CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 maggio 2017, n. 12325
Tributi – Cessione terreno – Plusvalenza – Determinazione – Qualificazione tipologia di terreno ceduto. – Contenzioso tributario – Travisamento degli atti per la qualificazione del terreno – Ricorso per revocazione
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con unico mezzo, nei confronti di G.E.M. (che resiste con controricorso) avverso la sentenza della C.T.R. della Campania che ha rigettato l’appello da essa proposto, ritenendo illegittimo, conformemente alla decisione di primo grado, l’avviso di accertamento emesso nei confronti del predetto per il recupero a tassazione della plusvalenza realizzata in relazione alla vendita, con atto del 26/10/2000, di un terreno.
La Commissione regionale ha, infatti, rilevato che «dalla documentazione allegata ai contratti di compravendita … risulta che, secondo il P.R.G. vigente all’epoca, i terreni oggetto della vendita avevano destinazione urbanistica “agricola semplice” e, pertanto, non erano suscettibili di edificazione in base alla normativa tributaria indicata».
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia «insufficiente ed omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo», in relazione all’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ., per avere la C.T.R., facendo confusione con altra fattispecie decisa tra le stesse parti nella medesima udienza (sentenza n. 188/32/09), erroneamente ritenuto che nel caso in esame si vertesse circa la natura (se edificabile o meno) dei terreni ceduti, laddove si trattava di terreno avente destinazione urbanistica edificatoria, come desumibile dallo stesso atto di compravendita prodotto in giudizio, con riferimento al quale l’Ufficio, con il proposto appello, aveva evidenziato l’esistenza di accertamento operato ai fini dell’imposta di registro, divenuto definitivo per l’adesione del contribuente alla definizione agevolata ai sensi dell’art. 15 legge 27 dicembre 2002, n. 289.
2. La censura è inammissibile.
Essa si risolve infatti nella denuncia di travisamento degli atti ovvero di una erronea percezione degli stessi, che si sostanzia appunto nella supposizione dell’esistenza di un fatto (destinazione agricola, secondo gli strumenti urbanistici, del terreno de quo) la cui verità risulterebbe incontestabilmente esclusa dagli atti (emergendo da questi che si tratta invece di terreno edificabile).
L’esame della doglianza in oggetto richiede, quindi, una ricostruzione dei fatti diversa da quella fissata nella sentenza di merito, per cui, prospettandosi nella specie un’ipotesi di travisamento dei fatti, il denunciato errore del giudice del merito può essere fatto valere solo con il rimedio della revocazione ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ.(v. ex multis Cass. 02/07/2010, n. 15702; Cass. 09/01/2007, n. 213; Cass. 13/11/2006, n. 24166).
3. Deve pertanto pervenirsi alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna dell’amministrazione ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.800 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.