata; compensa le spese del giudizio di legittimità fra il T. e il controricorrente e condanna la O.M. Oleodinamica s.r.l. alle spese del giudizio di legittimità a favore del controricorrente, spese che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
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