CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 aprile 2017, n 10535
Tributi – IRAP – Rimborso – Professionista – Autonoma organizzazione – Prova – Collaboratori
Rilevato che
– L’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della C.T.R. del Lazio, n. 298/1/2009 dep. 24.6.2009, che su ricorso avverso silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso per Irap anno 2001 proposta da P.C., in riforma della sentenza di primo grado ha accolto l’appello del contribuente.
– In particolare la C.T.R. ha ritenuto che ai fini dell’onere della prova, trattandosi di asserita carenza del presupposto impositivo, il contribuente è tenuto “esclusivamente a prospettare una interpretazione giuridica tendente ad escludere il presupposto dell’imposta ed eventualmente i fatti su cui la prospettata interpretazione fonda la sua operatività”. Nella fattispecie il contribuente, ingegnere, “ha provato l’esistenza di una struttura organizzativa basata sul ricorso a figure di collaboratori professionali mezzi ammortizzabili con esclusione di lavoro subordinato”, per cui spetta all’Amministrazione di provare che la natura oggettiva delle spese dichiarate implichi l’esistenza di un’organizzazione che impiega mezzi-beni strumentali di portata superiore a quella definibile come minima. Quanto all’incidenza delle spese sul fatturato (nella misura del 16%) sono giudicate “ben al di sotto” di quelle usualmente riconosciute agli studi professionali ben strutturati. In conclusione ha ritenuto carente o insufficientemente motivata la pretesa dell’amministrazione su cui grava della sussistenza del presupposto impositivo.
– P.C. si è costituito con controricorso.
Considerato che
– Col primo motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione di legge (art. 2967 c.c., art. 38 d.p.r. 602/73 e artt. 2 e 3 del d.lgs. 446/97) per avere la C.T.R. erroneamente posto a carico dell’Amministrazione l’onere di provare la sussistenza del presupposto impositivo, in ipotesi di imposta versata di cui si chiede il rimborso.
– Col secondo motivo si deduce vizio di motivazione, per avere la C.T.R. genericamente affermato l’esistenza e l’idoneità delle prove offerte dal contribuente, senza alcun riferimento a dati specifici e concreti, pur in presenza di significativi beni strumentali ed altre spese, di studio e dipendenti. Riporta brani delle controdeduzioni dell’Ufficio in appello dalle quali emergono, in base al quadro RE elevate spese per beni strumentali; che il contribuente dispone di studio in Roma ed ha operato come sostituto d’imposta.
– Il ricorso, verificata la sua ammissibilità, avendo la ricorrente richiamato la violazione di norme attinenti alla fattispecie, è fondato e va accolto.
– Giova rammentare in premessa che, trattandosi di istanza di rimborso di Irap già versata dal contribuente, l’onere di dimostrare la sussistenza del fatto costitutivo della pretesa restitutoria (ossia, il carattere indebito del pagamento e, dunque, l’insussistenza dei presupposti di imposta) spettava al ricorrente (v. ex multis Cass. n. 25311 del 28/11/2014; n. 18749 del 05/09/2014). Questo essendo il criterio di lettura dei dati acquisiti al processo, non può dubitarsi della erroneità della sentenza emessa sul presupposto che fosse l’Amministrazione a dover provare la presenza dell’autonoma organizzazione, quale del presupposto impositivo dell’Irap e non, correttamente, il contribuente.
– A ciò si aggiunga l’inadeguatezza delle motivazioni rese dai giudici a quibus circa l’idoneità della prova offerta dal contribuente, indicata genericamente col riferimento “al ricorso a figure di collaboratori professionali, mezzi ammortizzabili con esclusione di lavoro subordinato” come tale insufficiente a dimostrare la carenza dei presupposti di imposta. Ciò senza tener conto dei contrastanti dati richiamati dall’Ufficio, emergenti dal quadro RE della dichiarazione, e non esaminati dalla C.T.R., relativi ai beni strumentali e alla presenza di dipendenti (v. Cass. 547/2016).
La CTR non si è pertanto adeguata al principio di diritto, ribadito dalle SS.UU di questa Corte (n. 9451/2016) secondo cui:”Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dall’art. 2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle condizioni sopraelencate”.
Nella specie, non essendosi la C.T.R. attenuta agli indicati principi, gravando illegittimamente l’Agenzia delle entrate dell’onere della prova – la cui prova negativa incombe invece sul contribuente – sulla presenza dell’autonoma organizzazione, e non valutando i dati emergenti dal quadro RE della dichiarazione, come prodotti dall’Ufficio, idonei a verificare la presenza o meno del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione alla luce dei principi come chiariti dalla giurisprudenza (SSUU n. 9451/2016 e da ultimo 4235/17), il ricorso va accolto e la sentenza cassata con rinvio alla CTR del Lazio, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione.
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