CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 ottobre 2017, n. 25595
Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Notificazione – Intimazione di pagamento
Rilevato che
1. Equitalia Sud spa (già Equitalia ETR spa) propone un articolato motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 68/1/11 del 9 maggio 2011 con la quale la commissione tributaria regionale della Puglia, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittima l’intimazione di pagamento da essa notificata, ex art. 50, 2^ co., d.P.R. 602/73, all’Istituto Autonomo Case Popolari – IACP di Bari sulla base di cartella (previamente notificata) per Ici 1999/2002.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che l’intimazione in oggetto, come già affermato dal primo giudice, dovesse essere annullata a seguito dell’annullamento (con sentenza della commissione tributaria provinciale di Bari n. 241/14/08, confermata da sentenza della commissione tributaria regionale della Puglia n. 117/5/10) dell’atto prodromico rappresentato dalla cartella di pagamento n. 01420060058080916000. L’avvenuto annullamento di quest’ultimo atto impediva al concessionario di procedere alla riscossione, pur in assenza di un formale provvedimento di sospensione o sgravio da parte dell’ente impositore (Comune di Turi, anch’esso parte del giudizio).
Resiste con controricorso IACP Bari, mentre nessuna attività difensiva è stata in questa sede posta in essere dal Comune di Turi.
2.1 Con l’articolato motivo di ricorso Equitalia lamenta ‘omessa motivazione su due fatti decisivi per il giudizio’, individuabili: a. nel mancato rilievo, da parte della commissione tributaria regionale, del fatto che l’intimazione di pagamento in oggetto riguardava non soltanto il credito Ici del Comune di Turi (oggetto esclusivo del presente contenzioso), ma anche un maggior credito, iscritto a ruolo, del Comune di Castellana Grotte (mai contestato da IACP); con conseguente illegittimità della pronuncia impugnata nella parte in cui aveva disposto l’annullamento integrale dell’intimazione di pagamento, invece di disporne l’annullamento soltanto parziale perché limitato al credito Ici del Comune di Turi; b. nel mancato rilievo del proprio difetto di legittimazione passiva, dal momento che il concessionario era unicamente un soggetto delegato alla riscossione, estraneo ad ogni controversia concernente l’effettiva debenza dell’imposta;
questione, quest’ultima, per la quale ricorreva la sola legittimazione dell’ente impositore, nella specie chiamato in giudizio.
2.2 Nel profilo sub a) il motivo di ricorso è, come eccepito da IACP, per più versi inammissibile.
In primo luogo esso lamenta, ex art. 360, I° co. n. 5 cod.proc.civ., una ‘omessa’ motivazione da parte del giudice di appello che, in realtà, non sussiste. La sentenza impugnata dà infatti puntualmente conto dell’eccezione mossa da Equitalia in ordine al fatto che l’intimazione di pagamento in questione si basasse su una cartella diversa da quella annullata dalla citata sentenza della commissione tributaria provinciale di Bari n. 241/14/08; salvo espressamente disattendere tale eccezione sul presupposto che, sia dalla “elencazione dei ricorsi riuniti soggetti alla predetta sentenza”, sia dal “contesto motivazionale” di quest’ultima risultava come “il provvedimento oggetto dell’impugnazione” fosse proprio “la cartella di pagamento n. 01420060058080916000”, vale a dire la stessa cartella posta a base dell’intimazione.
Soggiunge il giudice di appello che legittimamente l’atto oggetto di impugnazione potesse individuarsi sulla base non soltanto dell’elencazione sul frontespizio della sentenza degli atti impugnati, ma anche del tenore della motivazione in sentenza; ed entrambi gli elementi convergevano, nella specie, per ritenere ormai definitivamente caducata la cartella di pagamento prodromica all’intimazione qui opposta; anche considerato, osserva la CTR, che l’accertamento reso sul punto dalla sentenza di primo grado n. 241/14/08 era stato confermato con sentenza n. 117/5/10 della CTR Puglia. Non si può dunque fondatamente sostenere che il giudice di merito non abbia motivato sulle fonti del proprio convincimento; e nemmeno che abbia omesso di considerare l’esatto tenore dell’eccezione mossa sul punto da Equitalia. Ciò va detto, in particolare, con riguardo al fatto che la cartella in questione avrebbe asseritamente avuto natura ‘multiruolo’ perché riferita anche ai crediti di un diverso Comune, così come del resto evincibile dal suo maggior importo complessivo rispetto all’importo risultante a credito Ici del Comune di Turi. Tale circostanza (quand’anche provata) sarebbe stata ininfluente – nel ragionamento seguito dalla commissione tributaria regionale – proprio in ragione della definitività dell’avvenuto annullamento, nella sua interezza, della cartella in oggetto; annullamento dal quale non poteva in alcun modo discendere la legittimità dell’ intimazione di pagamento che su di essa si basava.
In secondo luogo il motivo di ricorso in esame risulta generico e carente del requisito di autosufficienza ex art. 366 n. 6) cpc nella parte in cui si limita a dare per scontato che l’annullamento abbia avuto ad oggetto la sola parte di cartella ascrivibile al Comune di Turi; senza però allegare nè richiamare (almeno nei passaggi salienti) le due sentenze di annullamento o, comunque, gli elementi dai quali il giudice di merito, nella ricostruzione fattuale della vicenda, avrebbe dovuto trarre questa conclusione. E senza specificare, segnatamente, gli argomenti che, nell’interpretazione della sentenza di annullamento, deporrebbero per la natura soltanto parziale dell’annullamento stesso. Del resto, è la stessa ricorrente ad ammettere de plano che la pretesa impositiva oggetto esclusivo del presente giudizio (credito Ici del Comune di Turi) è stata comunque definitivamente travolta dall’annullamento – in parte qua – della cartella.
In terzo luogo, il motivo di ricorso deduce, nella veste di una carenza motivazionale, quello che, a quanto appare dalla esplicitazione sostanziale della doglianza, concreterebbe piuttosto un vizio di percezione nella lettura degli atti, in ordine al fatto decisivo che “la cartella di pagamento n. 014200600520209 alla quale la CTP di Bari, con la sentenza n. 241/14/08, riferisce le sue valutazioni e, quindi, la sua decisione, è ben diversa da quella presupposta all’avviso impugnato che, così come risulta dagli atti, reca il n. 01420060058080916000” (così la sentenza impugnata, nel riportare testualmente il primo motivo di appello di Equitalia). Ipotesi, quest’ultima, eventualmente suscettibile di fondare un ricorso per revocazione (se del caso, nei confronti della sentenza stessa di annullamento) correlato alla dimostrazione di un errore di fatto nel quale sarebbe incorso il giudice di merito; non già un ricorso per cassazione volto unicamente a sovvertire l’accertamento fattuale da questi reso e, in quanto congruamente motivato, qui non sindacabile.
2.3 Nel profilo sub b) il presente motivo di ricorso è parimenti inaccoglibile.
Si tratta, pure in tal caso, di censura esclusivamente basata sull’asserita “omessa” motivazione da parte del giudice di appello (art. 360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ.). Senonchè, anche in tal caso risulta che la commissione tributaria regionale si sia invece fatta carico dell’eccezione e del relativo motivo di appello, là dove ne argomenta l’infondatezza sul rilevato presupposto che Equitalia non avesse eccepito propriamente la carenza di legittimazione passiva, quanto il fatto che – in assenza di un formale provvedimento di sospensione, ovvero di sgravio, da parte dell’ente impositore – non spettava ad essa che “di procedere alla riscossione del credito tributario cedutogli dall’ente impositore senza poter “sospendere l’esecuzione già avviata con la notifica della cartella esattoriale”.
Questa argomentazione è stata disattesa dalla commissione tributaria regionale sul presupposto che l’annullamento della cartella esattoriale prodromica all’atto di intimazione in oggetto deponeva “per l’inesistenza, fin dall’origine, di un ‘ruolo’ che giustifichi una intimazione ad adempiere all’obbligo risultante da quel ruolo”. Osservazione, quest’ultima, ineccepibile; e formulata dalla CTR all’esito di una ricostruzione dell’istituto della intimazione di pagamento ex art. 50, 2^ co., d.P.R. 602/73 attestante al contempo la ritenuta legittimazione passiva del concessionario;
trattandosi di controversia relativa alla riscossione di un credito tributario in forza di un atto, appunto l’intimazione di pagamento, intrinsecamente viziato perché dal concessionario emesso e notificato in assenza di cartella.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione a favore di IACP Bari, che liquida in euro 1.400,00; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 26681 depositata il 15 settembre 2023 - In tema di controversie su atti di riscossione coattiva di entrate di natura tributaria, il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria va così…
- Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, sezione n. 3, sentenza n. 22 depositata il 10 gennaio 2023 - Nel caso di impugnazione di un’intimazione di pagamento rivolta unicamente a contestare la validità delle cartelle presupposte…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 6289 depositata l' 8 marzo 2024 - In tema di controversie su atti di riscossione coattiva di entrate di natura tributaria, l'eccezione di prescrizione della pretesa impositiva maturata…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 giugno 2021, n. 18349 - In materia di riscossione delle imposte, al fine di provare la notificazione della cartella esattoriale, è sufficiente la produzione della relata compilata secondo l'apposito modello…
- Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 30666 depositata il 18 ottobre 2022 - Alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione su fatti incidenti sulla pretesa tributaria (ivi compresi i fatti costitutivi, modificativi ed impeditivi in senso…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 19507 del 16 giugno 2022 - Sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, tutti gli atti con cui un ente pubblico comunica al contribuente…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- LIPE 2024: scadenze e novità per adempiere corrett
Per l’anno 2024 le LIPE (Liquidazioni Periodiche IVA) e rimasto invariata…
- Decadenza dalla NASPI: nel caso in cui il lavorato
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 11523 depositat…
- Il licenziamento per cosiddetto ‘scarso rend
Il licenziamento per cosiddetto ‘scarso rendimento’ costituisce un’ipotesi di re…
- In tema di accertamento cd. sintetico, ove il cont
In tema di accertamento cd. sintetico, ove il contribuente deduca che la spesa e…
- Autoriciclaggio: in tema di sequestro preventivo s
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 10663 depositata il 1…