CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 marzo 2018, n. 4956
Ici – Immobili – Avviso di liquidazione
Fatti rilevanti e ragioni della decisione
1. I.T., nonché M.G., A. e M.L.B., tutti in qualità di eredi di A.B., propongono tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 210/49/12 del 13 novembre 2012, con la quale la commissione tributaria regionale della Campania ha respinto il ricorso per la revocazione della sentenza n. 90/48/08 del 2 novembre 2008. Sentenza con la quale la medesima CTR aveva rigettato l’appello dal B. proposto avverso la decisione con la quale la CTP di Benevento aveva ritenuto legittimi gli avvisi di liquidazione notificatigli dal Comune di Sant’Angelo a Cupolo (BN), per Ici ’96-’98, su tre immobili in sua proprietà.
Nella sentenza qui impugnata, la commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che:
– la revocazione era stata richiesta (‘limitatamente all’avviso di liquidazione n. 18602 relativo all’anno 1998’) sia per il mancato rilievo della causa di nullità rappresentata dalla intempestività in primo grado della comunicazione di rinvio dell’udienza di trattazione per legittimo impedimento del relatore (in quanto asseritamene inviata a mezzo posta il 2 febbraio 2006, per udienza rinviata al 20 febbraio 2006 e, pertanto, non nel rispetto di 30 giorni liberi di cui all’articolo 31 d.lgs. 546/92); sia per asserito errore di percezione nell’avere il giudice di appello escluso una causa di esenzione Ici relativa ad un immobile (stato di mancata ultimazione ed ‘al rustico’) invece palesemente risultante dalla documentazione agli atti;
– tale istanza di revocazione non era tuttavia accoglibile ex art. 395, 1^ co., n. 4) cpc, dal momento che l’affermazione del giudice di appello circa l’insussistenza di condizione ‘al rustico’ dell’immobile in oggetto era dipesa, eventualmente, da un errore di giudizio o valutativo, non già da una svista percettiva nell’esame della relazione tecnica versata agli atti.
Nessuna attività difensiva è stata posta in essere, in questa sede, dal Comune di Sant’Angelo a Cupolo.
2.1 Con il primo motivo di ricorso gli eredi B. lamentano – ex art. 360 1^ co. n. 4 cpc – nullità della sentenza per omesso esame ed omessa pronuncia sull’istanza di revocazione basata sulla svista nella quale era incorso il giudice nel computare il termine di 30 giorni liberi di cui all’articolo 31 d.lgs. 546/92. Termine la cui osservanza era smentita per tabulas dalla data di notifica dell’avviso di trattazione del giudizio di primo grado (timbro postale del 2 febbraio 2006; udienza di rinvio del 20 febbraio 2006).
2.2 II motivo è infondato.
Ancorché la sentenza qui impugnata abbia effettivamente omesso di pronunciare sul motivo di revocazione concernente la violazione del termine di cui all’art. 31 cit. (motivo della cui proposizione, ex art. 395 1^ co., nn. 1) e 4) cpc, la stessa sentenza dà atto), tale omissione non può comportare la cassazione della pronuncia medesima.
Va fatta qui applicazione del principio secondo cui, per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Il che non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi, in proposito, una specifica argomentazione; dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (tra le molte: Cass. nn. 452/15, 16254/12, 20311/11).
Ora, dal motivo di ricorso per cassazione in esame si evince che la sentenza revocanda (CTR Napoli n.90/48/08) non prese in considerazione lo specifico motivo di appello proposto dal B. in ordine all’asserita violazione, da parte del giudice di primo grado, del termine di cui all’art. 31 cit.. Tale circostanza legittimava il B. a proporre – contro quella sentenza di appello – ricorso per cassazione al fine di far emergere l’omessa pronuncia su un motivo di gravame. Ciò perché l’omessa pronuncia su un motivo di appello e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; con conseguente sua rilevanza sotto il profilo di cui all’art. 360, primo comma, n. 4, cpc (dunque, non della revocazione, e nemmeno del vizio di motivazione); norma che consente alla parte di chiedere – ed al giudice di legittimità di effettuare – l’esame degli atti del giudizio di merito, nonché, specificamente, degli atti del grado di appello (Cass. ord. 6385/17; Cass. 22759/14 ed altre).
Senonché, avverso tale omissione decisionale il contribuente formulò, non già ricorso per cassazione ex art. 360 1^ co. n. 4 cpc, bensì proprio ricorso per revocazione ex art. 395, 1^ co., n. 4) cpc.
Da qui il fondato convincimento che la commissione tributaria regionale – nella sentenza n. 210/49/12 qui impugnata – abbia a sua volta omesso di provvedere proprio per la palese inammissibilità del motivo di revocazione così proposto, concernente non un errore di fatto (nemmeno di ordine processuale), ma proprio un’omessa pronuncia.
Palese inammissibilità che, derivando dalla risoluzione di una questione di puro diritto, deve in ogni caso essere affermata da questa stessa corte di legittimità, in funzione sostitutiva della decisione mancante, per evidenti ragioni di economia processuale e di ragionevole durata del giudizio (da ultimo, tra le molte, Cass. 16171/17).
Fermo dunque restando il principio per cui (Cass. ord. n. 11487 del 14/05/2013; così Cass. ord. 1786/16) “nel contenzioso tributario, la comunicazione della data di udienza, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, adempie ad una essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio; ne consegue che la omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione determina la nullità della decisione della commissione tributaria”, tale nullità – se, ed in quanto, non presa in esame – doveva essere fatta valere attraverso gli ordinari mezzi non revocatori di impugnazione.
3.1 Con il secondo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360, 1^ co. n. 3) cpc – violazione o falsa applicazione degli artt. 395 n. 4) cpc e 64 d.lgs. 546/92. Per avere la sentenza impugnata omesso di rilevare che il giudice di appello aveva escluso, nonostante la mancata contestazione avversaria, lo stato ‘al rustico’ dell’immobile in questione (ritenuto ‘completato nella parte esterna con finestre e persiane avvolgibili’) a seguito e per effetto della erronea percezione e lettura di documentazione inoppugnabile in senso contrario (relazione tecnica; rapporto fotografico; atto notarile e denuncia presentata in Comune), perché invece attestante la mancanza nell’immobile degli impianti, delle porte interne e pavimenti, dei servizi igienici; nonché la residua presenza in esso di sabbia e calcinacci.
3.2 Il motivo è infondato.
Per quanto concerne l’ipotesi di errore di fatto revocatorio ex art. 395 n.4) cod.proc.civ., (l’unica riproposta dal B. con la censura in esame) occorre partire dal dato normativo secondo cui “vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.
L’errore revocatorio deve dunque cadere su un ‘fatto’; esso si concreta in una falsa percezione della realtà, a sua volta indotta da una ‘svista’ di natura percettiva e sensoriale.
Proprio per tale sua natura, questa falsa percezione della realtà deve emergere in maniera oggettiva ed immediata dal solo raffronto tra la realtà fattuale e la realtà rappresentata in sentenza; con la conseguenza che non può dirsi revocatorio quell’errore la cui verificazione richieda indagini, procedimenti ermeneutici.
svolgimento di argomentazioni giuridico-induttive (tra le molte: Cass. nn.3317/98; 14841/01; 2713/07; 10637/07; 23856/08; 8472/16, ord.).
Va pertanto esclusa qualsivoglia rilevanza revocatoria all’errore di ‘valutazione’ nel quale sia incorso il giudice nella ricostruzione fattuale e probatoria della vicenda, ovvero nell’applicazione della legge e nella sussunzione della fattispecie.
Va poi considerato – non ultimo – che l’errore revocatorio deve riguardare, ex art. 395 n.4) cit., un fatto che “non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.
3.3 Orbene, tutto ciò premesso, correttamente la sentenza qui impugnata ha escluso la natura revocatoria dell’errore denunciato, dal momento che quest’ultimo concretava – nella qualificazione ‘al rustico’ dell’immobile che si assumeva esente da Ici – un tipico (preteso) vizio di ricostruzione probatoria della fattispecie e, pertanto, di valutazione; segnatamente, là dove il giudice di appello aveva ritenuto che gli elementi desumibili dalla documentazione in atti deponessero per un immobile già ultimato (in quanto completato nella parte esterna con finestre e persiane avvolgibili), e non per un immobile ancora in corso di costruzione ed al rustico.
Si trattava, in definitiva – ed a tutto concedere – di un errore di giudizio, e non di una svista percettiva nella lettura delle risultanze di causa.
Il che è reso palese dalla stessa istanza con la quale gli odierni ricorrenti vorrebbero suscitare nella presente sede una diversa ‘valutazione’ dei riscontri probatori (in natura principalmente tecnico-fotografica) da essi offerti nei precedenti gradi di giudizio, e già vagliati dai giudici di merito.
Tale asserito errore doveva poi ritenersi ininfluente ai fini della revocazione quand’anche si fosse risolto – in linea di puro diritto – nella erronea sussunzione dell’immobile in esame sotto la qualificazione normativa di immobile ‘al rustico’; dal momento che nemmeno in tal caso si tratterebbe di errore percettivo o sensoriale, quanto – se mai – di errore di giudizio per erronea o falsa applicazione legislativa.
Va infine considerato, a definitiva esclusione del vizio revocatorio, come il giudice di appello si sia pronunciato proprio sul fondamentale e più dibattuto punto controverso della lite, costituito dai requisiti fattuali e giuridici dell’esenzione Ici dell’immobile asseritamente non ancora ultimato. Sicché, anche sotto questo punto di vista, l’eventuale errore nel quale esso fosse così incorso era suscettibile di impugnazione per cassazione (ex art. 360, 1^ co. nn. 3) e 5) cpc), non già per revocazione.
4.1 Con il terzo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360, 1^ co. n. 5) cpc – motivazione contraddittoria. Per avere la commissione tributaria regionale, da un lato, affermato che tutto il contenzioso concerneva un’unità immobiliare costituita da una mansarda ottenuta per sopraelevazione ‘non soggetta all’imposizione ICI per lo stato rustico; e, dall’altro, esclusa l’esenzione Ici non trattandosi di unità immobiliare allo stato rustico.
4.2 Anche questo motivo è infondato.
Esso ripropone – in sede di revocazione – il basilare tema decisorio di merito costituito dall’effettivo stato di ultimazione dell’immobile in questione.
Aspetto, quest’ultimo, ormai appurato dal giudice di merito con la sentenza di cui si è erroneamente sostenuta la revocabilità; e di certo qui non rivedibile.
Significativo di ciò è che i ricorrenti denuncino la contraddittorietà motivazionale – ex art. 360, 1^ co. n. 5) cpc – con riguardo non alla sentenza qui impugnata (del tutto lineare, e niente affatto contraddittoria nell’esclusione del carattere revocatorio dell’errore dedotto), bensì alla stessa sentenza revocanda.
La cui eventuale contraddittorietà motivazionale (che non trova comunque logico riscontro nemmeno nella censura in questione, che contrappone un’affermazione decisionale ad altra puramente espositiva e descrittiva dello svolgimento del processo e del tema di contesa) doveva comunque essere anch’essa fatta valere mediante ricorso per cassazione; non tramite istanza di revocazione.
Ne segue, in definitiva, il rigetto del ricorso; nulla si provvede sulle spese, stante la mancata costituzione in giudizio del Comune intimato.
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso;
– v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.
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