CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 dicembre 2016, n. 26049
Imposta di registro, ipotecaria e catastale – Accertamento – Terreno – Maggior valore accertato
Svolgimento del giudizio e motivi della decisione
1. L.M.A. srl propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 506/14/10 del 20 luglio 2010 con la quale la commissione tributaria regionale Lazio, in accoglimento dell’appello incidentale dell’agenzia delle entrate, ha ritenuto congruo il maggior valore da quest’ultima accertato (euro 1.816.800,00) in relazione ad un terreno edificabile da essa ricorrente acquisito, in permuta di porzione edificanda, il 20 settembre 2006; e fatto oggetto di avviso di rettifica e liquidazione, qui opposto, per imposta di registro, ipotecaria e catastale.
Assume la società ricorrente che tale sentenza, comunque intrinsecamente viziata, si porrebbe in contrasto con il giudicato successivamente formatosi, in relazione allo stesso rapporto tributario, nei confronti sia dei venditori del terreno, sia della stessa M.A. srl, il cui legale rappresentante G.C. aveva separatamente opposto lo stesso avviso di rettifica in quanto notificato, oltre che alla società, anche a lui nella sua qualità di legale rappresentante della medesima.
L’agenzia delle entrate si è costituita al solo fine della discussione.
La società ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cpc, con documenti.
Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.
2. Con il primo motivo di ricorso la società deduce la formazione, in data 29 gennaio 2011, di un giudicato esterno diretto tra le stesse parti in relazione allo stesso atto impositivo (comportante accertamento di valore di euro 1.000.000,00); come risultante dalla sentenza CTR Lazio n. 223/06/10, emessa nei confronti della M.A. srl in persona del legale rappresentante G.C. (doc.17).
Con il secondo motivo di ricorso la società deduce, in subordine, la formazione, nella stessa data del 29 gennaio 2011, di un giudicato esterno riflesso, in relazione allo stesso atto impositivo, tra l’amministrazione finanziaria da un lato, ed i venditori M.-M. dall’altro (anch’esso comportante accertamento di valore di euro 1.000.000,00), come risultante dalle sentenze CTR Lazio nn. 222-224-225/06/10 (doc. 24-25- 26); giudicato favorevole di cui essa intendeva giovarsi ex articolo 1306 2^ co.cc.
Con il terzo ed il quarto motivo di ricorso la società deduce, in via ulteriormente subordinata, violazione e falsa applicazione degli articoli 7 legge 212/00 e 52 d.P.R. 131/86 (per avere la commissione tributaria regionale ritenuto valido l’avviso di rettifica e liquidazione in oggetto, nonostante che esso fosse carente di motivazione e basato su atti estimativi non allegati); nonché insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (per non avere la commissione tributaria regionale preso in esame gli elementi probatori da essa società forniti a sostegno della incongruità del maggior valore accertato).
3. Va accolto, con effetto assorbente delle altre censure, il primo motivo di ricorso.
E’ agli atti sentenza CTR Lazio n. 223/06/10 con attestazione di avvenuto passaggio in giudicato, la quale, nel confermare la decisione del primo giudice, ha ritenuto congruo il valore del terreno in euro 1.000.000,00.
Questa sentenza costituisce giudicato diretto tra le parti del presente giudizio, perché esso si è formato nei confronti del G.C. non in proprio, ma nella sua qualità di legale rappresentante della stessa M.A. srl; e ciò in ragione del fatto che lo stesso avviso di rettifica e liquidazione, con identico contenuto, venne notificato (oltre che ai venditori, nei cui confronti si è pure formato un giudicato ‘riflesso’ per lo stesso valore) sia alla società sia al C. in rappresentanza di questa (assunta dall’amministrazione finanziaria, con riguardo alla parte acquirente, quale esclusiva debitrice di imposta). Da tale ‘doppia’ notificazione derivò, per parte acquirente, una ‘doppia’ e separata impugnazione dell’atto impositivo, con conseguente duplicazione delle decisioni di merito, di segno non concorde.
Va ancora precisato che il giudicato esterno in esame è stato legittimamente allegato al presente ricorso per cassazione, in quanto formatosi (gennaio 2011) dopo la pubblicazione della sentenza di appello (luglio 2010); ciò in applicazione del principio secondo cui: “nel giudizio di cassazione, il giudicato esterno è, al pari del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Tale elemento non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando, quindi, della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del “ne bis in idem”, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione. Tale garanzia di stabilità, collegata all’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata, non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 cod. proc. civ., il quale, riferendosi esclusivamente ai documenti che potevano essere prodotti nel giudizio di merito, non si estende a quelli attestanti la successiva formazione del giudicato, i quali, comprovando la sopravvenuta formazione di una “regula iuris” cui il giudice ha il dovere di conformarsi, attengono ad una circostanza che incide sullo stesso interesse delle parti alla decisione, e sono quindi riconducibili alla categoria dei documenti riguardanti l’ammissibilità del ricorso” (Cass. n. 26041 del 23/12/2010; in termini, tra le molte, Cass.nn.30780/11; 28247/13; 11365/15).
In tale situazione, va dunque preso atto di come la sentenza CTR qui impugnata debba essere cassata proprio in forza del giudicato così direttamente formatosi nei confronti della società acquirente; con conseguente definitiva determinazione del valore del terreno oggetto di rettifica – in sede di decisione nel merito ex art. 384 cpc – in euro 1.000.000,00.
Vista la sopravvenienza del giudicato in questione successivamente alla sentenza impugnata, si ravvisano fondate ragioni per compensare le spese del presente giudizio di legittimità e dei gradi di merito.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, stabilisce il valore del terreno oggetto di rettifica in euro 1.000.000,00, come da sentenza CTR Lazio n.223/06/10 costituente giudicato tra le parti;
compensa le spese di legittimità e merito.